Partendo proprio da queste premesse, la ricerca – attraverso una serie di approfonditi saggi – ha indagato vari temi, sviscerandoli e analizzandoli. In essa si è affrontata la questione dell’identità e delle competenze; le condizioni di lavoro e le aspettative delle lavoratrici e dei lavoratori impiegati nel lavoro di cura. Ma soprattutto l’indagine, come riporta bene il titolo dell’opera, ha voluto mettere in luce chi sono, cosa fanno e come vivono le persone impiegate in questo settore, ovvero le "migliaia" di badanti che lavorano nelle case italiane. Una vera e propria disamina ai raggi X, di cui sono stati forniti dati molto puntuali, rivelatori di una realtà assai sfaccettata, destinata a crescere ulteriormente nei prossimi anni.
Attraverso questa ricerca le Acli Colf, che vantano un lungo impegno per la difesa e la promozione delle lavoratrici e dei lavoratori domestici, si sono domandate cosa significhi oggi "lavoro dignitoso", alla luce della profonda crisi economica. Per farlo, sono stati esaminati i dati della ricerca e le numerose testimonianze raccolte, dalle quali è risultato una realtà lavorativa con punti forza, ma anche di debolezza.
E’ emersa, infatti, in maniera nitida, l’importanza del lavoro domestico e di cura da parte di lavoratrici e lavoratori, il cui apporto positivo ha trovato la propria conferma soprattutto negli aspetti relazionali e in quelli umani che questo settore è chiamato a presidiare. Supplendo alle carenze del welfare italiano e rappresentando di fatto un valido sostegno alle famiglie che a loro si affidano.
Se da un lato tale aspetto consente di cogliere l’essenzialità di questa categoria di lavoratori, dall’altra emerge, di contro, come la delega della cura possa talvolta diventare totale, trasformando l’assistente familiare in colui al quale è chiesto di intervenire su tutto lo spettro dei bisogni, anche infermieristici, della persona assistita. Con una evidente incidenza negativa sullo stato psico-fisico delle lavoratrici (la maggioranza sono donne), i cui diritti sovente vengono calpestati.
In questo senso lo studio ha fatto affiorare le molte criticità che affliggono il lavoro di cura, dal cui mancato riconoscimento sociale derivano non pochi fattori negativi. Basti pensare all’aumento del “nero”: tante famiglie, infatti, preferiscono non formalizzare la posizione lavorativa, o farlo solo in parte. E’ la cosiddetta esperienza del lavoro "grigio", che talvolta trova il consenso delle stesse lavoratrici. O ancora, la difficile affermazione dei diritti contrattuali, così come la svalutazione del lavoro eseguito dalle badanti, chiamate a svolgere un numero sempre maggiore di mansioni senza alcun aumento salariale.
Nonostante queste difficoltà, però, la ricerca ha pure rimarcato l’accresciuta attenzione internazionale, in termini di interventi ed iniziative, nei confronti del lavoro domestico e di cura: ne è segno tangibile la Convenzione 189 e la Raccomandazione 201 dell’ILO, ratificata da molti paesi tra cui l’Italia, che promuove un lavoro domestico dignitoso per tutti e l’uguaglianza di trattamento dei lavoratori domestici e di cura rispetto a quelli impiegati in altri settori.
La ricchezza e la completezza delle informazioni raccolte in questa indagine sono state il frutto di un lungo lavoro diviso in due parti. Una preparatoria, attraverso 9 focus group con le lavoratrici e i lavoratori del settore che hanno permesso di isolare le questioni più importanti e di costruire il questionario dell’indagine. La seconda dedicata alla rilevazione, ha utilizzato un questionario, sottoposto a 867 badanti residenti in 177 comuni, grazie alla collaborazione di 30 sedi Acli Colf e Patronato Acli.
Giova infine ricordare che con questa ricerca le Acli Colf, in coerenza a quanto previsto dalla Convezione 189, hanno voluto ribadire la necessità di una parità di trattamento tra lavoratrici e lavoratori domestici e lavoratori dipendenti di altri settori. Da qui la richiesta di un maggior impegno per garantire la tutela della malattia e della maternità, per modificare il sistema contributivo e per prevedere la formazione e il riconoscimento della figura professionale con il fine ultimo di tutelare e meglio valorizzare chi svolge il lavoro di badante.
Raffaella Maioni e Gianfranco Zucca (a cura), Viaggio nel lavoro di cura. Chi sono, cosa fanno e come vivono le badanti che lavorano nelle famiglie italiane, Ediesse, Roma 2016.
Citazioni
“Solo riconoscendo la centralità della persona è possibile costruire un’etica della responsabilità e della fraternità, che valorizzi ogni persona in quanto tale, attribuendole spessore e profondità. Del resto, il tema dell’accoglienza è a fondamento della nostra stessa esperienza associativa” (Roberto Rossini, p. 11).
“Il lavoro è una delle risorse più importanti che abbiamo come persone e famiglie, eppure resta ancora un lavoro poco riconosciuto sul piano della sua dignità, del suo valore e della sua qualificazione” (Livia Turco, p. 16).
“Nonostante infatti i miglioramenti degli strumenti di tutela a livello internazionale e nazionale, quello di cui parliamo rimane un lavoro che presenta alcune specificità dal punto di vista normativo e contrattuale, come il mancato riconoscimento della malattia e la tutela parziale della maternità” (Raffaella Maioni, p. 23).
