Come rigenerare le condizioni di sviluppo e dunque di benessere? Come rigenerare l’economia urbana, riconfigurandola ed orientandola in una direzione più rispettosa della persona e dell’ambiente?
La tesi qui proposta è che è necessario elaborare nuovi approcci coerenti con una nuova visione "umanistica", fondata su relazioni coevolutive uomo/uomo e uomo/natura. Occorre una "economia ecologia " per conservare la qualità ambientale/ecosistemica nel produrre e redistribuire la ricchezza. Nel contempo, è necessario alimentare processi organizzativi/imprenditoriali che siano capaci di promuovere un sistema di relazioni, generatore di legami simbiotici. Si propone un modello di economia urbana fondato sulla circolarizzazione nella produzione/consumo: sul riuso, riciclo, rigenerazione e sulle energie rinnovabili, onde ridurre il consumo delle risorse naturali sempre più scarse. (…)
Verso una nuova economia urbana
Alla ricerca di un nuovo paradigma
La crisi economico/finanziaria del 2008 ha dimostrato i limiti della tradizionale organizzazione economica: è necessario riprogettarla e rigenerarla. Se è vero che sempre più la ricchezza di un paese/regione è rappresentata dalla ricchezza prodotta nelle sue città, è altrettanto vero che le città sono anche grandi generatori di entropia: sono la fonte più rilevante di inquinamento e del degrado ambientale, della destabilizzazione del clima, che incidono negativamente sulla salute/benessere. Sono i luoghi dello spazio dove sono massimi consumi energetici e inquinamento, oltre che le condizioni di frammentazione sociale.
La causa più importante della destabilizzazione del clima e della stessa crisi ambientale è rappresentata proprio dalla struttura organizzativa delle nostre città, fondata sul petrolio e su un metabolismo lineare. Occorre riorganizzare le città, per farle diventare realmente "abitabili". La prospettiva è quella di una economia urbana sempre più de-carbonizzata ed ecologica, con una estrazione di risorse naturali dall’ecosistema ad una velocità non superiore a quella della loro ri-generazione. L’ambiente è un bene comune fondamentale: è il sistema che alimenta e poi assorbe/sequestra i prodotti di rifiuto della città. Se collassa il sistema ambientale, va immediatamente in crisi il sistema insediativo e quello produttivo.
Una “nuova economia”, per diventare realmente inclusiva/solidale e sostenibile dovrebbe essere organizzata a livello locale su:
1) la conservazione/valorizzazione delle risorse locali esistenti, e anche dei loro rifiuti; ciò significa manutenzione /restauro/recupero/rigenerazione del patrimonio di risorse locali;
2) processi di de-carbonizzazione, per dis-accoppiare la produzione di ricchezza dagli impatti ambientali negativi;
3) nuovi modelli di organizzazione aziendale che si configurano come “ibrido” tra profit e non-profit, tra pubblico e privato.
Il modello generale di questa nuova organizzazione economica locale è quello offerto dalla natura: l’economia della natura si basa su processi circolari, in cui tutti i rifiuti sono trasformati in risorse, e nulla è sprecato. L’economia circolare è la “nuova economia” per la rigenerazione della città: per rendere davvero “smart” la città.
Si parla sempre più spesso di "nuova economia": per esempio, di "economia rigenerativa", di "economia circolare" di "natural capitalism". Questa "nuova economia" è caratterizzata da un fondamento umanistico e insieme ecologico. Viene proposta come reazione alla serie di crisi ambientali, economiche e sociali degli ultimi decenni, che hanno dimostrato come la gestione economica che si ispira all’organizzazione capitalistica tradizionale non porta al bene comune, ma solo agli interessi di parte: è in-sostenibile, perché degrada l’ambiente e riduce la coesione sociale.
Le proposte di un nuovo "capitalismo rigenerativo", ovvero di "co-capitalismo", delle varie versioni di sharing economy, di collaborative economy, di cooperative economy, ecc. sono volte a ridurre la frammentazione sociale ed anche gli impatti climalteranti nel produrre prosperità economica. A parte il forte radicamento nei luoghi/ territori/città, elemento comune in queste diverse proposte è il riconoscimento della persona umana (della sua dignità dei suoi diritti a partire dalla salute/ benessere) come fine e non come mezzo; la importanza dei valori intrinseci e non solo dei valori strumentali; il valore delle relazioni che creano complementarità/sinergie/simbiosi e quindi nuove catene di creazione di valore. La rilevanza della prospettiva di medio/lungo termine rispetto a quella di breve termine diventa sempre più esplicita.
Orbene, queste proposte di nuova organizzazione dei processi economici appaiono congruenti con quello che sempre più spesso viene definito come l’orizzonte di un "nuovo umanesimo". Esse si muovono nella prospettiva di una rigenerazione dell’economia, fondata sulla costruzione di relazioni/legami, che stimolano nuove catene di creazione di valore, che a loro volta aumentano la densità delle relazioni/legami (interpersonali e tra persone e natura), in un processo a spirale che nel tempo dovrebbe tendere ad autoalimentarsi in modo virtuoso. In altri termini, sono orientate a ri-generare innanzitutto le condizioni non economiche (e cioè immateriali) dello sviluppo economico.
