Nelle pagine dei giornali leggiamo che un vaccinato con doppia dose ha contratto il Covid19 nella variante Sud Africana, denominata prontamente da OMS Omicron, contagiando la famiglia e parenti stretti con i quali era stato a contatto. L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) dichiara che l’efficacia del vaccino dopo sei mesi scende dal 72% al 40% ma si è comunque protetti dalla malattia grave. Se ne deduce che il vaccino protegge da forme gravi, almeno da quanto dice il ISS, anche se risultano vaccinati che muoiono per Covid19 tra i più famosi, per esempio, l’ex segretario di stato americano Collin Powell. Ma dicono alcuni questi casi sono una percentuale minima irrilevante.
Se è vero quanto detto, un’ampia fetta di popolazione vaccinata che non ha fatto il richiamo o deve ancora farlo può essere veicolo di contagio. Così come ovviamente lo sono in non vaccinati. Infatti, i contagi hanno ripreso a crescere, sebbene in Italia in modo contenuto, ma comunque per le autorità sanitarie tale da mantenere viva l’allerta. Il governo nella prospettiva di un aumento dei contagi ha predisposto misure restrittive particolarmente pesanti nei confronti dei non vaccinati nella ipotesi che siano essi siano i maggiori diffusori del virus. Però come detto in precedenza la diffusione del virus non avviene solo da parte dei non vaccinati ma anche dei vaccinati la cui protezione contro il virus, come le stesse autorità sanitarie riconoscono, è limitata nel tempo.
Il governo giustamente prevede restrizioni per i non vaccinati ma sottovaluta invece l’ipotesi che i vaccinati possano essere veicolo di contagio. Ed invece preferisce una campagna denigratoria nei confronti dei non vaccinati creando, magari involontariamente, il cosi detto “capro espiatorio”, che non è altro che un meccanismo organizzativo con il quale chi governa un qualsiasi organismo collettivo scarica la responsabilità di un fenomeno su un gruppo o un singolo che non è in grado di difendersi adeguatamente o non dispone di una sufficiente copertura mediatica per comunicare la propria idea.
Il capro espiatorio era un capro utilizzato anticamente durante i riti con cui gli ebrei chiedevano il perdono dei propri peccati nel Tempio di Gerusalemme. Il nome deriva dal rito ebraico compiuto nel giorno dell’espiazione (kippur), quando il sommo sacerdote caricava tutti i peccati del popolo su un capro e poi lo mandava via nel deserto. Il rito è descritto dalla Bibbia nel Levitico e nel Talmud.
In senso figurato un capro espiatorio è (individuo, gruppo, organizzazione, etc.) ritenuto responsabile di colpe collettive delle quali è totalmente o parzialmente innocente. Il rito sotto altre forme si ripete ancora oggi, quando una comunità si libera la coscienza scaricando tutte le colpe su un gruppo ben individuato che viene accusato di produrre conseguenze che solo parzialmente possono essergli attribuite. Questa è la forza di riti che ancora oggi si compiono e che vengono da un passato ancestrale e che, seppure “inconsapevolmente”, dominano la nostra razionalità.
L’uso del capro espiatorio è particolarmente devastante in politica perché solitamente la colpa è attribuita a un gruppo di minoranza, che trova difficile difendersi dalle accuse. Una tattica spesso impiegata è quella di caratterizzare un intero gruppo di individui per la condotta non etica o immorale di un piccolo numero di appartenenti a tale gruppo. Tra i soggetti usati come capri espiatori nel corso della storia troviamo ad esempio le persone di colore, gli immigrati e così via. Il capro espiatorio è un importante strumento della propaganda: ad esempio, gli Ebrei vennero individuati dalla propaganda nazista come responsabili del collasso politico e dei problemi economici della Germania. In questi giorni quanto mai travagliati conviene leggere un saggio di sociologia delle organizzazioni per analizzare l’uso politico del capro espiatorio e gli effetti devastanti che può avere. Ormai datato ma di grande attualità è “Colpa e Potere” di Giuseppe Bonazzi in cui si dice come il capro espiatorio sia un’espressione della crisi di potere all’interno di organizzazioni complesse.
Insomma il governo invece che predisporre misure restrittive anche nei confronti dei vaccinati, ai quali non può chiedere di più, preferisce trovare un capro espiatorio e se ne lava le mani scaricando ogni responsabilità. Intanto se i casi di contagio aumentano non può essere questo fatto attribuito solo ai non vaccinati ma in qualche misura anche ai vaccinati ed ai loro comportamenti che forse per eccessiva sicurezza, indotta dal governo e autorità sanitarie per eccessiva fiducia nel vaccino, non rispettano tutte le regole per evitare i contagi.
Questo è un punto debole della strategia del governo che rischia con la creazione del capro espiatorio di compromettere l’efficacia delle misure contro il Covid e danneggiare vaccinati e non vaccinati. Si compromette un elemento importante della coesione sociale la fiducia reciproca. Lo dimostrano non solo le manifestazioni dei non vaccinati ma anche quelle prospettate dei vaccinati. La fiducia nelle istituzioni e la fiducia tra i cittadini stessi è lo strumento fondamentale sul quale si costruisce uno Stato di diritto. Quando questa fiducia viene meno si creano fratture spesso difficilmente ricomponibili e destinate a durare nel tempo. La creazione di un capo espiatorio è un elemento che può essere dirompente. Pertanto, è auspicabile che il governo ponga in essere misure equilibrate tali da preservare l’efficacia dell’azione dello Stato e la fiducia nelle istituzioni e tra i cittadini stessi. Tutto questo al fine di evitare che insorgano pericolose fratture in grado di lacerare le relazioni sociali ed incrinare l’ordine democratico che tutti consideriamo un bene comune per la sopravvivenza della comunità nazionale.
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