Non è tanto l’esistenza di disparità tra le varie fasce o classi della popolazione, ma la loro distanza a essere problematica e a mettere in crisi la democrazia che rischia di venire assorbita dal mercato.
L’autore inizia a descrivere da una parte le ragioni della crisi della socialdemocrazia che in sintesi risiedono: in una globalizzazione che relativizza il ruolo dello Stato Nazione nei suoi interventi per stimolare l’economia e nell’efficacia delle politiche sociali; nel dominio della finanza che è in grado di condizionare le scelte strategiche dei Paesi e così scaricare i suoi fallimenti sui cittadini; nella corrosione della base elettorale perché si è persa “l’interlocuzione con le forze di lavoro, soprattutto c’è una divisione generazionale tra lavoratori standard lavoratori atipici che scava un abisso nella difesa di interessi plurali”. Il risultato, spiega Crouch, porta le tradizionali politiche socialdemocratiche a giocare in difesa e a rincorrere il dibattito sul liberismo.
Dall’altra parte, il noto sociologo e politologo inglese, evidenzia i problemi del neo-liberismo che, mentre predica la teoria di un mercato libero e autonomo dalle interferenze degli attori sociali, si realizza tra mille imperfezioni che alimentano una “falsa concorrenza”: un esempio è l’outsourching dei servizi, dove gli utenti/cittadini non possono scegliere il prodotto migliore o il più conveniente, e il contratto stipulato tra amministrazione pubblica e impresa diventa la base di un circolo vizioso che alimenta gli oligopoli.
I punti deboli del neolibersimo si incontrano nella realtà, quando spunta l’alleanza di interessi specifici che condizionano il mercato, quando emergono le lobbies delle imprese che sfruttano il loro peso economico per influenzare i processi decisionali, quando istituti finanziari tendono a produrre bolle speculative incompatibili con libero mercato e con obiettivi di politica pubblica.
Crouch allora sostiene che c’è ancora spazio per la socialdemocrazia se essa diventa assertiva per intervenire nelle inadeguatezze del mercato, nell’esigenza di garantire informazioni complete agli attori, perché – come osserva il citato Stiglitz – l’agire razionale sul mercato suppone informazioni corrette ed equamente distribuite basate sulla realtà. E per intervenire sulle esternalità come la produzione di inquinamento o la tutela e garanzia dei beni comuni.
Arginare le disuguaglianze rimane il compito per partiti o movimenti che si ispirano a politiche socialdemocratiche. Due elementi rimangono validi e potenzialmente attrattivi per la ricerca di consenso tra i cittadini:
– Le società egualitarie possono consentire buoni risultati economici.
– Stimolare l’accesso al lavoro è un volano per l’economia. Se più gente lavora, più gente consuma o richiede servizi; il lavoro, inoltre, crea maggiore gettito fiscale.
Si tratta però di essere consapevoli della necessità di assumere prospettive più ampie che comprendono le esigenze delle donne e dell’ambiente, sperimentare quindi un linguaggio plurale che a queste sensibilità si possa rivolgere; si tratta di custodire, per “rimanere sani”, un atteggiamento critico verso i propri leader.
Sono molto interessanti i settori di intervento che vengono individuati per rendere il capitalismo sopportabile da una società:
– Proteggere lo spazio delle piccole e medie imprese e sostenere forme mutualistiche per garantire una pluralità del mercato.
– Regolamentare il rapporto tra politica e lobby fissando i limiti dell’azione ed esplicitando il ruolo dei gruppi di pressione.
– Razionalizzare la privatizzazione dei servizi pubblici, affinché siano i cittadini a trarne vantaggio e riconoscendo che non ha senso privatizzare tutto. Sono possibili azioni differenti: assunzione di dirigenti efficienti, emissione di obbligazioni, aprire la concorrenza tra diverse unità pubbliche che erogano simili servizi.
– Stabilire un nesso tra la fiscalità e la spesa pubblica dove emergano chiaramente l’efficacia, l’efficienza e l’affidabilità dei servizi erogati.
– Considerare il welfare un investimento sociale attraverso politiche per la famiglia, compensazione del reddito, ruolo di mediazione con il mercato.
– Cercare una governance e una regolamentazione attraverso politiche transnazionali che rendano possibile vivere nel mondo globalizzato.
Colin Crouch, Quanto capitalismo può sopportare una società, Laterza, Roma-Bari 2014.
Citazioni
“Il modello che ne risulta – aziende potenti, Stato relativamente debole e cittadini passivi – corrisponde al modello emergente dei rapporti di potere nelle società neoliberiste. Esso conserva le caratteristiche essenziali dello Stato sociale e offre profitti monopolistici alle imprese che investono risorse nel consolidamento delle relazioni con i pubblici funzionari, ma concorre a un pericoloso intreccio di potere politico ed economico, che a sua volta contribuisce all’aumento elle disparità di potere e di ricchezza, altro importante – e allarmante – tratto distintivo delle nostre società. È un patto sociale faustiano, e il prezzo da pagare è l’anima del welfare state” (p. 17).
“Dietro l’insicurezza c’è un concetto più vasto, cioè la mancanza di conoscenze sulla situazione del soggetto, che si tratti del mercato del lavoro in senso stretto o più in generale, dei parametri economici che incidono sulla vita personale (…) Le politiche per la sicurezza sociale e del mercato del lavoro possono essere viste come strategie volte ad aiutare le persone che hanno conoscenze e risorse inadeguate (cioè, la maggior parte) a essere autosufficienti nel loro affrontare l’incertezza” (p. 76).
“Meno disparità di potere di classe esistono nel contesto lavorativo e nella società in generale, più i comuni lavoratori e chi li rappresenta nel luogo di lavoro e a livello politico, saranno certi di poter promuovere i propri interessi anche accettando il cambiamento. (…) La socialdemocrazia puo’ essere assertiva (… ) favorire così sviluppi costruttivi nella politica sociale (…) e produrre innovazione e successo economico (p. 104).
“I partiti moderni (…) devono accettare alleanze libere e mutevoli e, più in generale, i socialdemocratici devono capire che la loro azione politica deve avere luogo in una pluralità di sfere della vita non solo nell’arena politica vera e propria. Si tratta di uno sviluppo positivo che migliorerà le capacità di ciascuno di noi” (p. 197).