Le loro fonti principali sono la loro vita di monaci e dunque la regola di san Benedetto sotto cui "militano" (RB 58,10), la rivelazione biblica e la cultura occidentale, nonché la loro esperienza di formatori. Un mix originale che dà ottimi frutti.
La tesi di fondo è che per essere un buon leader, in qualunque campo, occorre sapere prima di tutto governare se stessi "per essere in grado di supportare e orientare gli altri, è essenziale innanzitutto imparare a farlo con se stessi. Ogni individuo, quindi, può diventare leader di se stesso se accetta di dedicarsi a un processo di crescita personale. Questo implica il rivolgersi verso il proprio interno e accettare di entrare in profondo contatto con se stessi, le proprie emozioni e motivazioni, alla ricerca di un equilibrio interiore" (p. 26).
"Il volume si misura, quindi, con definizioni di ‘spirituale’, ‘contemplativo’, ‘interiore’, ‘sviluppo’ che risulteranno a molti ridefinite. Ne emergerà una particolare visione dell’essere umano» espressa dall’idea di eccedenza (p. 11)
Gli autori vogliono superare l’idea smithiana di homo oeconomicus, in cui la spiritualità è stata relegata alla sfera privata, il mercato alla finanza e il sociale al cosiddetto terzo settore, e propongono di superare la crisi della politica che è anche e soprattutto crisi della leadership, "intesa come capacità di mettere in atto azioni e comportamenti in vista del raggiungimento di un obiettivo comune" (p. 12).
"Il profitto non può essere l’unico scopo dell’impresa. Non è un caso se i monasteri, con le loro relazioni sociali, abbiano dato vita in passato, a villaggi, città ed economia" (p. 12).
Rivisitando il motto benedettino ora et labora, gli autori sottolineano come l’importante sia l’et che congiunge lo spirituale con il lavoro.
Soprattutto "la sapienza dei Padri, i quali, quasi psicologi ante litteram, ben conoscevano il cuore umano, ci permette ancora, con ironia e misericordia, di rivolgere lo sguardo dentro di noi e di accogliere le nostre fragilità in chiave positiva, protèsi a un miglioramento che ciascuno sarebbe in grado di attuare con qualche accorgimento e un po’ di lavoro interiore, l’unico lavoro che sarà sempre e comunque un guadagno e per il quale il tempo non sarà mai perso. L’impresa di gestire se stessi non è mai in perdita!" (p. 14).
Benedetta Zorzi, che sviluppa la prima parte della proposta "I fondamenti spirituali della politica, leadership personale e gestione dei conflitti", parte dal presupposto, consapevole che può non essere condiviso, che ogni azione umana, compresa la politica – intesa come agire del singolo in ordine alla costruzione della vita di una comunità prendendo parte attivamente ad essa – "sia il risultato di un processo che inizia dalla nostra interiorità e ne porta le tracce" (p. 16), affermazione certamente non ordinaria nelle riflessioni sulla politica.
Più che ragionare sui sistemi sociali, la monaca, fedele alla propria idea di uomo, ritiene che siano gli uomini e le donne i veri protagonisti della loro vita, sia che se ne facciano carico con un lavoro interiore, sia che seguano l’onda del pensiero unico dominante della massimizzazione del profitto a qualunque costo.
"Si definisce allora ‘spirituale’ quel processo che investe tutto l’essere umano, impegnando tutta la persona a seguire la sua profonda natura, che è dinamica e storica, e la conduce quindi a una vera e propria metamorfosi, a una tras-formazione, tras-figurazione che al tradizione cristiana ha sempre identificato nella corrispettiva con-formazione a Cristo" (p. 24).
Affrontando i fondamenti, Benedetta Zorzi definisce la persona spirituale come colui che "diventa capace di carità, ovvero di una giusta relazione con sé e il prossimo" (p. 35). Passando per Platone, afferma che "la gestione delle emozioni risulta dunque fondamentale per l’etica" (p. 38) e che "per diventare un leader è individualmente necessario avere una grande fiducia in se stessi" (p. 39), suggerendo una pratica del conosci te stesso a partire dalla tradizione degli antichi ancora oggi più che valida, rivalutando il mondo affettivo ed emotivo che ha "un vero e proprio ‘diritto di cittadinanza’ nella vita spirituale cristiana" (p. 46).
