«Una nuova civiltà delle macchine appare all’orizzonte, una civiltà in cui lo 0,1 della popolazione possederà le macchine, lo 0,9% lo gestirà e il 99% sarà addetto al poco lavoro non automatizzato delle grandi imprese o giacerà nell’abisso della disoccupazione». Giulio Sapelli, storico dell’economia, traccia un affresco memorabile del nostro tempo e ci guida oltre il pensiero unico dominante, oltre il luogo comune che esiste una sola forma economico-sociale di tipo capitalistico. Il turbo capitalismo finanziarizzato e tecnologico genera gravi disuguaglianze. Al centro dell’organizzazione sociale viene posto il denaro anziché il lavoro. Il futuro è caratterizzato da disoccupazione o sottoccupazione di massa. Quale la via di uscita? Come risollevare quel «popolo degli abissi», quel 99% che ha davanti a sé un futuro incerto?
E’ finito il capitalismo? Cosa ci sarà «oltre il capitalismo»? Dobbiamo smettere di considerare l’economia un modello matematico avulso dall’etica, lontano dall’umano. Dobbiamo alimentare la “speranza bambina” di Charles Péguy per attraversare le acque agitate dei nostri tempi. La globalizzazione è un ciclico ricorso storico. Un esempio è rappresentato dalla lunga fase espansiva della globalizzazione spinta dopo il crollo dell’URSS nel 1989 e l’espansione della UE. Poi la crisi mondiale da deflazione, la “grande contrazione” del 2008.
Disoccupazione, bassa crescita, demografia sono problemi da risolvere. La crescita economica è possibile se si cambia il paradigma dell’ordoliberismo del debito pubblico in Europa. Un capitalismo finanziarizzato e tecnologico rischia di diventare neo-schiavistico con una stagnazione secolare e con la scomparsa del sindacato. E’ possibile un’economia non capitalistica? Occorre un cambio di visione su fiducia, investimenti pubblici e privati, common goods, cooperazione. Dobbiamo tornare ai mondi vitali, alla comunità senza tentazioni sovraniste. La persona è il centro dell’economia, all’interno della comunità, come nell’esperienza significativa di Adriano Olivetti e nella rivoluzione personalista e comunitaria di E. Mounier. Possiamo chiamarla economia civile.
Oltre il neoliberismo: alla ricerca di una nuova socialità.
Il neoliberismo è la teoria economica dominante dagli anni Settanta nonostante la grande crisi del 2008 e le forti critiche cui è sottoposta. In suo nome le oligarchie accumulano ingenti fortune mentre viene smantellato lo Stato sociale con le conquiste del Novecento e milioni di persone sono gettate nella sofferenza e nella povertà. Alla base ha una antropologia povera e distorta, quella di uomini come macchine calcolanti in un contesto privo di socialità. Chiediamoci ora come mai non si è affermata una teoria alternativa. Eppure essa non è in grado di rispondere alle nuove sfide della crescita e del benessere. Esseri umani che mirano solo al proprio tornaconto come possono costruire una società che consente a ciascuno di realizzare le proprie aspirazioni? Le trasformazioni imposte dalle nuove tecnologie, la redistribuzione della ricchezza nella globalizzazione, la necessità di uscire dalla crisi rendono necessario storicamente un nuovo patto sociale per lo sviluppo ed il benessere di tutti mentre si sta esaurendo il compromesso socialdemocratico.
E’ possibile un secondo Rinascimento economico e culturale?
«Tra gli eventi di cinquecento anni fa e quelli di oggi ci sono molti particolari differenti. Ciò significa che dovremmo ignorare quello che il passato ha da insegnarci sulla nostra epoca di fioritura del genio e del rischio? … questo è un secondo Rinascimento» (Ian Goldin e Chris Kutarna, Nuova età dell’oro. Guida a un secondo Rinascimento economico e culturale, Il Saggiatore, 2018). Quale epoca si apre davanti a noi? Le gravi disuguaglianze anzidette, la crisi finanziaria globale, il terrorismo, i collassi nucleari, gli tsunami e gli uragani, la crisi del neoliberismo e del capitalismo, ci fanno pensare che tutto sta crollando. Ciò nonostante i due autori vedono una nuova età dell’oro, un secondo Rinascimento, un terreno estremamente favorevole alla fioritura del genio. Mai come oggi è stato infatti così stretto il rapporto tra scienza e tecnologia.
Occorre allora vincere la sfida del presente e superare gli shock visti nella citazione d’inizio. Aumentano i fattori di rischio insieme alla fioritura del genio. Oggi Zuckenberg e i social media contribuiscono a diffondere la conoscenza come Gutenberg e la stampa. Stiamo varcando confini invalicabili dopo il crollo del muro di Berlino e la globalizzazione, come ai tempi di Colombo. I flussi migratori sono epocali. Il presente non è mai una ripetizione di quanto accaduto ma oggi, come ieri, l’umanità è chiamata a reinventarsi, a promuovere virtù e conoscenza per tutti, a promuovere un progresso finalmente sostenibile.
Economia e cultura possono entrare in un secondo Rinascimento ma occorre andare oltre il capitalismo visto l’intreccio tra macchine, lavoro, proprietà e nuovo paradigma della condivisione. Non ci sarà però un secondo Rinascimento senza un nuovo umanesimo. L’economia civile può contribuire a dare una risposta.
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