Il lavoro dignitoso non è un concetto astratto né ideologico, ma l’obiettivo di un percorso concreto per garantire una vita buona alle persone. Deregolamentazione del mercato del lavoro, mancanza di occupazione e precarietà, disuguaglianza retributiva finiscono per essere i presupposti dell’assenza di un lavoro dignitoso, perché rendono gli uomini e le donne socialmente vulnerabili

Definizione
La dichiarazione universale dei diritti umani recita all’art. 23 che “Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto a eguale retribuzione per eguale lavoro. Ogni individuo che lavora ha diritto a una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana e integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi” .

Ma la distanza tra l’affermazione e la realtà appare a tratti abissale. Nel mondo, secondo le stime dell’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro), 12 milioni di persone sono costrette al lavoro forzato (che si avvicina alle forme di schiavitù); circa 200 milioni di minori lavorano a tempo pieno e non possono ricevere un’adeguata istruzione, tra loro 120 milioni compiono attività fortemente esposte a rischi per la salute; altre centinaia di milioni subiscono discriminazioni. Anche quando ci concentriamo sull’Italia constatiamo che il lavoro dignitoso non è per tutti: ce lo ricordano gli indicatori Istat sulla disoccupazione, un sintomo delle possibilità di sviluppo di lavoro nero o sommerso, che ha anche raggiunto tassi del 13% e in particolare su quella giovanile, arrivata in alcuni periodi a superare il 40%; sul lavoro irregolare stimato attorno al 12% della popolazione attiva; sui tassi di inattività che ruota attorno al 30% e che tra le donne si aggira oltre il 40%.

Il lavoro dignitoso non è un concetto astratto né ideologico, ma l’obiettivo di un percorso concreto per garantire una vita buona alle persone. Deregolamentazione del mercato del lavoro, mancanza di occupazione e precarietà, disuguaglianza retributiva finiscono per essere sono i presupposti dell’assenza di un lavoro dignitoso, perché rendono gli uomini e le donne socialmente vulnerabili (Prenome Borghi , 2004). Per comporre il quadro del lavoro dignitoso l’Ilo propone quattro pilastri essenziali: diritti sul lavoro, l’occupazione, la protezione, la protezione sociale. (Massimiani 2008, Faioli 2009)

Nel 1999 l’ILO ha proposto l’uso della formula decent work, lavoro dignitoso, per parlare del lavoro a livello internazionale, per il Nord e il Sud del mondo. Nel contesto europeo si preferisce usare la formula “buona occupazione”. C’è un problema d’indecenza del lavoro anche all’interno delle società occidentali. Il lavoro dignitoso si identifica in alcuni tratti essenziali:
essere dignitosamente retribuito in misura sufficiente al sostentamento di una persona in condizioni normali;
favorire la crescita piuttosto che il consumo delle capacità di una persona;
svolgersi in condizioni accettabili di ambiente, tempo e luogo;
apparire nel tempo, a chi lo svolge, ragionevolmente stabile (Gallino, 2001).

Lavoro dignitoso in Europa e in Italia
Il concetto di lavoro dignitoso ci porta a riflettere sulla qualità del lavoro e incide su dimensioni oggettive (come i ritmi lavorativi) e soggettive (come la soddisfazione professionale). Dall’Agenda di Lisbona in poi (2000) i percorsi tra Ilo e Unione europea, su questo obiettivo, si intrecciano. Nel 2005 il Parlamento europeo recepisce le istanze di sostenere la dimensione sociale della globalizzazione segnalando che la creazione di posti dignitosi è una priorità per l’Unione e per i singoli paesi. Gli indirizzi si dirigono verso la garanzia di diritti sindacali, protezione sociale e uguaglianza di genere. Il progetto europeo però allarga l’orizzonte verso lo sviluppo sostenibile, all’interno del quale si dovrebbe coniugare concorrenza economica e giustizia sociale. Ci sono due polarità: pari opportunità e sicurezza; qualità del lavoro e dei lavori.

Dopo l’allargamento dell’UE (2004), che ha portato a 27 gli Stati membri, la promozione e la creazione del lavoro dignitoso subisce una battuta di arresto: non tutti i paesi ratificano le convenzioni dell’Ilo su salute e sicurezza sul lavoro; protezione della maternità; sicurezza sociale in caso di mobilità; lavoratori migranti. A partire dallo squilibrio interno tra i Paesi membri per raggiungere un consenso verso il lavoro dignitoso si avvia un processo che porterà alla promozione della flexicurity.

Oggi dentro la strategia Europa 2020 non si riscontra un riferimento specifico alla “qualità dl del lavoro”, tuttavia si ricavano alcune indicazioni per creare lavoro buono, quando si tratta di sviluppo delle competenze, apprendimento continuo, conciliazione vita lavoro, innovazione e inclusione sociale.