Riprendendo una etimologia di Boezio, rivalutata da san Tommaso, persona deriva da per-sonare, quindi "la persona sarebbe qualcosa attraverso la quale passa e fa musica qualcos’altro" (p 48).
Secondo la monaca la vita spirituale "è l’interiorità divenuta fonte di relazione […] Quando una persona è spirituale, cioè in grado di gestire se stessa, allora ha propriamente potere» (pp. 52-53).
Benedetta Zorzi conclude la sua riflessione così: "La politica è chiamata a incarnare la spiritualità in concrete strutture comunitarie e in relazioni sociali. Politici che non coltivino in se stessi atteggiamenti di rispetto, di fraternità, di collaborazione per la ricerca del bene comune destineranno la società alla sterilità. […] C’è bisogno di persone in grado di intravvedere e di realizzare nuove qualità umane e comunitarie, nuove dimensioni relazionali, affinché nella storia di oggi e di domani si possa incarnare un nuovo sviluppo, forse ancora inedito, ma possibile, del regno di Dio. Una tale evoluzione è oggi affidata allo sviluppo delle personalità interiori, alla vita dello Spirito fatta sgorgare in noi. Ne va del futuro della specie umana, del mondo nella sua globalità» (pp. 67-68).
Natale Bresciani sviluppa uno sguardo spirituale sull’economia e il lavoro. Egli sviluppa una rilettura del lavoro nella regola di san Benedetto, nella Scrittura e nella dottrina sociale della chiesa. Il monaco è chiamato ad unificare tutti gli aspetti della sua vita: preghiera, lavoro e vita fraterna. E’ in questa unificazione che necessita di una profonda ricerca interiore per una vita contemplativa che costruisce il giardino affidato da Dio all’uomo.
Oramai si sta superando a fatica, il concetto di Prodotto interno lordo, definito da Robert Kennedy nel 1968, un indicatore che «misura tutte le cose tranne quelle per le quali vale la pena di vivere» (p. 84).
L’autore si propone di chiarire tre aspetti del pensiero economico attuale:
– non tutta la crescita è sviluppo
– il profitto è un mezzo, non il fine dell’agire economico
– abolire la distinzione tra profit e non-profit
Egli è convinto che ogni agire economico ha senso solo se persegue la sostenibilità economica, ambientale e sociale, insieme e senza gerarchie, ma in modo armonico.
Per questo propone alcuni termini della tradizione monastica come competenze importanti di un agire spirituale economico: il silenzio, l’ascolto, il guardarsi dall’accidia, l’allenamento (o ascesi), la discrezione (discernimento), il tempo orario e il tempo favorevole, l’attenzione, la pazienza-perseveranza, la ricerca della verità, l’obbedienza, l’umiltà come fondamento delle altre virtù, la competizione (stimolare le persone ad unirsi per porsi insieme le domande corrette).
"Ogni volta che desideriamo e vogliamo cose belle, buone, vere e riusciamo a metterle in pratica, già gustiamo un po’ di paradiso su questa terra, stiamo costruendo il nostro giardino. Essere persone o aziende di successo non significa allora diventare famosi o conquistare tutto il mercato, ma far succedere, far accadere ora qualcosa di bello, di buono e di vero" (p. 104).
Benedetta Selene Zorzi – Natale Brescianini, Politica ed economia. Uno sguardo spirituale, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi), 2014.
Citazioni
Il silenzio, in una carestia di significati, è il terreno umido sul quale possono attecchire e crescre parole vive e vere". (p. 93)
"Solitamente l’aggettivo taciturno definisce una perosna che parla poco. Ma si può parlare poco perchè non si ha alcunchè da dire o perchè si teme di parlare. Nel senso vero e profondo, però, si è poco loquaci perchè si riconosce la preziosità della parola che, come tutti i tesori, non va sprecata, ma centellinata, custodita, preservata". (p. 93)
"In un cammino spirituale acquista un particolare rilievo la discrezione, cioè la capacità di avere la giusta misura verso se stessi e verso gli altri. Essa nasce da una grande umiltà, cioè dalla capacità di stare con i piedi per terra (humus) e di riconoscersi come semplici creature. La discrezione si alimenta con l’obbedienza (ob-audire), cioè con la capacità di ascoltare in profondità se stessi e gli altri, e quindi di agire secondo quanto abbiamo ascoltato". (p. 97)