Far memoria di Achille Grandi, oggi, a 70 anni della sua morte, significa celebrare una stagione che appare irripetibile. La classe lavoratrice sembrava essere diventata il baricentro della storia: il soggetto del progresso materiale e spirituale, il futuro che stava arrivando radioso e ricco di promesse. E si pensava che col lavoro si potesse addirittura fondare una Repubblica. Una Repubblica fondata sul lavoro, cioè sull’uguaglianza, la libertà e perfino sulla fraternità di una classe sociale che sentiva un legame interno talmente forte da offrirsi a governare un Paese. Achille Grandi muore prima dell’esaurimento di quello straordinario slancio capace di generare la Costituzione italiana, prima di quel ‘miracolo economico’ che avrebbe emancipato la classe lavoratrice. La sua vita terrena si spegne durante l’alba della Repubblica, fondando le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (Acli). Un tentativo così ben riuscito da resistere alla sua morte prematura.
Una scommessa che neppure lui sa di aver vinto. Evidentemente non conosceva ancora… gli aclisti! Grandi vive gli ultimi anni della sua vita in un clima sociale che trasuda speranza e fiducia. A lui, in realtà, non era mai mancata, anche nei momenti più bui della sua biografia sociale e politica. L’idea radicata del bene comune la trasporterà anche sul terreno politico, convinto che l’impegno nelle istituzioni democratiche rappresenti la leva decisiva da muovere nell’interesse dei lavoratori. Era un operaio figlio di operai. Non si può non partire da questa origine per comprendere un percorso che lo porterà ad essere, attraverso esperienze sul campo in politica e nel sindacato, una delle figure più rappresentative della storia della Paese. Parlamentare del Regno e parlamentare della Repubblica, in realtà Achille Grandi – prima ancora che uomo delle istituzioni – è stato un uomo del popolo, un vero ‘popolare’.
Concorre alla fondazione del Partito Popolare e si oppone decisamente al fascismo, non votando a favore del primo governo Mussolini. Lavora e resiste. Studia e porta il suo contributo più significativo nella fase finale della vita: vicepresidente dell’Assemblea Costituente e fondatore di un’associazione di lavoratori cristiani. Forte della sua fede, vuole infatti mantenere una specificità cattolica e, anzi, vuole rafforzarla nella classe operaia del tempo. È questa immutata convinzione che lo porta, nel 1944, alla fondazione delle Acli, nate con il compito di curare la formazione religiosa, morale e sociale dei lavoratori e la preparazione dei quadri e dei militanti sindacali cattolici. La sua idea è quella di una Chiesa che costruisce ponti col mondo del lavoro, che cerca un rapporto più stretto attraverso le giuste parole e i buoni servizi.
Ma, soprattutto, quella di un mondo cattolico che va verso il grande movimento dei lavoratori per formare bravi sindacalisti cristiani capaci di operare per il bene comune. Far memoria di Achille Grandi, oggi, ci aiuta a ricordare che l’Italia è ricca di santi minori, cristiani capaci di stare nella storia senza aver paura del secolo, dei movimenti, delle ideologie.
Ci ricorda anche che sul lavoro e sulla persona che lavora si può addirittura fondare una Repubblica, come democrazia di tutti, e un’associazione di cristiani fedeli alla Chiesa, ai lavoratori e alla democrazia stessa. Oggi non si parla più di classe lavoratrice: sembra che essa non sia più il soggetto che guida le sorti della politica. Rimangono solo i lavoratori.
O forse i lavoratori soli, oggetto di politiche più o meno attive, alla ricerca – ancor prima di un posto nella storia – di un posto di lavoro. In uno scenario dominato dagli individualismi, spicca l’attualità dell’azione di Grandi con il suo costante riferimento al solidarismo cristiano, nella convinzione che anche i problemi apparentemente personali vanno affrontati in una visione comunitaria. Ancora oggi – o forse mai come oggi, il cardinale Bagnasco, presidente della Cei e pastore di una grande città operaia come Genova, è tornato a ricordarlo con vigore lunedì – il lavoro è il tema da mettere all’ordine del giorno del dibattito politico. Se abbiamo smarrito una morale, un’economia più umana e una politica concreta, è perché abbiamo perso il riferimento al lavoro. Non basterà ricordare oggi il ‘nostro’ Achille per far fronte a questo tradimento: ma è comunque un modo per ricordare quale sia la strada giusta.