Perché ‘800 e ‘900 sono stati i secoli della affermazione degli stati nazionali e oggi essi rischiano di scomparire? E’ solo per un diverso “sentire” la terra natia o c’è qualcosa di più profondo? Che cosa accomuna la Brexit, la Scozia e la Catalogna e gli stessi Usa? Perché l’indipendenza non la chiede la Galizia o la Basilicata o la Piccardia Francese?
Non c’è dubbio che qualcosa sia cambiato nella visione degli stati nazionali così come si sono venuti a creare durante i due secoli passati. Oggi assistiamo a spinte autonomiste più o meno accentuate fino ad arrivare a vere e proprie volontà di indipendenza come nel recente caso della Catalogna e non credo sia l’ultimo caso.
Siamo sempre stati dell’opinione che la politica rifletta la struttura economica e sociale di un determinato Paese con l’ovvia aggiunta delle peculiarità proprie di un popolo.
Quelli che noi chiamiamo “inglesi” per intendere tutti gli abitanti del Regno Unito, hanno sempre avuto e tifato pesantemente per quattro nazionali distinte: Inghilterra, Galles, Scozia e Nord Irlanda; ciò nonostante sono sempre stati dei fedeli sudditi di Sua Maestà per almeno tre secoli. Adesso sono voluti uscire dall’Europa, anche se ci facevano ottimi affari, e al proprio interno si riaccendono le spinte indipendentiste della Scozia e il conflitto Nord Irlandese cova sotto la cenere, pronto a riesplodere.
La Catalogna proclama la propria indipendenza solleticando a fare altrettanto il popolo dei Baschi. Dalle nostre parti la “Padania”, per nostra fortuna, è stata stoppata dall’inconsistenza del gruppo dirigente della Lega, che con spirito italico “teneva famiglia”, ma gente più seria avrebbe dato filo da torcere a Roma.
Spinte fortemente autonomiste sono presenti in Germania. Non c’è dubbio che gli ultimi anni del ‘900 hanno visto tramontare la società elettromeccanica e sorgere con virulenza quella informatica; la prima di stampo Keynesiano, la seconda tutta finanziaria. La manifattura nel vecchio e nuovo continente è andata arretrando vistosamente (in Italia circa il 20% del valore della produzione industriale) a vantaggio della finanza che ormai la fa da padrona, tanto che il denaro vale molto più del lavoro.
Mentre le società elettromeccaniche-Keynesiane erano per loro stessa natura “inclusive”, le società finanziarie sono invece “esclusive” nel senso che tendono ad escludere gli strati più bassi della popolazione o le aree più svantaggiate. Il “padrone del vapore” era in qualche modo obbligato a fare i conti con quello che allora si chiamava proletariato perché erano gli unici che potevano avvitare i bulloni nella sua fabbrica e quindi la società tendeva ad includere tutti i suoi membri. Per essere più espliciti negli anni ’50 il triangolo industriale del Nord aveva bisogno delle sacche di povertà del Veneto o del Sud.
Il finanziere non dura nemmeno la fatica di digitare sui tasti, egli muove i capitali (non suoi) con un algoritmo e lo fa il computer per lui, compra e vende azioni, piazza derivati (che altro non sono che scommesse) mentre gioca a golf su di un prato verde a Marrakech (che è vicino al Sahara). Semplicemente non ha bisogno di nessuno per guadagnare soldi con soldi non suoi ma che i pensionati risparmiatori gli hanno affidato creando così una alleanza molto stretta sia pure fortemente sbilanciata in favore del nostro giocatore di golf.
Da qui il fondamento dell’esclusione del povero, dell’immigrato e di quelle aree depresse che non riescono a inserirsi in questo contesto ma da cui traggono risorse in termini di spesa pubblica e che sono viste come dilapidatrici delle risorse nazionali.
La Galizia spagnola è una regione molto povera che certamente ha molti vantaggi a stare all’interno dello Stato unitario spagnolo; la Catalogna è la regione più ricca e non vuole più “pagare” i galiziani per il semplice motivo che non gli servono per fare quattrini appunto perché ormai li fanno con un sistema altamente finanziarizzato che non ha bisogno di altri e nel caso specifico con il turismo.
La Gran Bretagna vive di finanza dato che il settore manifatturiero fu liquidato dalla signora Thatcher e non tragga in inganno il voto contrario al referendum per la Brexit della City londinese, cioè degli addetti ai lavori, perché questi avevano capito benissimo che senza l’Europa alle spalle, in futuro avrebbero dovuto andare a lavorare davvero. Anche in questo caso hanno giocato in favore della Brexit elementi estranei come le reminiscenze del passato imperiale, ma che non mutano la sostanza di fondo.
La Scozia e l’Irlanda del Nord, tradizionalmente più arretrate rispetto al resto della Gran Bretagna, si sentono il parente povero di cui nessuno avverte il bisogno di invitarlo a pranzo neppure a Natale, per questo motivo in quelle terre ribollono gli spiriti indipendentisti che pure per tre secoli si erano sopiti. Ed è per lo stesso motivo che gli Scozzesi, una volta usciti dal Regno Unito vogliono entrare in Europa.
In Italia questi fremiti separatisti si ebbero negli anni ’90 del secolo scorso, ma politici accorti e il disastro del gruppo dirigente della Lega ha scongiurato il pericolo come sopra accennato. Ma quello che più ha pesato nel cambiare decisione è stata la crisi del 2011 quando sembrava che tutta l’Italia dovesse uscire dall’Europa sotto i colpi della speculazione finanziaria internazionale: indipendenza della Padania, ma poi che facciamo? Commerciamo con la Croazia e il Montenegro? Così ora si accontentano di rivendicare un po’ più di autonomia pur sapendo che non l’avranno mai.
Lo stesso fenomeno Trump rientra in questa logica anche se è stato sorretto da una middle class lavoratrice che ha visto decurtarsi il proprio reddito. “American First” vuol dire che gli Usa non hanno più bisogno dei paesi più poveri e subalterni perché è sufficiente Wall Street a governare il mondo.
A guardar bene esiste, eccome, il filo conduttore che lega i sommovimenti indipendentisti europei e il nuovo isolazionismo americano: è il filo della finanza che in questi anni è diventata una robusta corda.
Riguardando le manifestazioni provocate dal fallimento di Banca Etruria, dove stuoli di pensionati avevano perso i loro risparmi concessi al golfista di Marrakech, mi torna alla mente un passo del Principe del Machiavelli: “E’ più facile dimenticare la morte del padre che la perdita di un patrimonio”.
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