Il libro esplora i principali ingredienti della pratica sportiva: fatica, impegno, coraggio, agonismo, amicizia, lealtà, sfida personale; ma anche imbroglio, doping, egoismo, narcisismo. Obiettivo: auitare tutti a vivere lo sport come esperienza educante e significativa della propria esistenza

Questo libro esplora i principali ingredienti della pratica sportiva: fatica, impegno, coraggio, agonismo, amicizia, lealtà, sfida personale; ma anche imbroglio, doping, egoismo, narcisismo. Come un equilibrista, sempre esposto al rischio della caduta, l’atleta deve infatti dimostrarsi capace di contemperare i molti valori che rendono gustosa la pratica sportiva, senza lasciarsi tentare da ricette troppo semplici.

Seguendo l’immagine del funambolo impegnato a camminare sul filo, la prima parte del libro prova a indicare, in positivo, una visione equilibrata della pratica sportiva; la seconda parte, invece, pone l’accento sui motivi di squilibrio dedicando una particolare attenzione alla questione del doping.

Le conclusioni provano a tirare le fila di un ragionamento comune, coniugando l’analisi critica dei mali che, attualmente, feriscono e umiliano il mondo dello sport, con proposte di terapie concrete ed efficaci. Chiaramente si tratta solo di un primo passo, nella consapevolezza che altri devono essere compiuti e che molte cadute devono ancora essere messe in conto prima di apprendere l’arte dell’equilibrista. Tuttavia, come dice il famoso adagio, vincitore non è colui che non cade mai, ma colui che trova sempre la forza di rialzarsi e il coraggio di riprovare.

Gli autori che si alternano all’interno di questa riflessione corale condividono la persuasione che lo sport possa rappresentare, ad un tempo, una buona pratica di vita e una metafora efficace per l’educazione alla vita buona. Una possibilità niente affatto scontata, che per realizzarsi richiede consapevolezza, volontà e dedizione. Insomma un libro che vale la pena leggere. Un libro per tutti e rivolto a tutti: ai professionisti, agli allenatori, a chi pratica lo sport a livello amatoriale, ai giovani che investono nella pratica sportiva il loro tempo cullando sogni di gloria e ai loro genitori.

Luca Grion (a cura), L’arte dell’equilibrista. La pratica sportiva come allenamento del corpo e formazione del carattere, Edizioni Meudon, Trieste 2015.

Citazioni

“Valorizzare il potenziale educativo della competizione, non significa accettare una cultura dello scarto, in base alla quale chi non raggiunge determinati standard – tanto in ambito sociale che sportivo – è relegato ai margini e considerato come un fallito” (Damiano Tommasi, p. 17).

“Le vitù – disposizioni abituali del carattere, rese tali dalla ripetizione e dalla pratica – non si improvvisano e richiedono tempo e pazienza per essere acquisite. Soprattutto necessitano di guide autorevoli e credibili che allenino quell’equilibrio che si è dimostrato essere l’abilità più complicata da conquistare nello sport come nella vita” (Luca Grion, p.45).

“La mia proposta è di leggere l’esperienza sportiva innanzitutto come una sfida, distinguendo quest’ultima dalla competizione. (…) Non c’è sfida senza un ingaggio dell’atleta a livello personale, senza una diretta presa di responsabilità” (Tommaso Reato, p. 49-50).

“La prima regola dell’agonismo non è vincere a tutti i costi, ma fare tutto ciò che è lecito per vincere, per migliorarsi attraverso un confronto con se stessi o con gli altri ed imparare ad accettare la sconfitta: insegnare a vincere e a perdere vuol dire prima di tutto insegnare ad accettare i propri limiti” (Marcella Bounous, p. 63).

“Il cuore dell’etica è custodito nella possibilità che la persona affronti la sfida del vivere in piena libertà e con la massima gratuità (p. 81) (…) Lo sport, dunque, porta con sé tali e tanti valori, tali e tante potenzialità che davvero può diventare un gioco, dove ciascuno può apprendere la conoscenza di sé e contemporaneamente può costruire l’incontro con l’altro” (Germano Bertin, p. 87).

“Lo sport non è mai un fatto ‘individuale’. Anche quando si corre, si pedala o si nuota in solitudine, dentro di noi c’è sempre l’altro con cui ci confrontiamo, che ci alita sul collo o ci precede o ci insegue di un passo, che dobbiamo prima imitare e poi superare. Lo sport è sempre un sistema di relazioni, confronti e regole” (p. 99).
(…) Lo sport può essere uno strumento di riscatto sociale (Franco Dal Campo, p. 103).

“Lo sport giovanile, per essere davvero un veicolo di valori e uno strumento di formazione, richiede un profondo ripensamento” (Alessandro Donati, p. 111)

“Il principio della dignità umana si applica anche nel potenziamento e nello sport e significa almeno rispetto del proprio corpo e di quello degli altri. Al doping è dunque immanente il rischio di violare tale rispetto, almeno con danneggiare la salute delle persone che ne fanno uso. Sul piano morale il ricorso al doping e ai potenziamenti corporei viola o può violare il criterio della lealtà e del fair play” (Vittorio Possenti, p. 175).

“Il doping non è più da considerarsi prettamente un fenomeno sportivo, ma è entrato a far parte della vita quotidiana ed è alla portata di tutti. (…) Un soluzione efficace per contrastare il fenomeno deve altresì favorire, all’interno della società il consolidarsi di una consapevolezza critica degli effetti e dei potenziali rischi per la salute, diffondendo fonti di informazione corrette…” (Massimo Baraldo, p.p. 210-211).

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