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Il libro presenta una soluzione allo strapotere delle grandi banche e al sistema finanziario che ha condotto alla crisi attuale e che è destianto a produrre crisi sempre più gravi. La proposta è quella di trasferire la capacità di creare moneta dalle banche private ad una autorità indipendente sia dalle banche che dallo Stato. Una scelta che rivoluzionerebbe i rapporti di potere ponendo rimedio ad alcune questioni: perdita di valore del denaro, impoverimento delle classi medie, crescente disugliaglianza, blocco dell’economia reale

Il giornalista Luca Ciarrocca anima il sito www.wallstreetiitalia.com e ha vissuto a New York, dove assistito in diretta l’attacco alle torri gemelle dell’11 settembre 2001.

Il libro presenta in Italia una soluzione allo strapotere delle banche “troppo grandi per poter fallire” e al sistema finanziario deregolamentato che ci ha condotto alla crisi attuale e che, proprio per come funziona, produrrà crisi sempre più gravi ogni volta che se ne verificheranno le condizioni.

La proposta prevede di interdire alle banche la possibilità di produrre denaro dal nulla, creando così debito che prima o poi verrà esigito dai creditori, con le conseguenze inevitabili che accadono quando scoppia una bolla di liquidità: perdita di valore del denaro, crisi di fiducia, credito all’economia reale che si blocca, impoverimento delle classi medie e di quelle già povere, arricchimento della parte sommitale della piramide dei redditi: dell’1% dei possessori della ricchezza e ancora di più dell’0,01% più ricco, con un conseguente aumento delle disuguaglianze.

La proposta prende spunto da ciò che Andrei Jackson e Ben Dyson illustrano nel libro Modernising Money – a sua volta basato sul lavoro svolto negli anni Trenta da Irving Fisher -, dal saggio Creating New Money di James Robertson e Joseph Huber, e da un proposta avanzata da Positive Money, New Economics Foundation e dal professor Richard Werner dell’inglese Independet Commission on Bankiing.

I sei principi base del sistema proposto sono:

1. Le banche private non possono più creare moneta
2. Solo un organismo affidabile e trasparente può creare denaro
3. Il denaro viene creato quando l’inflazione è bassa e stabile
4. Il nuovo denaro entra nell’economia senza essere vincolato a un debito corrispondente
5. Il nuovo denaro finanzia l’economia reale, non i mercati finanziari
6) Le banche permettono ai singoli di controllare come viene investito il loro denaro

In sintesi l’idea è di trasferire la capacità di creare moneta dalle banche private (che possiedono anche le banche centrali) ad una autorità indipendente sia dalle banche che dallo Stato.

L’autore presenta i protagonisti principali della crisi finanziaria ed elenca i nomi delle banche troppo grandi per poter fallire e l’intreccio proprietario che fa capo a solo 147 imprese che governano di fatto la maggior parte dell’economia (fonte: The Network of Global Corporate Control, Politecnico federale di Zurigo, Stefania Vitali, James B. Glattfelder e Stefano Battiston).

Illustra il pericolo dei derivati, dei paradisi fiscali (Saxson, L’isola del tesoro), del sistema ombra bancario in cui convivono capitai legali e illegali. Racconta come il governo degli USA ha costretto le banche a mettersi nelle mani dello stato per salvarsi, come è nata la Federal Riserve e come è governata ancora oggi (è in mano a banche private e a queste risponde prima di tutto con un interesse garantito del 6% annuo!).

I numeri dell’economia mondiale sono quelli del 2013 e a volte si fa fatica solo a pronunciare miliardi di miliardi di dollari, euro o sterline. Non comprendiamo bene di cosa stiamo parlando.

La forza di questo libro è la descrizione della situazione di crisi e dei rischi sistemici ad essa connessi, che a distanza di due anni non è molto cambiata, e che la luce in fondo al tunnel tende a farci dimenticare che sono sempre i pochi soliti quelli che ci guadagnano (tanto) e che sono sempre i molti soliti quelli che ci perdono (abbastanza).

La soluzione proposta, che è abbastanza semplice nei suoi meccanismi pratici, va nella direzione di togliere potere reale a coloro che ne hanno troppo senza doverne rispondere a nessuno, capaci di privatizzare per sé i guadagni e di socializzare sugli stati e sui cittadini i costi dei debiti che non riescono ad onorare.

E’ una proposta che si può criticare, ma che necessita di una presa di decisione. Finché il sistema finanziario resta questo non possiamo aspettarci che instabilità e crisi sempre peggiori.

La politica internazionale ce la farà solo se un impegno dal basso, diffuso, convinto, duro, di un popolo mondiale – che vuole una rivoluzione nei rapporti di potere – farà sentire la propria voce e la propria forza.

Luca Ciarrocca, I padroni del mondo. Come la cupola della finanza mondiale decide il destino dei governi e delle popolazioni, Chiarelettere, Milano 2013.

Citazioni
"Lavorando giorno e notte, gli avvocati del Tesoro avevano preparato il piano di bailout che i nove banchieri avrebbero dovuto sottoscrivere. Hank Paulson fu molto spiccio, perfino brusco. Andare subito al sodo era d’obbligo, fuori la guerra infuriava. A ciascuno di loro fu consegnato un solo foglio, poche righe, zero allegati e niente note. C’era scritto che le loro rispettive banche accettavano la vendita delle proprie azioni al governo degli Stati Uniti. Il ministro, senza perdere tempo, disse: «Ecco, firmate». E i potenti Ceo obbedirono. Pochi secondi e il golpe soft era compiuto, le maggiori banche statunitensi erano salve" (p. 12).

"Il sistema bancario “ufficiale” raggiungerà nel 2017 asset per un totale di 163 trilioni di dollari. Pochi sanno, però, che parallelamente a quello ufficiale, è cresciuto e ha prosperato negli ultimi anni, un sistema bancario «ombra» che al momento fagocita un terzo dei capitali nel mondo, e che ha sicuramente esercitato un effetto volano sull’aggravamento della crisi finanziaria mondiale scoppiata nel 2008" (p. 53).

"La fuga dei capitali nei paradisi fiscali aumenta di anno in anno, anche per via della crisi economica, dell’inasprimento della pressione fiscale e della sfiducia nel sistema bancario tradizionale, le cui colonne portanti sono gli istituti “troppo grandi per fallire” a rischio sistemico" (p. 68).

"Altro punto da sottolineare è che la Federal Riserve genera profitto per i suoi azionisti, ovvero banche private, e non certo per i cittadini. I tassi d’interesse sui bond, acquistati dai broker di Wall Street grazie all’emissione di moneta, assicurano un ritorno garantito – previsto dallo statuto – del 6 per cento alle azioniste della FED oltre al pagamento delle spese operative sostenute dalla stessa. Il 6 per cento garantito, in un periodo come quello che stiamo vivendo dall’autunno del 2008, in cui i tassi a breve (fed funds) sono ai minimi dalla Seconda guerra mondiale, cioè a un livello compreso tra lo 0 e lo 0,25 per cento, è un profitto notevolissimo per i bankster. E in netta contraddizione, ancora una volta, con il fatto che le banche commerciali partecipino al sistema della Federl Riserve per assolvere compiti istituzionali" (p. 232).

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