Le caratteristiche della nuova economia urbana
La nuova struttura organizzativa della città dovrebbe essere caratterizzata da processi circolari, imitando in questo modo il sapiente metabolismo circolare della natura. Le caratteristiche dell’economia circolare (riassumibili nella sigla delle “6 R”: Risparmio, Riuso, Recupero, Riciclo, Rigenerazione, Rinnovabili) sollecitano ed a loro volta sono il riflesso di scambi simbiotici: all’interno dell’apparato produttivo della città; quelli tra città con il suo sistema industriale e quelli della città con il suo territorio extraurbano. Ogni simbiosi è fonte di risparmi di materie naturali ed energia e quindi di benefici economici, oltre che di benefici ambientali (Fujita ed altri, 2013).
Questa nuova economia fa diventare resiliente e sostenibile la città, nella misura in cui essa è effettivamente basata sulla conservazione/valorizzazione delle risorse locali esistenti; sulla rigenerazione delle risorse locali (e non sulla loro distruzione); sui processi di de-carbonizzazione. Gli ICT volti a migliorare i processi circolari e l’organizzazione circolare dei processi economici contribuiscono a ridurre il consumo di risorse naturali, aumentando la produttività complessiva, attraverso economie da sinergie/simbiosi.
La nuova economia urbana si riassume concretamente nel modello di "città delle simbiosi". In questo modello si ricerca la chiusura di tutti i flussi di energia, risorse naturali, popolazione, acqua, economia, ecc. E’ in particolare la città della simbiosi tra porto e città, tra economia industriale/logistica ed economia turistica, tra città e campagna, tra sistema industriale e sistema urbano, tra conservazione del paesaggio culturale e sviluppo economico, tra settore profit e non profit. Attraverso tali simbiosi, la città diventa capace di ridurre i costi complessivi, di aumentare l’occupazione e di migliorare la qualità dell’ecosistema.
L’economia solidale
L’impresa capitalistica è sempre più percepita – forse più della città – come la responsabile della crisi ambientale globale e del cambiamento climatico, dove cioè si lucrano profitti a spese della comunità; dove si assume che il perseguimento di istanze sociali (la salute degli operai il loro benessere) ed ambientali è compito delle istituzioni pubbliche e non dell’impresa.
Si può prevedere che nella transizione di cui sopra, l’economia urbana si caratterizzerà sempre più per il ricorso a nuovi modelli organizzativi di tipo ibrido tra profit e non profit, tra pubblico e privato. L’incapacità del capitalismo speculativo a combinare la produzione di ricchezza con la sostenibilità ecologica sta suggerendo la necessità di "andare oltre" l’organizzazione tradizionale. L’economia solidale rappresenta uno "spazio terzo" tra stato e mercato tra pubblico e privato dove lo scambio non è solo tra equivalenti monetari (ne’ sulla base di prezzi amministrati) e dove si supera l’approccio del trade off tra efficienza ed equità sociale.
Poiché le forme di economia sociale/cooperativa/collaborativa (come quelle di economia filantropica) sono caratterizzate da un processo circolare (dare, ricevere, restituire), esse bene si prestano a essere utilizzate nella promozione di una economia urbana circolare. Un esempio è rappresentato, in particolare, dalla rigenerazione /valorizzazione e gestione del patrimonio di beni comuni disponibili a livello locale.
L’impresa sociale/solidale rappresenta un idoneo strumento nella valorizzazione e gestione per esempio degli spazi pubblici urbani, dei "luoghi", dove i valori paesaggistici/storico/culturali sono i più elevati. Essa è in grado di attivare circuiti virtuosi tra produzione di valori culturali, valori sociali e valori economici. E quindi di contribuisce a migliorare la "produttività" urbana, grazie alle sinergie/simbiosi/cooperazioni che attiva, ed ai conseguenti benefici sul piano della qualità della vita, della riduzione della povertà, della riduzione di sottoutilizzi/sprechi etc. L’impresa solidale, che rappresenta un ibrido tra l’impresa capitalistica e l’impresa sociale (Porter e Kramer, 2011) produce non solo ricchezza economica ma anche le condizioni non economiche dello sviluppo economico : relazioni, che diventano legami e che sono il presupposto per nuove forme di cooperazione nella creazione di nuove catene di valore.
Il patrimonio ed il paesaggio culturale come risorse locali: il valore della bellezza
La bellezza è una caratteristica specifica del paesaggio italiano. Essa "si respira" non solo nelle strade e nelle piazze delle città ma anche nelle campagne e nel territorio extra urbano. Essa rappresenta una particolare risorsa per l’economia locale, che "fa la differenza" nella competizione tra città. La bellezza contribuisce insomma a produrre ricchezza economica. Laddove è presente, la bellezza di uno spazio urbano stimola l’incontro, la co-fruizione; promuove valori relazionali. Dove si distrugge la bellezza è difficile che ci sia un vero sviluppo. Mancanza di bellezza e di sviluppo sono tra loro interdipendenti (Fusco Girard, 2005; 2012). Più in generale, la bellezza aumenta la produttività del capitale manufatto naturale, umano ed anche sociale perché genera un campo di forze attrattivo per investimenti esogeni, non solo turistici ma anche relativi ad attività innovative/creative e per il lavoro specializzato.
