La ricercatrice ha illustrato i risultati della ricerca e ha operato una distinzione tra volontari organizzati, che operano nell’ambito di organizzazioni no profit e volontari non organizzati, che prestano la loro opera individualmente.
Tra i volontari organizzati ha individuato i seguenti profili:
– laici dello sport (9,8%): in questa categoria si trovano maschi, occupati, del nord-est. Sono allenatori, non frequentano la Chiesa, le motivazioni e le ricadute sono legate alle relazioni con gli altri. Operano solo nel volontariato organizzato;
– volontari di ispirazione religiosa (32,1%): la categoria è formata da femmine, casalinghe, del sud e delle isole, prevalentemente catechiste e insegnanti. Le motivazioni e le ricadute sono legate al loro credo e al bene della comunità. Svolgono anche volontariato non organizzato;
– professionisti di assistenza alla persona (26,8%): si tratta di femmine, giovani studenti, personale qualificato specializzato nell’assistenza alla persona. Operano in un’unica organizzazione, nel campo della sanità, dell’assistenza sociale e della protezione civile;
– stacanovisti della rappresentanza (9,1%): sono maschi, occupati, del nord-est. Sono dirigenti di associazioni e operano in più organizzazioni. Il loro impegno è consistente;
– eccellenze del volontariato (13,5%): sono laureati, svolgono attività di alta specializzazione. Operano in più organizzazioni. Le motivazioni sono orientate al bene comune e alle relazioni con gli altri;
– volontari occasionali (8,6%): si tratta di maschi, occupati, del centro. Sono donatori di sangue che si attivano attraverso le organizzazioni. Il loro impegno è ridotto. Sono poco istruiti e poco impegnati politicamente. Le loro motivazioni sono orientate al bene comune.
Tra i volontari non organizzati l’analisi ha distinto i seguenti gruppi:
– rete di aiuto informale tra persone conosciute (55,1%): comprende femmine, casalinghe, con bassa istruzione. Si occupano di assistenza alla persona. Mostrano uno scarso interesse per la politica;
– professionisti degli aiuti diretti (15,7%): in questo caso il lavoro sconfina nel volontariato. Qui troviamo laureati (medici, professori e insegnanti), occupati nel settore PA, istruzione e sanità. Hanno interesse per la politica. Il loro impegno è intenso;
– occasionali non organizzati (10,6%): sono maschi, occupati, di basso livello culturale. Il loro impegno è ridotto. Operano nel settore del commercio e dei servizi. Sono donatori di sangue e non si attivano attraverso organizzazioni;
– aiuti diretti per la collettività e l’ambiente (18,6%): in quest’ambito operano maschi, occupati in attività non qualificate per l’aiuto alla collettività, agli animali e all’ambiente. Il loro impegno è saltuario.
Per completare il profilo dei volontari, dai risultati dell’indagine emerge che la percentuale di chi presta attività volontaria cresce col titolo di studio (22,1% laurea; 6,1% licenza elementare) ed è massima tra i componenti delle famiglie agiate (23,4%) e minima tra quelli di famiglie con risorse insufficienti (9,7%). Il lavoro volontario è più diffuso al nord del paese (16% nel nord-est, 8,6% nel sud) e gli uomini sono più attivi delle donne (13,3% contro 11,9%).
I volontari appartengono prevalentemente alla classe d’età compresa tra i 55 e i 64 anni (15,9%) e il contributo dei giovani è inferiore alla media nazionale.
Riguardo alla condizione occupazionale, i più attivi sono gli occupati (14,8%) e gli studenti (12,9%).
E’ stata inoltre messa in evidenza una significativa la relazione positiva tra volontariato e titolo di studio. Risulta infatti evidente che l’istruzione svolge una funzione importante per la formazione della cittadinanza attiva, democratica e partecipativa.
Infine, per quanto riguarda la scuola, luogo privilegiato per la formazione civica, si è osservato come dovrebbe stimolare occasioni per la scoperta tra i giovani del valore dell’attività gratuita che costituisce una vera esperienza formativa.