Tutti sono rimasti colpiti dal coraggio di questa loro coetanea, dalla sua determinazione nel rivendicare un diritto allo studio che spesso da loro è invece vissuto come un peso. Pochissimi conoscevano la sua storia. Eppure la vicenda di Malala è corsa sul web, di post in tweet, io stessa l’ho pescata in rete prima che in altri canali informativi.
Ma è pur vero che una rete è fatta di fili e di nodi e il punto del collegamento è anche un punto di cesura, se, ad uno di questi nodi, prendi una direzione diversa, ti ritrovi in ask.fm, ad esempio, e lì le ragazzine dell’età di Malala non indossano nessun velo, – sono praticamente senza veli -, e non fanno discorsi, ma brevi frasi, in un gergo di allusioni, ammiccamenti ed emoticon, che sovente degenerano in volgarità.
Tramite web si sono organizzate mega rissefra bande rivali, e l’accanimento in rete contro compagni fatti bersaglio di insulti e minacce fino a indurli all’esasperazione e al suicidio ha un nome: cyberbullismo. Questi episodi ci colpiscono per la loro violenza e abnormità e ci mostrano il lato oscuro della rete, il suo potenziale distruttivo. Tuttavia a ben guardare non si tratta di “novità”: la rivalità tra bande risale all’età della pietra e con quelle veniva risolta; l’accanimento e lo scherno contro il più fragile e il diverso altro non è la vecchia dinamica delle galline che beccano a morte quella che zoppica.
Perciò mi chiedo se è proprio della rete che dobbiamo avere paura o piuttosto di un uso manipolatorio o semplicemente sconsiderato che se ne può fare. Forse il problema è che se uno entra nella rete da “gallina” questa può trasformarlo in “avvoltoio”, amplificando e potenziando la violenza del gesto e contemporaneamente affievolendo il senso di responsabilità personale, grazie all’anonimato o al sentirsi parte di una massa numerosa e indistinta.
Talvolta la rete non è che il tragico rispecchiamento delle tensioni e delle frustrazioni che affliggono quotidianamente le persone, ma esiste anche un modo di abitare la rete che favorisce la relazione, promuove conoscenza, sensibilizza le coscienze, stimola la creatività e la condivisione… Proprio la dinamica dello scambio gratuito che si esperimenta particolarmente nella rete, se portata a consapevolezza, può mettere in evidenza quella logica del dono che ci rende capaci di guardare il mondo non come un grande supermercato, ma come una casa comune, abitata da persone e non da meri utenti.
Scoprire che la persona è un dono, che noi stessi siamo un dono per l’altro, è la rivoluzione che abbatte i muri… e gli schermi. E ci fa prossimi. Riconnettere il “virtuale” al “reale” è la grande sfida dell’educare in rete, dove quel che si dona “non si vede”, ma non per questo è meno reale. In rete si donano gesti, parole e tempo che sono parte della nostra vita e che possono diventare “portatori di vita”.
“Un bambino, un insegnante,un computer e un tablet possono cambiare il mondo”: Non potrebbe funzionare anche così?