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La crisi globale è dovuta al fatto che non esercitiamo a sufficienza la resilienza per quattro motivi principali: la sazietà dovuta al benessere, l’homo consumens che è privo di volontà e incapace di attenzione, l’epoca senza impegno perché quello che conta sono i geni e non l’impegno, l’erosione del reale dovuta in particolare alla TV e ai social media.

Pietro Trabucchi, psicologo e sociologo, in questo libro affronta un problema significativo della nostra società occidentale attuale: il venir meno della «forza d’animo», della capacità di resistere alla fatica, della capacità di differire la soddisfazione e sopportarne il peso emotivo. E’ un esperto di resilienza, la capacità di andare avanti senza arrendersi, nonostante le difficoltà.

Trabucchi parte da lontano: due milioni di anni fa gli ominidi nostri progenitori hanno dovuto adattarsi a un cambiamento climatico e passare da raccoglitori di cibo a cacciatori. Il passaggio non è stato indolore e ha di fatto sviluppato la capacità di seguire prede più veloci per un lungo tempo, ore e giorni, così da prenderle alla fine per sfinimento. Solo molto tempo dopo sono arrivate le lance e le frecce che hanno facilito la caccia. Nel frattempo si è sviluppata la resilienza, la capacità di continuare la caccia nonostante non si vedesse più la preda, seguendone solo le tracce e accettando la fatica di correre nella savana per giorni, sapendo che alla fine si avrebbe avuto successo.

Questa storia che ci appare oggi quasi incredibile, ha forgiato il nostro corpo e il nostro cervello, che si sono sviluppati proprio per fare fronte a queste situazioni.
La crisi globale, questa interessa l’autore, è dovuta al fatto che non esercitiamo a sufficienza la resilienza per quattro motivi principali, a cui dedica un capitolo specifico: la sazietà dovuta al benessere, l’homo consumens che è privo di volontà e incapace di attenzione, l’epoca senza impegno perché quello che conta sono i geni e non l’impegno, l’erosione del reale dovuta in particolare alla TV e ai social media.

L’ultimo capitolo è dedicato a come esercitare con l’allenamento quotidiano la resilienza, per fare fronte a ciò che nessuno può fare al nostro posto: prenderci cura della nostra vita e migliorare così il mondo dove viviamo, diventare sufficientemente autonomi e critici nei confronti del mercato e dell’ideologia consumistica.

Uomo di esperienza personale nelle corse estreme, riversa questa sua sapienza nella vita quotidiana e vuole aiutare chiunque lo desideri a sopravvivere alla crisi – in fondo morale – che stiamo vivendo e da cui non usciremo nemmeno presto, se vogliamo rimanere con i piedi per terra, ancorati al reale e non facendoci suggestionare dalla suadente vulgata dei mezzi di comunicazione.

Non entro nel merito delle interessanti analisi e delle possibili soluzioni che l’autore prospetta. Non voglio privarvi della resilienza necessaria per affrontare la lettura di un libro per molti versi piacevole, ma anche ostico e duro, perché mette a nudo proprio ciò che non vorremmo sentirci mai dire e che ci invita a una maggiore responsabilità, prima di tutto verso noi stessi e quindi verso il mondo che abitiamo.

In fondo la sapienza che Trabucchi ci presenta è aggiornata alla società post-moderna occidentale, ma per molti versi è antica come il mondo. In questo sta la piacevole sorpresa che viene da un mondo – quello sportivo – che ci affascina per i suoi campioni cui tutto sembra facile, ma che necessita di almeno 10.000 ore di esercizio intenzionale per sviluppare quegli automatismi che tanto ci affascinano, frutto di predisposizioni ma soprattutto di resilienza nell’allenamento quotidiano.

Pietro Trabucchi, Tecniche di resistenza interiore. Come sopravvivere alla crisi della nostra società, Mondadori, Milano 2014.

