Quello che mi sembra più interessante in questa esortazione postsinodale sono le riflessioni personali che papa Francesco ha voluto aggiungere alla riflessione dei due sinodi sulla famiglia: «Perciò ho ritenuto opportuno redigere una Esortazione Apostolica postsinodale che raccolga contributi dei due recenti Sinodi sulla famiglia, unendo altre considerazioni che possano orientare la riflessione, il dialogo e la prassi pastorale, e al tempo stesso arrechino coraggio, stimolo e aiuto alle famiglie nel loro impegno e nelle loro difficoltà» (AL 4).
Il papa fa come un passaggio dalla “carità nella verità” alla «verità nella carità» come dice san Paolo in Ef 4,15 («Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo. Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all’errore. Al contrario, agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità»). Gli accenti e le priorità sono tutto nella vita e invertire carità e verità non è un bene per nessuno, perché la priorità è la carità. Paolo erige la carità a criterio di discernimento per risolvere tutte le controversie nelle comunità da lui fondate (per esempio a Corinto per le carni immolate agli idoli (1Cor 8,1) «La conoscenza riempie di orgoglio, mentre l’amore edifica»; cui fa seguire l’inno alla carità al cap. 13, e conclude la lettera con «tutto si faccia tra voi nella carità» (1Cor 16,14).
Non a caso papa Francesco commenta in modo raffinato l’inno alla carità (1Cor 13) al cap. 5 della Amoris Laetitia, capitolo dedicato all’amore nella famiglia, cui fa seguire una riflessione antropologica sull’amore coniugale con nuovi accenti, spostandosi dalla dimensione pattizia e giuridica del matrimonio, data una volta per sempre, alla dimensione dell’amore reciproco che non può che trovare nel tempo con l’età e le esperienze della vita nuove dimensione sempre più profonde.
«Ricordando che il tempo è superiore allo spazio» (AL 3) papa Francesco sposta un altro accento dalla descrizione di una realtà statica e idealizzata in modo eccessivo alla descrizione di una relazione che si sviluppa nel tempo e che è aperta alla grazia di Dio (AL 36-37), chiedendo perdono per gli eccessi di accenti su questioni dottrinali, bioetiche e morali, degli ultimi anni nella predicazione che non hanno aiutato a sostenere il cammino degli sposi se non addirittura imposto dei pesi insopportabili.
L’altro spostamento di accento riguarda il discernimento pastorale che non può che essere guidato dai grandi principi ma concretizzato nella vita reale delle persone tenendo conto dei cammini personali e della carità nell’accostarsi ad essi, alla coscienza della persona come terra sacra cui avvicinarsi togliendosi i sandali (cfr. Es 3,5). Qui la tradizione ignaziana del discernimento si dispiega in tutta la sua fecondità per le singole persone e per la chiesa tutta: sacerdoti, vescovi, cardinali, religiosi e religiose, laici consacrati, coniugi e singole persone. Tutti siamo chiamati al discernimento e papa Francesco ha fiducia che ciascuno possa formarsi una retta coscienza davanti al Signore e alla propria situazione di vita, considerata come un cammino che avanza – non sempre linearmente – verso la comunione piena con il Signore che è propria del tempo ultimo, mentre l’imperfezione è propria del tempo che viviamo ora.
E’ una conversione che sta coinvolgendo la chiesa e che lo Spirito ci chiama a vivere senza paura, ma anche senza fughe in avanti, tenendo presente la carità come chiave per discernere il cammino della chiesa nelle relazioni tra tutti i cristiani, ma soprattutto per renderla fedele alla missione che Gesù ci ha affidato: annunciare l’amore di Dio a tutti gli uomini, amore che si è concretizzato nel mistero pasquale vissuto da Gesù per la salvezza di ciascuno.
Papa Francesco è interprete autorevole di questo passaggio-esodo che lo Spirito sta facendo compiere alla chiesa. I tempi sono mutati anche dal Vaticano II e occorre essere attenti al grido di coloro che soffrono in tutti i sensi, nelle famiglie in difficoltà, come sul piano sociale (e spesso sono le stesse persone, dice il Papa), perché Dio è vicino a loro, prima di noi, e ci chiede di stare con lui, vicino ai piccoli e a i poveri, per aiutarci a decentrarci dalle nostre preoccupazione per diventare sempre più capaci di misericordia come lui.
Solo così la chiesa può diventare sempre più credibile agli occhi di questo mondo, perché così era anche agli inizi, quando la gente vedeva come si amavano i primi discepoli di Gesù. E’ l’amore vissuto con gioia che è credibile. Così è stato per i grandi santi della carità, ma così è per la quotidianità dei coniugi che si vogliono bene e che vengono riconosciuti come persone capaci di amore vero.