«Il movimento dei Combattenti per la Pace è una ONG Israelo-Palestinese fondata nel 2006 su principi di egualitarismo, ascolto reciproco e partecipazione dal basso in entrambe le aree del conflitto, con l’obiettivo di rendere possibile una soluzione di pace e riconciliazione e mettere fine all’occupazione dei territori palestinesi con la sola “arma” della nonviolenza» (p. 75).
Queste persone si resero conto che la violenza non portava da nessuna parte: né ad una maggiore sicurezza per gli ebrei, né una liberazione per i palestinesi. Per questo volevano conoscersi per poter intraprendere una strada comune all’insegna della nonviolenza.
In Italia, a maggio, dopo gli eventi tragici del 7 ottobre 2023, è uscito questo libro che racconta chi sono i Combattenti per la pace.
«Coerentemente con i nostri valori, auspichiamo una soluzione a due stati che rispetti i confini che già c’erano nel 1967 o qualsiasi altra soluzione di mutuo rispetto e riconoscimento che potrà restituire ai cittadini israeliani e palestinesi una vita di libertà, sicurezza, democrazia e dignità in entrambe le loro patrie. Con questo obiettivo intendiamo promuovere una comunità bi-nazionale sempre più ampia di attivisti israeliani e palestinesi accomunati dalle stesse motivazioni di riconoscimento reciproco, radicale cambiamento del paradigma dominante fino ad ora e armonica coesistenza per il futuro» (dal sito del Movimento).
Il loro nome è stato oggetto di attenta e approfondita discussione nelle prime riunioni, soprattutto di fronte alle obiezioni ad utilizzare la parola “combattenti” di sapore militarista: «siamo stati combattenti e nemici… adesso vogliamo esserlo per la pace» (p. 12).
Il libro ha breve introduzione, una testimonianza di Luisa Morgantini, presente alle prime riunioni.
Sergio Sinigaglia presenta sinteticamente e con equilibrio raro il conflitto ebreo-palestinese da quella che ritiene essere una data possibile dell’inizio di questa vicenda: il 1897 e non tanto la guerra del 1948.
Seguono una breve testimonianza in forma di diario di Ilaria Olimpico e le trascrizioni di due interviste fatte da lei, prima a due dei fondatori del Movimento – , Chen Alon, Sulaiman Khatib – e poi alle attuali due donne co-direttrici – , Eszter Koranyi, Rana Salman.
In queste interviste vengono ripercorsi i primi passi, i fatti che hanno convertito il cuore di queste persone dalla violenza alla nonviolenza, cosa sentono di fronte ai fatti del 7 ottobre 2023 e le loro conseguenze. Testimonianze toccanti dal punto di vista emotivo, ma che fanno riflettere che un’altra via è possibile per uscire dalla “compattezza etnica” (Alexander Langer) per trovare un dialogo reale tra diversi.
Seguono una breve presentazione del Movimento e 15 storie personali di come uomini e donne si siano avvicinati a questa esperienza e ora ne fanno parte attivamente. Percorsi non facili che ha visto anche rotture di legami familiari, sentirsi dare dei traditori della propria parte, ma anche solidarietà e sostegno.
Sono illustrate le principali attività del movimento:
- lavoro sul terreno
- iniziative di co-resistenza per sostenere le comunità palestinesi,
- sostegno anche economico a violenze già avvenute
- iniziative di sostegno sul fronte legale
- iniziative di empowerment per la popolazione femminile
- visite organizzate
- iniziative in campo educative
- gruppi di incontro per giovani israeliani prima del servizio militare
- seminari di azione nonviolenta
- proiezioni di film, eventi teatrali o anche di diplomazia
Le iniziative più significative restano però le due annuali commemorazioni: la Joint Memorial Ceremony e quella nel ricordo della Nakba, che anche quest’anno si sono svolte rispettivamente il 12 e il 15 maggio, cui partecipano sia ebrei che palestinesi.
