Gli autori – marito e moglie, segno di naturale generatività – partono dalla considerazione che non ci sono motivi per rimpiangere la modernità solida, perché il tempo che viviamo offre molte opportunità da cogliere. Certo bisogna stare attenti: il secolo ci presenta la bellezza di una potente ragione strumentale ma anche la l’impotenza del senso, da cui anche quel senso di impotenza che attanaglia quei soggetti che trovavano ragione di sé nel contesto di una libertà che andava ancora conquistata.
Ma oggi, nell’epoca della libertà ottenuta e vissuta come assenza o alleggerimento di ogni legame, come si rilegittima una missione? Cosa c’è da fare? Come scrivono gli autori, finché ci si doveva liberare il senso appariva chiaro: ma ora? Bisogna ri-trovare un significato. La strada non è il marketing ma è la capacità di esprimere le proprie capacità come strumento per la crescita e la piena espressione di altri, è la capacità di dare risposte originali agli eventi positivi o negativi nei quali ci si imbatte. In fondo “spetta a noi, in qualità di uomini e donne liberi, decidere quali valori far esistere”.
Il testo è molto denso, come avrete capito. Pertanto vi consigliamo di leggerlo con calma, intanto che noi ci limitiamo a dire due cose rapidissime. La prima è che la generatività è declinata in quattro verbi: desiderare (che non è godere), mettere al mondo (che non è solo un fatto di novità), prendersi cura (che non è assistenzialismo) e lasciar andare (che non è dimenticare). Se questi quattro verbi vi fanno venire alla mente un qualche processo che ha a che fare col parto, allora siete sulla strada giusta. Come per un figlio occorre desiderarlo, partorirlo, curarlo e poi… departorirlo, spezzare il cordone ombelicale (con una curiosa differenza tra il modo maschile e quello femminile). In tutto ciò, lo sguardo e la sua educazione contano molto: ma è un cammino di crescita. La generatività – precisano infatti (con grande sollievo nostro) gli autori, sulla scorta di un testo dell’amico Silvano Petrosino – è aggrovigliata con l’umana esperienza e non è qualcosa che riguarda il “puro”. Bene.
La seconda e ultima cosa che sottolineiamo riguarda la politica. Oltre ad una più volte ripetuta considerazione sul contesto (“Nessuna libertà è possibile a prescindere da ciò che ci circonda”) è molto interessante il tema del potere e della potenza. In tutti questi anni abbiamo cercato di addomesticare il potere attraverso la democrazia. Ora non è più così. Lo slittamento dal potere alla potenza (in permanente espansione) è la sfida su cui si deve misurare la libertà dei liberi. “Oggi – si legge – i nostri problemi, personali e sociali, non dipendono per lo più dalla costrizione determinata da poteri rigidi e chiusi, ma dagli effetti collaterali dell’espansione della potenza“. C’è chi chiede più potenza e chi la de-potenza (la decrescita): il rischio è la prepotenza, di chi pretende di intestarsi perfino la vita stessa. Come affrontare questa sfida? Creando valore condiviso: ri-legando gli attori, costruendo legami che non dissocino lo sviluppo dalla coesione sociale.
Gli autori offrono cinque linee di indirizzo per investire sul futuro. Esse hanno a che fare con la capacitazione personale (cfr. Sen e Nussbaum o almeno le parole-chiave del nostro sito web), con il web e lo spirito della collaborazione, con l’impresa, con la libertà religiosa (su questo, pagine davvero molto belle) e con i beni della comunità come laboratori di nuove forme istituzionali. Finalmente superata l’idea di una partecipazione fondata esclusivamente sull’astrazione delle idee, ecco una partecipazione dove il connubio tra il fare e il pensare permette di costruire, essere innovativi, riscoprire la propria vocazione.
Insomma leggetelo. Non si sa se sarà uno di quei libri destinati a segnare un inizio d’epoca, eppure presenta molti stimoli per dare un nome a ciò che vediamo (fatto molto umano) e per scorgere una strada da intraprendere. Si tratta di una strada nuova ma non scollegata alle precedenti, soprattutto alle più antiche. E si tratta di una strada non talmente insostenibile da essere illuminata a giorno anche di notte e in ogni suo centimetro, ma nemmeno così dark da scoraggiare le persone più normali.
Mauro Magatti e Chiara Giaccardi, Generativi di tutto il mondo unitevi! Manifesto per la società dei liberi, Feltrinelli, Milano, 2014.
Citazioni
“La generatività non ha rimpianti per la “modernità solida”.
“[…] tendiamo a sottovalutare il fatto che la libertà non si dà per se stessa, ma solo in relazione all’organizzazione della società. Abbagliati dall’emergere vittorioso dell’Io, ci dimentichiamo che la libertà è, per sua natura, relazionale: esiste e si esprime solo in rapporto ad altro e ad altri; e alle forme sociali e istituzionali che la contengono e, in qualche misura, la plasmano”.
“A un cittadino sempre più solo, assuefatto alla postura dell’incuria (“non tocca a me far fronte al bisogno, tocca alle istituzioni deputate”) e che si percepisce come atomo titolare di di diritti (illimitati) risponde un’istituzione pubblica che ha come unica preoccupazione l’efficientizzazione delle prestazioni”.
“[…] è solo “dando la vita” e “ponendo la propria anima” – con quell’azione deponente e transitiva che non rinuncia mai al fare ma non violenta la realtà – che la società dei liberi può diventare umana e vivibile”.