Citazioni

"Per quanto sia vasta l’oscurità, dobbiamo procurarci da soli la nostra luce". (Stanley Kubrik)

"Nella nostra società si registra oggi un evidente e progressivo indebolimento delle forze mentali e motivazionali degli individui […] La mia tesi è che la responsabilità della catastrofe psicologica (e, mi verrebbe da dire, anche morale) che stiamo vivendo oggi sia dovuta proprio a una serie fattori culturali. Questi fattori indeboliscono le risorse mentali che sono state fondamentali nella nostra evoluzione come specie. La più importante di queste risorse è nota con il nome di «resilienza»".

"Inseguendo il piacere di sentirsi capaci, gli ultramaratoneti e tutti gli altri epigoni della sfida con se stessi – esploratori, alpinisti, imprenditori, scienziati, artisti – hanno insegnato al proprio cervello a riempirsi da solo di dopamina. La dopamina, a sua volta, attiva le aree prefrontali, che aiutano le persone a tenere duro, a rimanere concentrati sull’obiettivo, a non sentire la sofferenza. E, poiché costoro finiscono per sentirsi bravi in tutto questo, in un perfetto circolo virtuoso, sono sempre più motivati ad allenare la loro resilienza. La caccia persistente – intesa come arte di imparare a inseguire un obiettivo nonostante ostacoli e difficoltà – non è solo una nozione antropologica: è il paradigma dell’esistenza umana".

"Che occasione unica per reinventare il mondo. Grazie, crisi". (Jaques Séguéla)

"Anno dopo anno, impari a spostare la sofferenza. Quello che è un anno è sofferenza, l’anno dopo è solo fatica. Hai maturato fisicamente ma soprattutto psicologicamente la capacità di accettare il disagio". (Roberto Guidoni)

"La televisione è un farmaco per sospendere l’azione del cervello. Lo si usa, anche coscientemente, per sfuggire ai problemi. Una specie di Valium". (Hans Magnus Enzensberger, Il mago dei numeri)

"I nostri pensieri e le nostre credenze sulla realtà non coincidono mai del tutto con gli eventi reali. Esiste sempre un margine di errore, un certo livello di distorsione. Quando l’errore diventa sistematico e notevoli la dimensioni della distorsione, ci troviamo in presenza di quelle che, in termini tecnici, vengono definite «deformazioni della valutazione cognitiva». Io preferisco chiamarli «auto-sabotatori», cioè modi di farsi del male da soli, […] sono infatti alla base di tutti quegli atteggiamenti che minano la resilienza individuale".

"Charlotte Joko Beck ha scritto che «momento per momento siamo chiamati a decidere tra il mondo meraviglioso dentro la nostra testa e la realtà». Trovo questa frase assolutamente vera. L’unica cosa su cui non sono d’accordo è che il mondo dentro la nostra testa sia sempre meraviglioso […] Non c’è alcun dubbio che il groviglio di pensieri nella nostra scatola cranica eserciti una forza attrattiva enorme su ciascuno di noi: una forza tale da trascinarci in continuazione lontano da quello che accade nel presente".

"Quando frequentavo le scuole medie ero quello che si definisce «un asino», ovvero un lazzarone […] Ora, a tanti anni di distanza, i miei dubbi sono diventate certezze suffragate da una serie di evidenze scientifiche: l’attività fisica non solo non danneggia od ostacola l’attività cerebrale, ma al contrario produce degli effetti positivi sul cervello. Non solo in termini di neuroplasticità, ma anche di miglioramento nelle funzioni cognitive e nell’apprendimento".

"E’ amaro constatare che, culturalmente, siamo poco propensi a coltivare la forma più potente di motivazione (quindi anche quella più resiliente) a cui abbiamo accesso: l’automotivazione o motivazione intrinseca".

"Nella nostra società è presente una forte pressone culturale volta a far sentire la persone deboli, fragili, incapaci di fronteggiare le normali difficoltà che la vita presenta. In realtà noi siamo progettati per resistere allo stress e per affrontare qualsiasi disagio". 

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