Qualche giorno fa Franco Prodi, ordinario di meteorologia all’Università di Ferrara, fisico e meteorologo di fama mondiale, presidente di commissioni di livello nazionale ed internazionale sul clima, ricercatore del CNR, ha rilasciato un intervista in cui esprime alcune considerazioni sulla scienza della meteorologia che andrebbero raccolte e fatte oggetto di riflessione e dibattito anche in relazione al rapporto sul clima prodotto dal gruppo IPCC. Questo lo ha fatto Giuliano Ferrara sul Foglio, che ha risolto la cosa dicendo che la pensa come il professore Franco Prodi. Ma il tema merita qualche approfondimento maggiore anche perché tocca aspetti non marginali della nostra vita sociale e politica.
Intanto il prof. Prodi indica i limiti della scienza della meteorologia e dice: “la conoscenza del sistema clima non è ancora tale da poter fare previsioni accurate e attribuire con percentuali precise quanto l’innalzamento delle temperature sia influenzato da cause naturali o provocato dall’uomo”. Aggiunge, inoltre, per essere più preciso: “Le nubi sono al centro del sistema climatico, ma vengono parametrizzate molto rozzamente nei modelli …. Basta solo questo dettaglio per invitare alla massima cautela nell’attribuire all’uomo la causa del riscaldamento globale”
Non sono queste affermazioni di poco conto se le si confronta con quanto il mainstream giornalistico e scientifico ci somministra quotidianamente che, invece, non ha alcun dubbio nell’affermare che è l’uomo responsabile, escludendo oppure marginalizzando qualsiasi altra causa. Inoltre, nell’attribuire, contro qualsiasi approccio scientifico, certezza assoluta ai numeri e alle percentuali contenute nei rapporti.
Lo stesso rapporto dell’IPCC sostiene che i cambiamenti climatici in atto sono attribuibili all’uomo e dispiegheranno i loro effetti nei prossimi anni e nei millenni futuri. Insomma, la meteorologia come tante altre scienze non arriva a risultati certi. Pertanto verrebbe da aggiungere bisogna essere prudenti, anche perché intorno a questa scienza si stanno costruendo politiche pubbliche che potenzialmente possono cambiare la nostra vita, l’economia, gli equilibri geopolitici ed imporci costi rilevanti.
Come è possibile che un gruppo di lavoro dell’ONU affermi una cosa e che invece un illustre scienziato, ma altri numerosi insieme a lui, esprimano fondati dubbi sui modelli previsionali su cui si basa la meteorologia.
Questo non è un argomento di poco conto perché riguarda il rapporto tra scienza e politica. Se la scienza si presenta come certezza assoluta è il contrario della scienza. Infatti, come insegna Carl Popper la scienza procede per tentativi ed errori. Ed anche questo è il metodo della democrazia. Chi presenta certezze assolute ha propensioni verso forme politiche non certo democratiche. Allora la nostra società è in pericolo, vuol dire che il metodo scientifico non è più tale e si preferisce far avanzare l’ideologia.
Prodi aggiunge con tono pacato: “Più che del riscaldamento globale dovremmo occuparci della tutela dell’ambiente planetario“. E qui l’uomo entra in causa, ma da una prospettiva diversa. È quasi un’indicazione politica; le attuali politiche sono focalizzate sul riscaldamento e poco sulla tutela dell’ambiente planetario. Cerchiamo di migliorare questo aspetto. Infatti, aggiunge: “non abbiamo rilevato alcuna correlazione tra aumento delle temperature e numero di eventi estremi. Sono aumentati i danni e le vittime. Questo perché l’uomo ha costruito dove non doveva”.
Per il professore il pericolo sembra essere quello di prendere decisioni sbagliate sulla base di un quadro scientifico che non assicura certezze assolute ma anzi lascia ampi dubbi sulle conclusioni a cui perviene. Secondo Franco Prodi l’ambiente planetario si sta deteriorando in maniera rapida, ma procedere solo per risolvere il problema del riscaldamento globale può essere fuorviante. L’aumento delle scorie prodotte dall’uso del combustibile fossile, ad esempio, non può essere risolto dal solo ricorso alle energie rinnovabili. Bisogna potenziare la vera ricerca scientifica.
Il monito è che i risultati contenuti nei rapporti possono portare a scelte non completamente accettabili per l’umanità. Ne concludiamo che poiché questi hanno un grande impatto politico è consigliabile che veramente siano espressione unanime (almeno sul metodo) della scienza internazionale e che le voci di dissenso vengano raccolte ed evidenziate in modo che tutti sappiamo quali sono le posizioni scientifiche che si confrontano. Non possono essere presentati come documenti in cui ci sono verità rivelate ed indiscutibili. Infatti, i risultati in essi contenuti influenzano decisioni fondamentali per l’economia e la società, il modello economico e le fonti di energia per alimentarlo, il come dovremo organizzare il nostro futuro e quello delle prossime generazioni. Insomma, la nostra vita politica.
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