Da Polibio a Machiavelli, da Dante a Schiller, tutti si sono chiesti com’è che gli eventi prendono una certa piega e deviano i destini di singoli uomini e di interi popoli. I grandi leader hanno conquistato il potere perché hanno saputo tradurre in fatti un disegno definito (o divino?) o gli eventi hanno avuto incrociato le traiettorie di destini che hanno disegnato schemi, diviso appartenenze, creato geometrie di potere? È un dilemma a cui neppure il buon Wight, ovviamente, risponde. Però rimane evidente che nelle grandi scelte (o forse anche nelle piccole) è assai significativo il ruolo di ciò che non è intenzionale, non voluto: eppure capitato. Per i più religiosi potrebbe addirittura trattarsi degli esiti di una volontà divina che si manifesta con fatti ovvero con non fatti: il ruolo di ciò che non capita può confermare un destino, leggere una vocazione scritta con linguaggio stellare. Chi lo sa leggere, procede con la sicurezza del sonnambulo sul cammino evidentemente visibile a pochi, perché non è a occhio nudo.
C’è spazio anche per rileggere l’opportunità, che può sfociare nell’opportunismo (l’autore traccia anche una – forse lieve, ma non banale – differenza tra l’opportunismo dei mezzi e quello dei fini), di chi sa cogliere l’onda e di chi invece sa addirittura creare l’onda su cui surfare.
Che dire? In tempi in cui la politica viaggia “a vista” e i grandi disegni lasciano spazio a strategie di breve respiro, vien voglia di sperare che – nonostante questo – ci possa essere una forza vitale che sgorga dalle sorgenti più profonde, che si coglie nelle increspature delle acque, nella forza delle onde e che invita gli uomini politici più esperti (o più fortunati?) a compiere un tragitto incalcolabile. Certo è dura da accettare: perché è per noi più rassicurante credere alla libertà, più che alla necessità. È più avvincente credere che la determinante in politica sia ancora la maggioranza, la creazione del consenso che, in una democrazia, dovrebbe corrispondere alla forza della provvidenza. Se non abbiamo sbagliato “fedeltà”, quella democratica è dialogante e “interna”.
Certo, poi rimane il fatto che a scuotere un’organizzazione è sempre un fatto esterno, un’incalcolabilità, un’imprevedibilità, perfino un’ironia.
Appunto…
Martin Wight (a cura di Michele Chiaruzzi) Fortuna e ironia in politica, Rubbettino, Soveria Mannelli 2014.
Citazioni
“La parola fortuna descrive l’esperienza più antica e fondamentale della politica: la consapevolezza dell’uomo politico che persone ed eventi sono recalcitranti alla guida risoluta; che il risultato dell’azione politica mai coincide con l’intenzione; che mai si può avere il controllo di tutto il materiale rilevante.
“Nessuno può fermare il destino e soprattutto nessuno può spezzare la nostra incrollabile volontà” (cit. Mussolini)
“Una differenza tra l’arte di governo di Bismark e quella di Cavour è che Bismark modella le proprie opportunità, mentre Cavour attende le sue, adattandosi istantaneamente ad una nuova fase della situazione e restando pronto a seguire qualsiasi linea d’azione tra quelle che promettono il successo maggiore”.