Ora che la polvere si è dissipata, possiamo fare una constatazione sulle elezioni in Sardegna; non sull’esito dato che in parte era scontato e poi passato al microscopio da più parti. Ciò che ci preoccupa maggiormente è la proliferazione delle liste come non si era mai vista negli anni passati. Mai avevamo visto, negli anni passati, una proliferazione di liste così eclatante: ben 52 suddivise equanimemente tra il centro destra e il centrosinistra.
E’ vero che alle regionali e comunali ci sono sempre state delle liste, cosiddette “civiche”, in appoggio ai vari candidati a Presidente o a Sindaco, ma il numero che abbiamo visto alle regionali Sarde è fuori misura e, oltretutto, è una costante delle ultime elezioni.
Tutti si chiedono perché i partiti ricercano e accettano liste apparentate? Ma l’interrogativo è mal posto e così formulato conduce a risposte molto labili. Chiediamoci piuttosto perché e chi sono coloro che creano le liste civiche alleate al candidato di destra o a quello di sinistra? Evidentemente non fanno parte del partito maggiore alleato, anche se dimostrano di avere una certa consistenza sul territorio in termini di numeri, consenso, uomini e programmi.
Dunque hanno degli obbiettivi precisi da perseguire, magari limitati ad uno specifico territorio, ad una categoria sociale, ad uno preciso problema che intendono risolvere. Sanno che non potranno mai raggiungere i loro obbiettivi con manifestazioni e cortei, o semplicemente andando a parlare con assessori e consiglieri, una volta insediati.
Hanno capito che quegli obbiettivi si possono raggiungere solo sventolando sotto il naso di Presidenti di Regione o dei Sindaci, pacchetti di voti e numero di consiglieri. Se entrano nel partito non hanno più alcun peso, perché ormai tutti i partiti sono diventati maggioritari e le minoranze interne non hanno alcun potere; dunque se ne stanno fuori della porta pronti però a dare una mano, ma a minacciare di ritirarla al momento giusto.
A ricattare, direte voi? L’avete detto, ma ho il sospetto che non siete molto lontani dalla verità. Dunque l’eletto di turno, dopo i sorrisi a 32 denti che sfodera davanti le telecamere, una volta spenti i riflettori sa già che dovrà fare estenuanti mediazioni con i consiglieri delle liste civiche e placare i molti appetiti che crescono in modo esponenziale in base a quanti seggi hanno conquistato e quindi diventano determinanti per le sorti della legislatura.
Fino a tutti gli anni ’80 le mediazioni avvenivano all’interno delle stanze dei partiti con finestre e porte rigorosamente chiuse; poi tutti avrebbero fatto buon viso una volta usciti anche se scontenti. Questo valeva per il PCI, per il PSI come per la DC e per tutti gli altri partiti minori.
Oggi la mediazione avviene direttamente nelle istituzioni, saltando a piè pari le segreterie dei partiti. Mediazione che non ha bisogno di molta riservatezza, si sa già in anticipo che cosa vuole ogni esponente della lista civica perché è il motivo preciso per cui si è formata e a cui il candidato Presidente o Sindaco ha fatto promesse al momento dell’alleanza. Casomai durante la legislatura sorgeranno difficoltà per frenare gli appetiti delle varie corporazioni che hanno dato il loro consenso, perché si sa, la fame viene mangiando.
Qualcuno rilevava, giustamente, che la Sardegna ha avuto governi di destra che si sono alternati ogni 5 anni a governi di sinistra e ognuno vinceva con uno scarto del 10%; non vi sembra curioso? Che cosa lega questa costante con le liste civiche e i partiti? La “fame di potere”, appunto. La sempre maggiore ingordigia di posti, prebende, concessioni, leggine ad hoc, e via discorrendo, che dissanguano il bilancio pubblico e che gli amministratori di turno cercano di frenare in qualche modo; pena il dissesto finanziario dell’Ente che amministrano.
Così queste corporazioni insoddisfatte abbandonano i vecchi alleati, creano una nuova lista civica e si alleano con la controparte in un gioco infinito di cambio di schieramento ma con l’unico scopo di provvedere al proprio esclusivo bene. Più sono le liste civiche che appoggiano un candidato, più questi è Re Travicello, in balia delle pretese delle singole corporazioni.
In questo caso la personalizzazione delle elezioni a Sindaco o Presidente della Regione, certo non aiuta a rompere questo meccanismo di sottogoverno, unicamente pone nelle mani delle massime cariche istituzionali la sede deputata per le mediazioni politiche e economiche.
E’ vero che la Politica (con la P maiuscola) è anche mediazione e compromesso (da cum promitto, ci promettiamo reciprocamente), ma è altrettanto vero che quando ci si siede ad un tavolo entrambi devono avere la stessa forza per arrivare ad una soluzione equa.
Ma così non è. Non lo è perché a quel tavolo la corporazione sventola sempre il ricatto del ritiro del consenso, cosa di cui Sindaco e Presidente non possono fare a meno, se vogliono continuare a rimanere su quella poltrona.
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