“C’è una generazione di badanti che si trova ad un bivio. Una parte consistente delle 867 lavoratrici intervistate si trova in una precisa fase della biografia: è in Italia da alcuni anni, lavora come badante da tempo, comincia a sentire il peso degli anni e della distanza da casa, si trova infine ad affrontare, così come le famiglie per le quali lavora, una crisi economica e sociale che ha intaccato le certezze e sta modificando i progetti di vita” (Gianfranzo Zucca, p. 65).
“In un certo senso si saldano due fragilità: da un lato quella di soggetti bisognosi di cure, dall’altra quelle delle migranti, disposte, e spesso costrette, a non rivendicare i propri diritti pur di lavorare” (Claudia Alemani, p.87).
“Nell’arco dell’ultimo decennio sono stati fatti enormi passi avanti, a livello internazionale, nel riconoscimento dei diritti delle lavoratrici domestiche, assistenti familiari e tutte/i coloro che sono impiegati privatamente per svolgere mansioni di cura e di pulizia all’interno di un ambito domestico e familiare” (Sabrina Marchetti, p. 101).
“(vi è) …la necessità di adottare politiche di prevenzione volte alla riduzione dei rischi per la salute e la sicurezza delle lavoratrici impiegate come assistenti familiari” (Francesca Alice Vianello, p. 144).
“Il lavoro domestico di cura, approssimativamente tipizzato attraverso i descrittori del Quadro europeo, sembrerebbe profilarsi come un ambito di lavoro tecnico-operativo rispetto al quale emerge un esercizio professionale di media complessità, fondato su un processo decisionale spesso anche completamente autonomo e che richiede l’apporto di alternative d’azione, anche elaborate in modo originale non collaudate e predefinite” (Olga Turrini, p. 174).
“Ciononostante, negli ultimi decenni si è verificata non solo una consistente e, agli occhi di molti, inaspettata espansione del lavoro domestico e di cura, ma anche una tendenza alla professionalizzazione delle lavoratrici e lavoratori del settore, in particolare per quanto riguarda la cura della persona: il lavoro di badante si va consolidando e strutturando; da soluzione emergenziale pare assumere un profilo più stabile, (contraddittoriamente) riconosciuto sia dalla società italiana nel suo complesso sia dalle/dai dirette/i interessate/i. Se questo è avvenuto, è stato però soprattutto grazie all’arrivo di immigrate e immigrati, molte e molti dei quali dotati di una buona formazione acquisita nel paese d’origine e/o interessati a migliorare le proprie competenze in Italia” (Raffaella Sarti, p. 228).
“Da una prospettiva basata sui diritti, la cura è una dimensione chiave dello sviluppo umano perché dà risposta ai bisogni più urgenti e quotidiani della persona in diverse tappe della sua vita. In questo senso va ben oltre il sopperire ai bisogni materiali come la pulizia, l’approvvigionamento, l’assistenza fisica, ma soddisfa anche una miriade di bisogni emozionali come il riconoscimento della persona assistita in quanto soggetto vitale ed attivo, la compagnia, l’ascolto e il sostegno psicologico nei momenti di vita quotidiana” (Maria Gallotti, p. 232).
“Oggi – come ieri – si può ancora affermare che la formazione ha un ruolo fondamentale sia per il tipo di lavoro che per il luogo in cui viene svolto” (Pina Brustolin, p. 240).
“Ritengo che nel nostro lavoro come lavoratrici familiari dobbiamo essere attente prima di accettare le offerte di lavoro per non cadere in inganno. Ma nello stesso tempo dobbiamo essere oneste e fare ciò che è giusto per vivere una vita cristiana” (Elisabeth Lopez, p. 244).
“Nel corso degli ultimi anni, possiamo sottolineare come il legislatore, probabilmente accortosi della rilevanza anche economica che ha assunto il lavoro domestico e di cura, ha seppur a spot, abbandonato la logica sottrattiva con cui lo trattava, dimenticandosi di escludere esplicitamente il lavoro domestico dalle novelle legislative che hanno in qualche modo riguardato il mondo del lavoro” (Federica Suardi, p. 254).
“Evidentemente il lavoro di cura rimane uno dei pochi settori rifugio per gli espulsi dal mercato del lavoro, per chi ha la necessità di arrotondare le proprie scarse entrate, ma soprattutto è lo specchio della guerra tra poveri che silenziosamente si consuma nel nostro paese” (Marco Calvetto, p. 258).
“Serve una rete di interventi che si sostengano in modo circolare: sportelli per l’incontro domanda/offerta, formazione, sostegni contrattuali e relazionali al rapporto badante/famiglia, registri delle assistenti qualificate, lavoro somministrato e condiviso, sostegni economici. Azioni isolate portano a poco o nulla (Pasquinelli/Rusmini, p. 267).
“Analizzare l’impatto delle migrazioni femminili non solo sul contesto familiare ma anche sul più ampio regime della cura porta a comprendere come le trasformazioni in corso non riguardino solo l’aspetto privato ed emotivo dei singoli, ma anche la dimensione sociale e pubblica della cura. Quella su cui le politiche hanno maggior potere d’intervento” (Flavia Piperno, p. 271).
“Nel nostro Pese vi sono forti ritardi nel prendere coscienza del ruolo fondamentale di chi si prende cura in ambito familiare. Un ruolo insostituibile e di incommensurabile valore per la persona assistita, ma anche per il contesto familiare e sociale” (Loredana Ligabue, pag. 273).