Quattro sono gli elementi chiari delle motivazioni finalmente depositate della sentenza 1/2014 della Corte costituzionale in materia di legge elettorale.
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- Non esiste un sistema elettorale intimamente legato alla Costituzione: se i padri costituenti ebbero una preferenza per il sistema proporzionale, in ogni caso è facoltà del legislatore legiferare in materia anche in senso maggioritario, purché il sistema scelto sia coerente con l’impianto generale della Costituzione. In questo senso occorre compenetrare la necessità preminente della governabilità con quella altrettanto pregnante della rappresentanza.
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- La legge Calderoli del 2005 concedeva un premio di maggioranza irragionevolmente alto perché privo di soglia minima per la sua assegnazione: la questione non è quindi quella della costituzionalità del premio di maggioranza ma di definire quando esso scatta, magari anche attraverso il metodo del ballottaggio qualora tale soglia minima non sia raggiunta in prima istanza.
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- Il rapporto fra elettori ed eletti è necessario e vitale, e le lunghe liste bloccate della legge del 2005 non lo garantivano ed anzi lo rendevano pressoché inesistente. Tutti gli altri metodi – voto di preferenza, collegi uninominali, liste bloccate più brevi – sono egualmente ammissibili sotto il profilo costituzionale.
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- In ogni caso il Parlamento eletto nel febbraio 2013 è validamente costituito, ed ha la piena facoltà di legiferare, nonostante le vociferazioni demagogiche di alcuni, visto che l’illegittimità della legge elettorale scatta solo a partire dalle prossime elezioni.
La parola è dunque in mano alla politica, ora più che mai, ed essa ha l’estrema occasione per riscattarsi delle troppe brutte figure del passato.