La Garanzia Giovani rappresenta per l’Italia una sfida rilevante in materia di politiche del lavoro. Un occasione per modificare una situazione che ci vede investire poco e male nelle politiche attive e, conseguentemente, nella rete di servizi per il lavoro e utilizzare pochissimo strumenti come il tirocinio e l’apprendistato. Questi elementi che determinano il record negativo di giovani NEET, impongono una revisione profonda delle politiche attive per realizzare con successo programmi come la Garanzia Giovani

La Garanzia Giovani, come ci ricordano ormai tutti i giorni i diversi media che se ne occupano, rappresenta una delle più rilevanti sfide in materia di politiche del lavoro mai affrontate dal nostro Paese. L’obiettivo è garantire che tutti i giovani che non studiano, non lavorano e non partecipano a programmi di formazione, abbiano una opportunità di lavoro, o in alternativa, un tirocinio, un contratto in apprendistato o un corso di formazione che permetta di acquisire un titolo o una qualifica. E tutto ciò entro quattro mesi dalla presa in carico da parte dei servizi per il lavoro.

Obiettivo facile a dirsi ma molto difficile da realizzare poiché tra i 16 ed i 29 anni i giovani NEET in Italia sono oltre 2 milioni. Un vero e proprio record in Europa. I più scettici sostengono che si tratta di una “mission impossible” ma senza che sia previsto l’arrivo di Ethan Hunt, l’eroe della serie. Le ragioni di questo scetticismo sono sostanzialmente due: il record sui NEET non è casuale e dipende dalla modestissima capacità del nostro paese di realizzare politiche attive del lavoro, soprattutto rivolte alle giovani generazioni. Inoltre se non siamo riusciti a farlo quando il mercato tirava (fino al 2007) come prossimo realizzare oggi l’ ambizioso programma della Garanzia giovani con una domanda di lavoro al minimo storico?

Investiamo poco e male nelle politiche attive e, per questo, abbiamo la rete di servizi per il lavoro meno efficiente d’Europa (pubblica e privata). Il nostro sistema regionale di formazione professionale che fa acqua da tulle le parti (soprattutto nei canali che la collegano alle imprese) e abbiamo una scarsissima capacità di valorizzare due strumenti chiave come il tirocinio (evitando gli abusi) e l’apprendistato.

I più ottimisti, sostengono, al contrario che ce la possiamo fare. Possiamo valorizzare le eccellenze che pure esistono in alcune Regioni per migliorare la qualità dei servizi e della formazione e con il supporto della rete di operatori privati possiamo invertire la tendenza. Insomma le Regioni, sfruttando le proprie competenze e le risorse della Garanzia Giovani possono “migliorarsi” e dare risposte operative (anche senza riforme).

Ovviamente tra lo scetticismo di mestiere e l’ottimismo della volontà, c’è il sano realismo, con le sue sfumature, le differenze e soprattutto i fatti . E poiché come ricordava Sciascia “i fatti hanno la testa dura” proviamo ad analizzarli.
Il primo “fatto”è che le Regioni, che gestiscono le risorse stanziate, per rispondere alle sfide della Garanzia Giovani dovranno rispettare i vincoli ferrei che la Commissione ci ha imposto:
a) le opportunità offerte ai giovani dovranno essere “effettive” (formazione, tirocini, e lavoro) e non solo “orientamento”;
b) che le opportunità oltre che effettive, dovranno essere garantite, per essere rendicontate, a ciascun giovane entro 4 mesi dall’ iscrizione.

Il 24 Luglio risultavano registrati, 138 mila giovani, 74 mila maschi e 64 mila femmine (dai dati di monitoraggio pubblicati settimanalmente dal Ministero). La maggioranza ha tra i 19 ed i 24 anni (51%) ed il 43% tra i 25 ed i 29 anni. I più giovani (15- 18enni) rappresentano il 6% del totale. Come era prevedibile un terzo delle registrazioni è arrivato da Campania e Sicilia regioni queste dove si concentra il 30% dei NEET. In meno di 3 mesi, quindi, e con un piano di comunicazione ancora ridotto, il programma con circa 10 mila iscrizioni a settimana, ha immediatamente coinvolto una vasta platea di giovani che entro dicembre sarà quanto meno raddoppiata.

Attualmente sono stati presi incarico circa 21 mila giovani e di questi 9.164 hanno svolto il primo colloquio di orientamento. Poiché solo a maggio si erano registrati in 70 mila è facile comprendere come con gli attuali ritmi sarà difficile garantire in tempi ragionevoli i principi della Garanzia Giovani. Senza contare che le opportunità di lavoro complessive pubblicate dall’inizio del progetto sono ancora modeste: le vacancies inserite sono state, infatti 6.033, per un totale di posti disponibili pari a 8.733, di cui il 74% contratti a tempo determinato, il 7% tirocini e l’1,7% in apprendistato. Inoltre, il 71% delle occasioni di lavoro è concentrata al Nord, il 14% al Centro e l’14% al Sud mentre l’1% rappresenta occasioni di lavoro all’estero.

Il programma ha una durata di due anni (è partito a maggio del 2014 e si dovrebbe concludere nel dicembre 2015) e nell’anno e mezzo restante sarebbe anche possibile raggiungere una ampia platea di giovani. Ma i sistemi regionali ed in particolare i servizi, saranno in grado di garantire la gestione delle misure programmate entro quattro mesi dalla presa in carico del giovane? Non dimentichiamo che un principio analogo era stato introdotto col il DLG 181/2000 ma non è stato quasi mai applicato. Sicuramente in alcune realtà regionali questa capacità di risposta c’è ma non su tutto il territorio nazionale e soprattutto non nelle Regioni dove risiede la maggior parte dei NEET.

Ovviamente è del tutto inutile continuare a gridare “al lupo” quando migliaia di giovani attendono risposte concrete ed è dunque doveroso moltiplicare gli sforzi, sfruttando i punti di forza, le eccellenze e le sinergie tra pubblico privato per cercare di garantire quanto più possibile ciò che il programma prevede. D’alto canto, sono proprio i fatti ad evidenziare limiti e carenze dell’attuale modello di intervento, imponendo una profonda revisione delle politiche attive, se vogliamo che programmi come la Garanzia Giovani possano, in futuro, essere realizzati con successo.

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