La complessità delle questioni relative al sostegno delle famiglie non può essere affrontata né pensando di cavarsela con soluzioni lowcost né con un semplice aggiustamento del decreto sugli 80 euro. L’auspicio è che il confronto si concentri sulle situazioni concrete e sul modo per affrontarle. La grande maggioranza degli italiani pensa che la famiglia sia un valore importante da difendere. C’è bisogno di risorse perché questa difesa sia reale e non rimanga una concessione retorica

Il balletto sull’estensione del bonus di 80 euro alle famiglie ha ulteriormente sottolineato due certezze. La prima è che questo provvedimento resta profondamente segnato da un difetto di equità che molti avevano evidenziato fin dal primo momento. Nell’intervista pubblicata da «la Repubblica» il giorno di Pasqua, era stato proprio il Presidente del Consiglio a riconoscere questo «elemento di debolezza», anche rispetto a coloro che comunque il bonus lo avrebbero ricevuto: l’impatto di questa cifra – ha detto Matteo Renzi – non è lo stesso su un single e su “un padre di famiglia monoreddito con 4 figli”. Per non parlare di quanti, con lo stesso carico familiare, si trovano a superare magari di poco la soglia di reddito fissata per il beneficio e ne sono stati dunque semplicemente esclusi, insieme a pensionati, disoccupati e ai tanti poveri di questa società dove la condivisione è sempre più rara e le disuguaglianze aumentano.

Le cifre, in questo caso, non consentono repliche. Una coppia senza figli, nella quale entrambi i partner abbiano un reddito intorno ai 25.000 euro, godeva di un reddito netto annuo disponibile pari a circa 40.000 euro, che diventano adesso 42.000. Il reddito netto di una famiglia di 4 persone nella quale entra un solo stipendio di 30.000 euro era di poco più di 25.000 euro e tale è destinato a restare. Sarebbe stato bene non dimenticare i bisogni di questi genitori e dei loro figli. È doveroso pretendere che questo non accada più.

Allo stesso tempo – ed è questo il secondo punto che non può essere eluso – occorre l’onestà di ammettere che la complessità della materia non può essere affrontata né pensando di cavarsela con soluzioni lowcost né con un semplice “aggiustamento” del decreto sugli 80 euro.

Siamo di fronte alla sfida, troppo a lungo rinviata, di un radicale ripensamento dell’intera struttura del prelievo fiscale, che avvicini finalmente l’obiettivo di aiutare di più coloro che più faticano ad arrivare alla fine del mese e che si trovano spesso in questa situazione perché hanno messo al mondo dei figli e cercano di farli crescere con dignità.

Non si può improvvisare un intervento che ha bisogno di profondità di analisi rispetto alle molte variabili in gioco (numero dei componenti il nucleo familiare, presenza di situazioni di particolare difficoltà, patrimonio, offerta di servizi come gli asili nido) e precisione nell’uso degli strumenti per dare finalmente corpo ad una politica della famiglia che sia parte di una vera politica dell’equità.

Da questo punto di vista una soluzione rinviata (ma non a tempo indeterminato!) è preferibile ad una soluzione discutibile nella forma e minimalista nei contenuti. L’auspicio è che questo confronto si concentri sulle situazioni concrete e sul modo più efficace per affrontarle.La grande maggioranza degli italiani continua a pensare che la famiglia sia un valore importante da difendere. C’è bisogno di risorse perché questa difesa sia reale e non rimanga una concessione retorica così logora da suonare ormai perfino fastidiosa.

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