Dopo il post-moderno il post che conta è il postcapitalismo. L’agonia del sistema economico dominante è irreversibile alla luce di conflitti, di enormi disuguaglianze, di una crisi economico-sociale mondiale? Certamente il sistema neoliberista è gravemente malato per il predominio della finanza, dei costi della grande recessione del 2008 scaricati sui più deboli, del riscaldamento globale, dell’incontrollato boom demografico nel sud del mondo, del terrorismo e delle minacce per la pace. Ma è possibile superare questo modo di produzione con un modello fondato sul paradigma della condivisione. Una svolta radicale è in corso grazie alle tecnologie informatiche. Una nuova economia di rete, basata sulla conoscenza, sembra minare i presupposti del capitalismo, abbassando i costi di produzione e riducendo la necessità di lavoro. In tal modo i beni d’informazione erodono la capacità del mercato di formare correttamente i prezzi, perché se il mercato si basa sulla scarsità, l’informazione invece è abbondante.
Secondo Paul Mason si sta affermando un nuovo modo di produzione che non risponde ai dettami del profitto e della gerarchia manageriale, ma ai principi, della responsabilità reciproca, della cooperazione e della gratuità. L’Autore, nel ripercorrere la storia del capitalismo, individua, tra le attuali contraddizioni, l’abbondanza d’informazioni gratuite in contrasto col sistema di monopoli, di banche e governi che cercano di tenere ogni bene scarso e commercializzabile. Dalle ceneri del fallimento economico dell’Occidente sembrerebbe possibile la costruzione di una società più umana, equa e sostenibile. Tuttavia il capitalismo non può essere demolito dall’alto, a tappe forzate.
Sta a noi trasformarci in agenti collettivi del cambiamento storico, poiché abbiamo gli strumenti per riappropriarci del futuro. Possiamo superare il paradigma neoliberista, la dottrina dei mercati incontrollati, e regolamentare l’alta finanza, invertire le politiche di austerità con politiche d’investimenti pubblici e privati nelle energie verdi e nella promozione di posti di lavoro, ben retribuiti, in settori industriali innovativi. Si può pensare al capitalismo come a un sistema adattivo complesso, a un organismo vitale nella storia, che ha un inizio, una parte centrale e una fine resa palpabile dai suoi limiti di adattamento al progresso tecnologico.
L’informatica è diversa da qualsiasi tecnologia precedente, la sua tendenza spontanea è dissolvere i mercati, distruggere la proprietà e spezzare la relazione fra salario e lavoro. E questo è lo scenario che fa da sfondo alla crisi che stiamo vivendo.
L’ascesa spontanea di una produzione collaborativa vede già beni, servizi e organizzazioni non rispondere più ai dettami del mercato e della gerarchia manageriale. Ad esempio, Wikipedia con i suoi 27.000 volontari ha distrutto il settore delle enciclopedie e il relativo mercato pubblicitario. Anche in altri settori vediamo sempre più diffondersi l’economia della condivisione o sharing economy. Banche del tempo, cooperative, imprese di economia di comunione, spazi autogestiti, nuove forme di proprietà e di prestito come il microcredito, nuovi contratti, beni comuni o commons e produzione tra pari rappresentano la nuova realtà che, basata sul principio di collaboratività gratuita e condivisa, si proietta con forza oltre il sistema di mercato. Perché questa realtà acquisti maggior vigore, sarà necessario un nuovo ruolo dello Stato nel codificare norme, valori e comportamenti.
Il fallimento delle ideologie del Novecento ha dato l’avvio a una rivoluzione informatica. Milioni d’individui, collegati via internet, attraverso la progettazione modulare fatta da soggetti diversi, in posti distinti, stanno frantumando il neoliberismo e la finanziarizzazione dell’economia. Serve dunque un nuovo modello economico per superare le attuali contraddizioni. La teoria delle onde lunghe di Kondrat’ev, di cicli cinquantennali dell’economia, ci colloca oggi all’inizio di un nuovo ciclo lungo innestato da innovazioni tecnologiche e dalle dinamiche dell’investimento di capitale.
L’economista Carlota Perez, dopo aver analizzato il quinto ciclo precedente, partito negli anni ’70 dalla diffusione delle tecnologie di rete ma bloccato dal neoliberismo e dalla tecnologia stessa con conseguente crisi del 2008, vede, all’incirca nel 2020, una nuova onda lunga con sostegno pubblico al settore dell’informatica, delle biotecnologie, dell’energia verde, in una prosperità alimentata da un nuovo paradigma. Già oggi si comincia a intravedere una nuova strada oltre il capitalismo, attraverso beni, lavoro e servizi forniti in modo collaborativo al di fuori del mercato. Abbiamo la rete che, nella trasformazione, può funzionare, se ne rispettiamo le caratteristiche di complessità e fragilità, meglio di un sistema gerarchico. La transizione dovrà però rispettare il principio di sostenibilità ecologica, per salvare il pianeta, e dovrà riguardare anche e soprattutto il livello antropologico. Il corretto utilizzo delle reti contribuirà a formare una diversa percezione di noi stessi come consumatori, comunicatori e partner di nuove forme di democrazia. L’ascesa delle reti consentirà inoltre di aggredire i problemi da più versanti, in un sistema di governance complessiva che vede i cittadini quali interpreti attivi e critici, accanto a grandi imprese, corpi intermedi, partiti e Stati. Il cambiamento avverrà se sarà potenziato al massimo il potere dell’informazione.
