Il lato più inquietante del cosiddetto caso Stamina è rimasto fuori dalle tonnellate di commenti, articoli di giornale e interviste sull’argomento.
Gli ingredienti del servizio delle ‘Iene’ che diede inizio alla saga sono da manuale: la parola ‘staminale’ evoca, senza mai nominarlo, l’attore più classico per il ruolo di ‘cattivo nell’ombra’ che nega le cure agli innocenti: il Vaticano.
Le mamme disperate con in braccio bambine destinate a una fine orrenda a cui si nega la speranza della scienza non possono non commuovere, impacciati ‘uomini della burocrazia’ (siano essi il direttore dell’ospedale o un funzionario del ministero della Sanità) non possono che provocare sdegno, un umanissimo conduttore che torna per un secondo servizio a casa della bambina malata e si congratula con la mamma che afferma di ‘aver notato miglioramenti’ non può che farci immedesimare con lui.
E’ la ricetta dell’
emotivismo, di quel veleno occulto che attacca le anime sensibili, molto più
pericoloso (perché infinitamente più subdolo) di vecchi bau-bau ormai relegati nel museo degli orrori come militarismo e autoritarismo. Qualcosa questa volta va storto, per motivi che vanno dalla paura di contagio di sistemi sanitari di altri paesi da parte di un ‘movimento di popolo’ a sostegno di una cura palesemente infondata e costosissima alle conseguenze negative sulla possibilità di finanziamenti futuri per la ricerca dopo l’inevitabile fallimento..
Come che sia, il contrordine arriva netto e perentorio dal ‘centro esatto della scienza’ (le riviste anglosassoni Nature e Science): “La cura Stamina è una bufala e Vannoni è un mestatore”. A questo punto chi era in posizione attendista si accoda all’anatema, fin tanto che a dirlo erano i ‘tenenti’ della salute pubblica, il povero ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità, o il malcapitato medico dell’ospedale, si poteva maltrattarli senza problemi, quando a parlare è ‘Il Gran Sacerdote’ allora tutto cambia e a mantenere il punto rimangono solo le punte estreme del relativismo e quindi dell’inesistenza di una realtà oggettiva al di là delle opinioni (qualche magistrato, qualche associazione di consumatori..).
Ciò a cui abbiamo assistito è il sorgere e la conseguente repressione di una eresia in seno a una religione pagana, all’anatema emesso contro un rito magico. Per i fedeli la potenza della tecnologia (e quindi delle cure) è infinita e se qualcosa non va è perché un ‘potere malvagio’ si oppone alla ‘normale’ efficacia del rito magico: questo stato di cose rende all’ordine del giorno il rischio di autodafé (una buona parte delle cause intentate contro i medici lo sono, il problema della cosiddetta ‘medicina difensiva’ nasce da questo).
Al contrario della devozione dove entriamo in dialogo con una persona come noi anche se infinitamente più autorevole (Maria, Santi) e quindi siamo in grado di comprendere le regole del gioco, la magia basa la sua supposta potenza sulla ripetizione pedissequa di manipolazioni e rituali di cui non si comprende il senso, quindi si rischia ad ogni passo che qualcosa vada storto o che altre potenze malefiche ci mettano lo zampino, tutto ciò senza alcuna possibilità di capirci qualcosa.
E’ tempo che ci rendiamo conto dell’esistenza di una religione idolatrica mondiale con gli usuali problemi di scismi ed eresie: nemica tanto della scienza (quella vera, umile e rivolta in primo luogo a comprendere la natura e non necessariamente a manipolarla) quanto della fede (quella vera, che implica un onesto rapporto personale con il trascendente). Il caso Stamina ci avverte che gli adoratori del vitello d’oro sono molti e che chi ha pensato di poter usare la magia per governare è ora un po’ spaventato da ciò che troppo ferventi devoti possono innescare.