In Italia Luciano Gallino e Michele La Rosa sono stati i pionieri negli studi su qualità del lavoro e sua dignità. I due sociologi hanno ampliato il significato del concetto, inizialmente dedicato alle condizioni ambientali del lavoro e alla remunerazione, alle dimensioni dei bisogni delle persone che lavorano e all’esperienza di vita lavorativa. Una recente ricerca Isfol (2014) indaga sullo stato della qualità del lavoro in Italia. Sono indicative le dimensioni considerate, che compongono una possibilità di misurare il lavoro dignitoso:
La dimensione ergonomica si riferisce ai bisogni minimi di benessere psicofisico del lavoratore:: qualità dell’ambiente di lavoro; qualità fisica dell’attività lavorativa; serenità psicologica e possibilità di strutturare il lavoro in modo da comprenderne lo scopo; disporre di una certa libertà di scelta riguardo all’esecuzione.
La dimensione della complessità si riferisce ai contenuti di creatività, di impegno nella soluzione di problemi e nel superamento di difficoltà, di formazione professionale e di crescita professionale e di accumulazione dell’esperienza nell’ambito del lavoro svolto.
La dimensione dell’autonomia si riferisce il bisogno di partecipare alla formulazione degli obiettivi del proprio lavoro: la possibilità di scegliere non soltanto tra diverse alternative prestabilite, ma anche alla possibilità di determinare autonomamente opzioni differenti per il raggiungimento di tali obiettivi.
La dimensione del controllo si riferisce al bisogno di controllare le condizioni generali del proprio lavoro, come ad esempio l’oggetto della produzione, la sua destinazione e l’organizzazione.
La dimensione economica si riferisce sia alla rilevazione dell’ammontare di reddito e della disuguaglianza economica, ma anche sulle prospettive per la soddisfazione dei bisogni presenti e futuri una determinata occupazione offre.

Lavoro dignitoso e il Magistero della Chiesa
Nel giubileo del 2000 Giovanni Paolo II invita le forze attive a formare una coalizione mondiale per il lavoro dignitoso. La formula che più si avvicina alla descrizione del concetto si trova nella Caritas in veritate (2009) di Benedetto XVI al numero 63, dove si spiega il significato di lavoro decente: “un lavoro che, in ogni società, sia l’espressione della dignità essenziale di ogni uomo e di ogni donna: un lavoro scelto liberamente, che associ efficacemente i lavoratori, uomini e donne, allo sviluppo della loro comunità; un lavoro che, in questo modo, permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; un lavoro che consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli, senza che questi siano costretti essi stessi a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa”.

Si possono recuperare qui alcuni elementi fondamentali che l’dottrina sociale ha elaborato: la centralità dell’uomo e la donna che lavorano, esplicitata nella Laborem Excersens (1981) dove si chiarisce che l’umo è la misura della dignità del lavoro, l’importanza di associarsi e di assistere e provvedere ai lavoratori che è sostenuta dalla Rerum Novarum (1891) in avanti, l’importanza del riposo e della festa perché le persone possano trovare se stesse, coltivare le loro relazioni, cercare la loro identità e vocazione (Compendio della Dottrina sociale della Chiesa).

Le Acli e il lavoro dignitoso
Le Acli, attente alle trasformazioni del mondo lavorativo, hanno partecipato attivamente al dibattito per stimolare una visione verso l’autentico progresso che integri attenzione alla persona, solidarietà e sostenibilità. L’elaborazione delle Acli sui temi del lavoro dignitoso si può individuare lungo diverse, e discusse, tappe dal Manifesto per la flessibilità sostenibile (2002), che ha cercato di circoscrivere gli effetti della flessibilità per non trasformarli in precarietà, all’Agenda del lavoro (2004) dove è stato rilanciato il concetto di lavoro dignitoso dell’ILO. Fino ad arrivare a Verso uno Statuto dei lavori (2009) nel quale si sosteneva che “la dignità dell’uomo, del lavoro e i suoi diritti possono essere rispettati, tutelati e promossi solo se si fa riferimento a visioni, atteggiamenti etici, scelte in sintonia con la verità integrale dell’uomo, della storia, della stessa esperienza del lavoro”.

Anche oggi, in molti documenti, si coglie che continua a rimanere essenziale sostenere e promuovere un nucleo di diritti universali che siano riconosciuti e siano esigibili, in modo che ogni lavoratore possa essere garantito e tutelato: si pensi alla maternità, al riposo, ma anche alla sicurezza e salute. Questi superano la distinzione di categorie, di settori produttivi o di contratti.

Bibliografia
Acli, Manifesto per la flessibilità sostenibile, Aesse, Roma 2002.
Acli, Verso uno statuto dei lavori, Roma 2009.
Borghi V. (a cura di), Vulnerabilità, inclusione sociale e lavoro, Franco Angeli, Milano, 2002.
Cappuccio S., Glokers. Viaggio nel mondo alla ricerca del lavoro dignitoso, Ediesse, Roma 2008.
Faioli M., Sul lavoro dignitoso: dalla modernizzazione del diritto del lavoro alla nozione di decency at work, in "Formazione & Lavoro", n. 3/2009.
Gallino L., "Le culture del lavoro e l’idea di lavoro decente", in Per una nuova cultura industriale, a cura di Provasi, C., Maccabelli, T., Laterza, Bari, 2001, pp. 99-116.
Isfol, Le dimensioni della Qualità del lavoro. I risultati della III ricerca Isfol sulla qualità del lavoro, www.isfol.it 2014.
Massimiani C., Flessicurezza e lavoro dignitoso in Europa: una convivenza possibile?, in Note e Commenti, 2008.
Papisca A., Articolo 23. Per un lavoro dignitoso, Università di Padova – Centro per i diritti umani 2009.

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