Una volta che l’Internet delle cose avrà preso il via, saremo giunti al decollo vero e proprio dell’economia dell’informazione. Da quel momento, il principio fondamentale sarà assicurare un controllo sociale e democratico sui dati aggregati e impedire che stati e grandi imprese li monopolizzino o ne facciano un uso improprio.
L’Internet delle cose porterà a compimento un’immensa macchina “sociale”. Il suo potere analitico potrebbe, da solo, ottimizzare risorse su scala così ampia da ridurre in maniera significativa l’uso di idrocarburi, materie prime e lavoro. Rendere “intelligenti” le reti energetiche, le reti stradali e i sistemi di tassazione sono solo i più scontati tra gli obiettivi in agenda. Ma il potere dell’immensa macchina che sta emergendo non risiede solo nella sua capacità di monitorare e restituire informazioni: socializzando la conoscenza, ha anche il potere di amplificare i risultati dell’azione collettiva.
Un nuovo progetto postcapitalista deve prevedere, secondo Mason, la limitazione dell’aumento della temperatura globale a 2 gradi centigradi entro il 2050, attraverso la riduzione delle emissioni di CO2, la prevenzione di una crisi energetica mitigando il caos prodotto dai cambiamenti climatici; deve altresì prevedere la stabilizzazione del sistema finanziario, l’offerta di livelli alti di prosperità alla maggioranza delle persone nel mondo e l’utilizzazione di tecnologia adatta a ridurre il lavoro necessario nella transizione verso un’economia automizzata della condivisione.
Inoltre, come scrive Luigino Bruni “L’invenzione di Internet, la globalizzazione dei mercati e della finanza, i social network hanno impresso alle nostre relazioni una mutazione profonda, qualitativa e quindi anche all’economia e al capitalismo. Per capirli, criticarli e migliorarli dobbiamo assolutamente aggiornare e cambiare i nostri strumenti di analisi, perché non comprendiamo più il nostro tempo o lo comprendiamo male se continuiamo a pensarlo come facevamo solo alla fine del secolo scorso”.
Il ciclo avviato con gli anni Ottanta rappresenta la fine di un’epoca di rivoluzioni industriali, durata duecento anni, che hanno prodotto il capitalismo. Oggi serve un’altra narrazione. Di fronte ad un capitalismo che accresce le disuguaglianze, si avverte la stanchezza delle parole anche in economia. La condivisione e la comunione rappresentano il nome nuovo della pace, la grande sfida del nostro tempo. In essa, infatti, le diversità buone di carismi e di talenti, di capitali educativi, sociali e spirituali non sono cancellate ma potenziate. Il capitalismo, invece, lasciandosi solo all’apparenza influenzare da simboli e categorie proprie della società civile – come responsabilità sociale, virtù, bellezza e dono – sta contaminando il civile e il politico, senza far emergere un nuovo paradigma per interpretare le contraddizioni e le disuguaglianze in atto.
Finita la Guerra Fredda, è terminata l’egemonia della politica con le sue parole, democrazia e partecipazione. L’economia ha invaso il campo della politica e, affermando efficienza, meritocrazia e incentivi, non consente di comprendere le disuguaglianze che produce nel mondo. Serve un’utopia concreta per il nuovo Millennio: condivisione, comunione. Potremmo dire, usando il linguaggio di Mason, «postcapitalismo», ovvero, con Joseph Shumpeter, «distruzione creatrice» 5. Si ha la consapevolezza di stare dentro una dura ma promettente transizione lunga, verso l’evoluzione dell’economia in condivisione e cura.
Si tratta di una vasta e complessa ricostruzione verso «nuove strade», come indica papa Francesco nella Laudato si’. «È indispensabile rallentare la marcia per guardare la realtà in un altro modo, raccogliere gli sviluppi positivi e sostenibili, e al contempo recuperare i valori e i grandi fini distrutti da una sfrenatezza megalomane» (LS 114). «Ormai non si può parlare di sviluppo sostenibile senza una solidarietà tra generazioni» (LS 159). «La società, attraverso organismi non governativi e associazioni intermedie, deve obbligare i governi a sviluppare normative, procedure e controlli più rigorosi» (LS 179). Ecco un’esplicita critica al capitalismo che affidandosi alla libera iniziativa di ogni individuo, immerso nel paradigma consumista, non considera i danni per l’economia, la società e l’ambiente; perciò «una comunità ha il compito di liberarsi dall’indifferenza consumistica» (LS 232).
Francesco afferma che il vero sviluppo non è soltanto economico, ma anche sociale ed ecologico, cioè integrale, interconnesso in un sistema che non genera povertà, ingiustizia ed esclusione. Anche qui un altro deciso passo verso il postcapitalismo, poiché ci spinge a creare quelle condizioni che permettano agli uomini di vivere in maniera disinteressata e aperta alla condivisione. Ciò comporta educazione, impegno personale, carità, in un mondo in cui emerge «una convinzione oggi sentita: che tutto è in relazione, e che la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri» (LS 70).
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