La Joint Memorial Ceremony si svolge alla vigilia dello Yom Hazikaron durante il quale lo stato di Israele si ferma per 24 ore e alla televisione vengono letti i nomi e i gradi di tutti i soldati deceduti e confluisce il giorno dopo nella Festa per l’indipendenza della nazione. La Joint Memorial Ceremony si celebra dal 2006, anno di fondazione del Movimento e vuole offrire un’altra narrazione degli eventi del conflitto.
Il 15 maggio, il giorno dopo la Festa per l’indipendenza della nazione, si commemora la Nakba, ciò che i palestinesi considerano la catastrofe per la loro nazione quando circa 700.000 persone furono costrette a lasciare le loro case e a diventare profughi nel 1948.
Queste manifestazioni, che organizza il Movimento, hanno visto la partecipazione di migliaia di persone in presenza e molte di più in collegamento online a testimonianza del supporto alla loro azione.
Alla fine dell’intervista con Ilaria, Chen Alon che è anche un attore – si è rivolto con le seguenti parole a chi li ascoltava:
«Tutti noi dovremmo trasformarci nel mondo, da spettatori, da osservatori, a spettaTTori. Che tutti noi abbiamo il compito di adempiere alla nostra responsabilità e di diventare attori, in un momento drammatico come questo.
Un momento che ci suggerisce, anzi esige, di essere partecipi e attivi. E l’unica cosa che voglio dirvi è: si, attivatevi, unitevi a noi, diventate anche voi attori sul palcoscenico del conflitto israelo-palestinese. Ma non pensate che il vostro ruolo sia quello di essere a favore di Israele o della Palestina, non è questo il tema, il copione. Il copione è che dovete essere a favore della giustizia, per l’uguaglianza e per la solidarietà.
E quindi correre gli stessi rischi di Che Guevara quando parlava di solidarietà: perché una persona autenticamente solidale non smetterà mai di chiedersi dov’è l’arena, dov’è il palcoscenico in cui le persone stanno co-resistendo, co-esistendo, lottando insieme, riumanizzandosi a vicenda, e così via. Godetevi questi palcoscenici! Ma evitate di restate spettatori che si limitano a dire: sono pro-Israele o pro-Palestina. Siate testimoni e partecipi del dramma per entrambe le parti: questo è il vostro ruolo e la vostra responsabilità» (p. 55).
Il suo amico Sulaiman Khatib ha espresso una speranza:
«Poiché ho imparato la lingua ebraica, posso ascoltare le notizie da entrambe le parti ed è una storia completamente diversa, perché davvero la battaglia è in termini di superiorità della morale.
Nessuno vuole sentirsi dire o ammettere che la propria moralità è inferiore a quella degli altri, e così si perpetua la disumanizzazione, in quest’area del mondo come a livello internazionale.
Ma mi conforta percepire un movimento di risveglio a livello globale. È bellissimo. Davvero. Non sono d’accordo con tutti gli slogan, specialmente quello che genera molto odio nel nome del mio popolo.
La mia vibrazione e quella del nostro popolo, rispetto all’apartheid, all’occupazione, alla violenza, all’ideologia dell’odio, non deve portare a denigrare o danneggiare altre persone, soprattutto civili e bambini.
Sappiamo bene che ci sono persone nel mondo, soprattutto i politici, le industrie della guerra e così via, che vogliono una cosa sola: che continuiamo a combattere per sempre, fino all’ultimo bambino, che sia palestinese o israeliano. E io spero che venga un momento di risveglio per entrambi i nostri popoli, che ci porti alla consapevolezza che, come vicini, dobbiamo e possiamo vivere l’uno accanto all’altro, qualunque sarà l’accordo» (pp. 55-56).
Per approfondire:
- Il sito di Combatants for Peace
- Il libro: Daniela Bezzi (a cura di), Combattenti per la pace. Palestinesi e israeliani insieme per la liberazione collettiva. Contributi di Luisa Morgantini, Ilaria Olimpico, Sergio Sinigaglia, Chen Alon, Sulaiman Khatib, Eszter Koranyi, Rana Salman (Combatants for Peace), Associazione Multimage APS, Firenze, maggio 2024, pp. 147, euro 12
- Il Film