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La notizia che dal 1 febbraio 2016 l’esercito iracheno ha iniziato a costruire un muro e una trincea profonda due metri e larga tre tutt’intorno la città di Bagdad per prevenire possibili attentati dell’Isis, mi ha sinceramente colpito…

La notizia che dal 1 febbraio 2016 l’esercito iracheno ha iniziato a costruire un muro e una trincea profonda due metri e larga tre tutt’intorno la città di Bagdad per prevenire possibili attentati dell’Isis, mi ha sinceramente colpito. Aggiunta all’altra notizia che Netanyahu ha deciso di circondare Israele con un muro, oltre a quelli in Cisgiordania – che sarà completato – e sul confine del Sinai, al confine con la Giordania per difendere la località turistica di Eilat e alla ben più drammatica esperienza che fanno i ribelli siriani assediati nelle loro città che soffrono la fame fino a morirne, mi fa pensare a un ritorno al medio evo in cui le fortificazioni murarie chiudevano le città, conquistate con lunghi assedi che portavano allo sfinimento gli assediati.

«Quel che è stato sarà e ciò che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole» (Qo 1,9). Nell’epoca delle grandi tecnologie in cui un missile può colpire un bersaglio con la precisione di un metro, in cui la potenza di fuoco non ha limiti, in cui non sappiamo come difenderci dagli attentati di poche persone disposte a sacrificarsi pur di far sentire la loro voce, tornare agli antichi sistemi di difesa (mura) e di attacco (assedio) sembra paradossale, anche se chi le attua sembra avere ragione. Sembra, perché Israele ha visto mutare gli attacchi terroristici nella stagione degli attentati con i coltelli e il muro con la Cisgiordania non è servito a fermarli, in Siria la comunità internazionale sotto l’egida della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, riesce a far passare – pur a fatica – il cibo indispensabile ai civili assediati.

I mezzi del passato sembrano rassicurare anche se la loro efficacia, ieri come oggi, non sembra essere così grande, ma la psicologia umana ha bisogno di rassicurazioni. Infatti ci blindiamo in casa per prevenire i furti oggi in aumento a causa della crisi economica, ma forse non solo.

Sembra così incredibile che fare la pace nella giustizia nel grande gioco della storia, creare una società più giusta in cui tutti abbiano una vita dignitosa tramite un lavoro dignitoso, non dia nessuna sicurezza sulla capacità di una convivenza possibile.

Sembra più ragionevole continuare a difendere il proprio interesse personale, invece di creare una società giusta e in pace, di relazioni reciproche e di accoglienza. Certo nella seconda c’è più insicurezza, perché non sappiamo come l’altro si relazionerà con noi, ma è più una proiezione sull’altro del nostro inconscio di sopraffazione che ci ritorna addosso come paura dell’altro.

Dobbiamo avere il coraggio di guardare dentro di noi, ciò che alberga nel più profondo del nostro cuore, là dove in mezzo al tumulto del sentire il mondo si creano le vere scelte che guidano i nostri comportamenti apparentemente razionali, ma dettati dai bisogni più primordiali senza alcuna mediazione veramente riflessiva capace di valutare i pro e i contro delle nostre scelte. La fatica della ragione e della riflessione ci pare troppa, perché troppe sono le variabili in gioco che non riusciamo a tenere sotto controllo, ma da cui lasciamo fuori il fattore più importante: la fiducia nell’altro come persona capace di vita buona, che è allo stesso tempo fiducia in noi stessi come persone capaci di scelte che portano vita senza escludere nessuno.

Ce la potremo mai fare? Continuare a provarci ne vale la pena.

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