I due autori presentano nel primo capitolo un breve riassunto di quanto già illustrato in pubblicazioni precedenti (in particolare i due volumi di Magatti: Libertà immaginaria e La grande contrazione) sullo spirito del capitalismo tecno-nichilista e sul suo fallimento che ha generato l’attuale crisi economica, sociale e di senso. Privilegiando la tecnica e il consumo, il capitalismo tecno-nichilista ha slegato l’individuo dal suo essere in relazione con ciò che lo circonda, illudendolo di non avere limiti nel realizzare il suo desiderio, ridotto alla sfera del consumo.
Il secondo capitolo censisce i primi segnali di un cambiamento in atto, presentando la possibilità di un nuovo paradigma dello spirito capitalista. Il valore non è più individuale ma contestuale, quindi relazionale, aggiungendo un nuovo gradino alla scala di maturità umana di Erickson: non più l’autorealizzazione, ma la realizzazione di sé contestuale all’ambiente in cui si vive. Questo non perché Erickson si sia sbagliato, ma perché la storia dell’uomo è andata avanti, con la sperimentazione – soprattutto nella società occidentale – tesa a realizzare la libertà in un ambiente libero. Di fatto siamo stati in presenza di una crisi adolescenziale che comporta ora una presa di coscienza, e conseguente un agire, di un atteggiamento più adulto e responsabile, consapevole dei limiti e della possibilità di utilizzarli come risorsa, più che illusoriamente di non considerarli.
Il terzo capitolo presenta quattro vie per il futuro: la nuova ecologia politica, la società conviviale, l’economia della contribuzione, l’azione generativa, di cui Magatti è uno dei promotori (www.generativita.it). Per ognuna di queste vie vengono presentati gli autori che l’hanno proposta, lo specifico di ogni via, i possibili limiti, ciò che le accomuna: la concezione dell’uomo come essere relazionale che vive in un ambiente, che si deve prendere cura dell’altro e dell’ambiente per preservare per il presente e il futuro la possibilità di vita non solo per sé (illusione tecno-nichilista) ma per tutti. Percorrendo queste vie si può riconnettere economia e società, separate dal capitalismo tecnico-nichilista.
Le conclusioni riprendono la metafora del mare e della liquidità – ripresa da Baumann – per proporre il ritorno della politica come “fare emergere terra umana nel mare della tecnica”. E’ una proposta che comunque richiede l’esercizio della libertà di molte persone nella direzione individuata come utile per uscire dalla crisi e produrre un nuovo senso per il capitalismo in crisi di valore. Si configura quindi come una richiesta di alleanza per chi vuole dare una svolta alla crisi.
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Mauro Magatti – Laura Gherardi, Una nuova prosperità. Quattro vie per una crescita integrale, Feltrinelli, Milano 2014.
Citazioni
"In economie aperte, occorre stabilizzare il valore nello spazio e nel tempo in modo da poterlo riprodurre e creare così i termini di uno scambio, di una relazione. Per questa ragione, la teoria e la pratica del valore, oggi, si reggono sulla capacità di addensamento e di attivazione, di apertura e di chiusura. E per questo la terra non può più pensarsi come separazione, ma solo come relazione. Qualsiasi terra, infatti, persa l’autosufficienza, si costituisce in rapporto al mare della tecnica, da un lato, e ad altre terre emerse, dall’altro. In un mondo in cui le risorse tornano ad essere scarse e la competizione si fa più serrata, occorre allinearsi non per chiudersi, ma per aprirsi e per avere qualcosa da offrire al mondo, oltre che per attrarre ciò che circola a livello planetario (intelligenze, capitali, persone)".
"La terra va ripensata in rapporto all’idea di confine, che “è la ‘linea’ lungo la quale due confini si toccano: cum-finis. Il confine distingue, accomunando; stabilisce una distinzione, determinando una ad-finitas. Fissato il finis ‘inesorabilmente’ si determina un ‘contatto’. Il confine, in questo senso, non può mai essere soltanto limes, frontiera rigida, ma è sempre anche limen, cioè soglia, contatto".
"Nessun confine può, quindi, pretendere di eliminare “l’altro”, di escluderlo, poiché lo implica. Ciò è particolarmente vero al tempo della “seconda globalizzazione” in cui tutto è costitutivamente aperto e in continuo movimento e in cui per stare al mondo (cioè emergere dai processi del amre tecnico) occorre chiudere quel tanto che è necessario per essere veramente aperti".
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