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Il Nobel 2013 a tre economisti finanziari sembra ripercorrere la dialettica hegeliana. Si premia la teoria dei mercati efficienti ed il suo contrario ossia quella dell’eccessiva volatilità degli stessi. La crisi ha mostrato come sia necessaria una nuova sintesi per comprendere il funzionamento dei mercati e prevederne le dinamiche. In questa prospettiva quella della finanza comportamentale può essere un strada percorribile.

La dialettica hegeliana è fatta delle tre famose fasi: tesi, antitesi e sintesi. Il Nobel 2013 salomonico a tre economisti finanziari (Fama, Hansen e Shiller) sembra ripercorrere lo stesso tragitto. Premiare Fama e poi Shiller è infatti come premiare una tesi, la teoria dei mercati efficienti, e poi la sua confutazione o il suo contrario: i lavori di Shiller dimostrano l’eccesso di volatilità dei mercati finanziari.

E in fondo il percorso del progresso scientifico è proprio fatto popperianamente di tesi che devono essere falsificabili per cedere il passo a nuovi modelli che costituiscono rappresentazioni migliori della realtà di quelle precedenti.

Eugene Fama ha costruito l’architrave della mappa con cui abbiamo interpretato per anni i mercati finanziari. La teoria dei mercati efficienti riesce a catturare in poche variabili le determinanti delle variazioni dei rendimenti dei titoli azionari, le funzioni dell’esposizione al cosiddetto rischio di mercato e ad altri fattori di rischio correlati (il rischio di dimensione e, per così dire, di dissesto finanziario). Peccato che il modello di Fama per funzionare ha bisogno di condizioni eroiche. La più eroica postula che gli operatori condividano tutti la stessa informazione e abbiano le stesse aspettative sulla dinamica futura attesa dei prezzi delle azioni.

Stigliz e Grossman con un elegante lavoro dimostreranno l’impossibilità di questa assunzione. Poiché acquisire informazione costa (denaro se l’informazione si compra o comunque tempo quando essa è gratuitamente disponibile), operatori razionali pagheranno il costo di acquisizione di informazione se pensano di poterne trarre un guadagno. Guadagno che deriva dal poter scambiare con altri operatori meno informati di loro. Ma se tutti sono pienamente informati viene meno il possibile guadagno e dunque anche l’incentivo ad acquisire informazione E quindi non si potrà mai arrivare ad una situazione in cui tutti sono informati allo stesso modo come è evidente nella pratica quotidiana,dove esistono insiders o analisti esperti che hanno conoscenze dei mercati finanziari ben superiori a quelle dei comuni mortali che si affidano molto spesso alla consulenza finanziaria per la gestione dei loro risparmi.

Robert Shiller è uno dei primi a mettere in evidenza le falle della teoria dei mercati efficienti dimostrando che sul mercato c’è un livello di volatilità superiore a quella che il modello tradizionale (nel quale i prezzi sono uguali alla somma dei dividendi futuri attesi scontati) prevede. I lavori di Shiller e di coloro che si sono divertiti a sfidare il modello dei mercati efficienti hanno aperto la strada alla moderna finanza comportamentale che ci ha pian piano aiutato a costruire uno scenario molto meno scontato e prevedibile, ma forse molto più affascinante per comprendere il funzionamento dei mercati: in essa si incontrano e scontrano giornalmente operatori più o meno informati;in essa i vincoli di liquidità e varie componenti psicologiche (come l’avversione alle perdite) giocano un ruolo fondamentale.

Ma i meriti di Shiller sono soprattutto quelli di aver superato la gabbia della monospecializzazione in un singolo frammento di conoscenze, un vantaggio che gli ha consentito di essere uno dei pochi in grado di preconizzare in anticipo la crisi finanziaria globale, a differenza di quasi tutti i suoi colleghi.

Combinando la conoscenza approfondita del mercato immobiliare e di quello finanziario, lo studioso aveva in anticipo avvisato dei pericoli della bolla speculativa sui prezzi delle case e di quello che il suo scoppio avrebbe potuto causare sul mercato dei mutui subprime.

Voglio in ultimo ricordare Shiller per un’intuizione interessante sviluppata assieme al collega Akerlof (anche lui premio Nobel e marito di quella Janet Yellen recentemente nominata a capo della Federal Reserve). Essai spiega che la crisi finanziaria potrebbe derivare anche dal fatto che, rispetto al passato, troppa poca gente gioca a bridge e troppa gioca a poker. Sviluppando l’intuizione del “dimmi a cosa giochi e ti dirò chi sei” in un esperimento recente abbiamo dimostrato come i giocatori di bridge, abituati al lavoro di squadra, siano più cooperativi e meno portati ad adottare strategie aggressive dei giocatori di poker.

Il Nobel a Shiller è sicuramente un premio ben speso anche se, senza il lavoro precedente di Fama, lo stesso Shiller non avrebbe trovato il gradino su cui salire per confutare la sua teoria e portare avanti le nostre conoscenze dei mercati finanziari.

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