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E’ proprio vero che l’abbondanza per tutti sia un sogno impossibile da perseguire? Oppure c’è un difetto nella cultura, nell’economia divenuta la scienza delle ineluttabili leggi naturali? Esistono alternative realistiche e ragionevoli basate su nuovi paradigmi?

Ma è proprio vero che l’abbondanza per tutti sia un sogno impossibile da perseguire? Oppure c’è un difetto nella cultura, forse nella testa degli economisti che dell’economia hanno fatto quella che è stata definita la “scienza triste”. La scienza delle ineluttabili leggi naturali, che si basano sempre e solo sui peggiori istinti umani per gestire crisi e scarsità? Esistono invece alternative realistiche e ragionevoli basate su nuovi paradigmi?

Nicola Costantino, ingegnere, dirigente di impresa e professore in questo libro si propone di dare delle risposte a queste domande, in modo convincente e basandosi su un approccio multidisciplinare. Il risultato è un libro utilissimo sia per il dibattito pubblico che per tutti quelli, esperti o attivisti della società civile, in cerca di nuove strade per ri-pensare e costruire un nuovo sviluppo.

L’autore parte da lontano, dalle origini delle scienza economica moderna, da Adam Smith che nel corso dei del tempo il liberismo ha elevato a simbolo e bandiera, soprattutto nel suo considerare l’egoismo di ogni soggetto economico come un vizio privato che però si trasforma in virtù pubblica in quanto produce la massimizzazione della pubblica ricchezza.

Questo assunto alla luce dell’evoluzione dell’economia dal secondo dopoguerra ad oggi, mostra la corda. Non solo dal punto di vista della sua inaccettabilità etica, ma della realtà. La “mano invisibile” nell’economia moderna, globalizzata, diciamo oggi, non funziona più nel garantire un mercato concorrenziale perfetto, ma è sempre più marginale rispetto ai mercati monopolistici o oligopolistici. Le mani che agiscono invece sono quelle, ben visibili, delle grandi corporation e dei loro super manager che hanno progressivamente occupato lo spazio di decisione e governo, sottraendolo alla politica e almeno in parte alle stesse istituzioni democratiche.

L’economia come scienza triste che si occupa della gestione della difficoltà e della scarsità, basata sulla leva dell’interesse egoistico dell’homo economicus non funziona più. Non funziona neanche nelle più recenti versione neo liberiste, non solo in termini di valori ma di interessi e di prospettive ragionevoli di medio periodo.

Se non vogliamo adattare ideologicamente la teoria alla realtà dobbiamo quindi considerare che dei tre fattori produttivi dell’economia tradizionale e ortodossa – lavoro, capitale e risorse naturali – i primi due sono oramai sovrabbondanti, mentre il terzo merita una attenzione ed una gestione adeguata ad un bene finito, seppure non ancora percepito come tale dal mercato, che troppo spesso si comporta come se così non fosse.

Dalla prima rivoluzione industriale fino alle rivoluzioni tecnologiche che oramai si succedono a ritmi sempre impetuosi emerge chiaramente – secondo Costantino – quanto l’occupazione per la prima volta nella storia dell’uomo dai settori primari in calo per i processi di innovazione della produzione di beni a quello terziario dei servizi immateriali sia oggi sovrabbondante. Cosi come la disponibilità di capitale rispetto alla necessità di impieghi produttivi, con il costituirsi di rendite e patrimoni enormi detenuti da un numero di mani sempre più limitato. Fenomeno questo della concentrazione che caratterizza l’economia globale sempre più finanziarizzata.

Se esiste allora questa abbondanza potenziale quante persone riguarda? Se le previsioni demografiche ci parlano di un pianeta in crescita ma probabilmente in via di stabilizzazione attorno ai 9 miliardi di abitanti nel 2050 qual’ è la sfida che si pone oggi? Qui ritorna come centrale un tema: la questione della diseguaglianza e dell’equità. Perché mentre la differenza dei redditi medi tra i vari paesi tende prevalentemente a diminuire, quella tra i redditi individuali cresce invece dappertutto. Un mondo con risorse sufficienti, in alcuni casi abbondanti per tutti esiste già, il sogno da realizzare è quello della distribuzione dell’abbondanza che sia equa per tutti.

Accanto a questa questione ne esiste un’altra, secondo Costantino strettamente collegata al tema dell’eguaglianza: la gestione dei limiti delle risorse e dello sviluppo. Il terzo fattore produttivo sul quale è necessario costruire una politica della sostenibilità che integri la dimensione economica, sociale e ambientale. Una grande mole di dati ed una vasta letteratura convergono nel dirci che elementi di sviluppo essenziali, quali acqua, cibo, clima, energia, ma anche educazione, comunicazione, libertà possono diventare relativamente abbondanti per soddisfare le esigenze le necessità degli abitanti attuali e futuri del pianeta. Ad una condizione però, che accanto al progresso tecnologico si uniscano interventi sostanziali relativi alla distribuzione dei redditi, agli stili di vita alle politiche economiche e soprattutto ambientali.

Si tratta di realizzare un cambiamento profondo, che abbandoni assieme agli animal spirits del mito semplificato dell’uomo razionalmente egoista, il paradigma unificante di ideologie e culture novecentesche della crescita illimitata in un pianeta con risorse indefinitamente disponibili. Ne consegue l’urgenza di distinguere nuovamente tra soddisfacimento di necessità e desideri indotti, utili a farci vivere da consumatori inappagati, per riscoprire che non esiste un nesso costante tra un aumento del reddito e l’aumento della felicità. Al contrario, oltre un certo livello di reddito, è dimostrato che l’appagamento non aumenti e neanche la felicità. D’altronde la felicità non è un dato statistico, quanto piuttosto un risultato di una “buona vita”, caratterizzata dalla possibilità della propria autodeterminazione e autorealizzazione. Ce lo hanno insegnato nell’ultimo quarto di secolo gli economisti dello sviluppo umano o coloro che provocatoriamente, ma in modo fecondo, contro la tradizione della “scienza triste” ci hanno proposto la definizione del PIL della felicità.

Su queste tracce non sapremmo dire se il libro di Costantino possa contribuire alla definizione di un nuovo umanesimo in economia, certamente è uno spunto di ricerca assai utile.

Nicola Costantino, Abbondanza per tuttiContro la scienza triste della scarsità, Donzelli, Roma 2014.
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Citazioni

“La moderna scienza economica, nata negli anni della prima rivoluzione industriale. È fondata sul concetto di scarsità dei fattori produttivi (capitale, risorse naturali, lavoro). E’ questo, probabilmente il principale motivo della sua sostanziale inadeguatezza a spiegare l’attuale realtà economica, caratterizzata dall’abbondanza di molti dei fattori produttivi” (pp.13-14).

“L’enorme crescita della popolazione mondiale, a seguito della prima rivoluzione industriale sta rallentando. Se i processi di convergenza tra le economie (…) saranno adeguatamente favorite è lecito prevedere che la popolazione mondiale possa stabilizzarsi attorno ad un valore totale, compatibile con la sostenibilità complessiva del pianeta.

Resta però da risolvere il problema della crescente diseguaglianza nella distribuzione dei redditi: rischiamo di avere un mondo ricco popolato –soprattutto- da poveri!” (p.51)

“Abbiamo già abbondanza di lavoro e di capitali. Se incorporeremo nei costi di produzione le esternalità negative connesse all’utilizzazione dei fattori produttivi, metteremo la ricerca scientifica e tecnologica al servizio della sostenibilità, ottenendo davvero (e non solo nella percezione del mercato), un inedita abbondanza anche di fattori produttivi.

Ma ciò non è sufficiente: dobbiamo anche cambiare i nostri stili di vita, privilegiando la qualità rispetto alla quantità e, soprattutto, perseguire una più equa ripartizione dei redditi e dei patrimoni.

Ciò pone ineludibili problemi di governance collettiva: non si possono affrontare problemi globali con soluzioni (solo) locali, né consentire che le multinazionali continuino ad esercitare il loro strapotere mettendo i singoli paesi in concorrenza tra loro nella compressione dei diritti dei lavoratori, nella distruzione delle risorse naturali, nell’elusione fiscale per i grandi redditi” (pp. 136-137).

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