Il patrimonio culturale, e in particolare il paesaggio culturale urbano (caratterizzato nel nostro Paese da una particolare bellezza), può svolgere un ruolo positivo in relazione ai tre problemi di cui all’introduzione, e cioè disoccupazione, nuova base locale economica e degrado ambientale? Entro quali limiti? A quali condizioni?
(…) Esistono buone pratiche che evidenziano come da esso, sulla base del principio di sussidiarietà, sono scaturite delle microcomunità di conservazione/valorizzazione e gestione, capaci di contribuire alla inclusione/coesione sociale, con positive conseguenze sia sul miglioramento della qualità della vita, che sulla capacità di attrazione di nuove attività. Il patrimonio paesaggistico/storico/culturale, gestito con strategie comunitarie attraverso imprese solidali/cooperative, è in grado di trasmettere dalla attuale generazione alle future generazioni la memoria collettiva/culturale, e quindi l’identità specifica di una comunità. Anche questa è una risorsa rilevante nella competizione globale. (…)
L’approccio allo sviluppo locale fondato sulla categoria del paesaggio
Tutti i valori e gli interessi di una società, quelli vincenti e quelli perdenti, si riflettono (sono incorporati) nel paesaggio. Nel paesaggio si può leggere la cultura stessa di una comunità, e quindi il suo livello di benessere o di malessere, perché nel paesaggio si riassumono e si concretizzano la salute, la sicurezza, la questione energetica, la ricchezza, l’inquinamento, le condizioni di marginalità sociale, disuguaglianza, povertà etc. Insomma il paesaggio rappresenta un indicatore sintetico del grado di sostenibilità/in-sostenibilità di un territorio. Agire sulla rigenerazione del paesaggio significa agire sui suddetti bisogni, attraverso un approccio olistico/sistemico che coinvolge discipline hard e soft.
La nozione di Historic Urban Landscape proposta dall’UNESCO (2011) è un esempio della interpretazione che la conservazione del paesaggio e lo sviluppo economico sono (a certe condizioni) tra loro complementari. La Convenzione Europea del Paesaggio offre un altro esempio significativo sul ruolo del paesaggio culturale nelle strategie di sviluppo economico. Sia nell’ approccio dell’Unione Europea che nell’approccio UNESCO sul paesaggio culturale si riconosce che un paesaggio di alta qualità contribuisce alla produttività urbana. Ciò significa che il patrimonio/paesaggio culturale è sempre più interpretato come una risorsa per lo sviluppo economico locale/regionale, perché è in grado di produrre nuova occupazione, di stimolare la localizzazione di attività creative, di aumentare l’inclusione e la coesione sociale.
La qualità/bellezza del paesaggio è stata spesso il punto di ingresso per una rigenerazione della base economica locale (da Swansea alla rete di International Cittaslow al network di Transition cities etc)
Quali strumenti per migliorare i processi decisionali?
Occorrono nuovi strumenti per la valutazione e la scelta di progetti di valorizzazione del paesaggio, considerato come catalizzatore di nuove dinamiche di sviluppo locale. Non possiamo affidare le scelte non alla sola razionalità economica, o addirittura alle sole forze del mercato, ma dobbiamo cercare di bilanciare gli interessi particolari dei soggetti che operano nel mercato con gli interessi più generali della comunità, onde costruire un futuro più desiderabile.
Recenti esempi della valorizzazione del paesaggio/patrimonio culturale hanno caratterizzato non solo le esperienze di larga scala, condotte per esempio nelle città capitali europee della cultura (da Glasgow, Liverpool, Tallin, a Istanbul, Lille, Marsiglia, Porto, Tessalonica, ecc), ma anche le città di piccola dimensione come per esempio quelle appartenenti alla rete internazionale di Slow Cities (Fusco Girard, 2014). In queste esperienze si possono distinguere i seguenti benefici: benefici all’economia urbana ed in particolare all’economia immobiliare, all’economia ambientale, all’economia turistica, all’ economia culturale, all’economia sociale, all’economia industriale; i benefici alla salute/benessere degli abitanti (per esempio in seguito alla pedonalizzazione dei centri storici); benefici conseguenti al miglioramento della sicurezza percepita; al miglioramento del microclima locale; benefici sotto forma di maggiore inclusione sociale; benefici in termini di maggiore capacità attrattiva a gli investimenti esogeni. (…)
Conclusioni
La nuova economia urbana è una economia ecologica sostenuta e promossa da reti di economia solidale. In essa si integrano la razionalità strumentale e la razionalità relazionale/ multidimensionale. Vengono stimolate sinergie, simbiosi, capacità coordinativa, e quindi co-evoluzione, co-creazione. Esse promuovono la sostenibilità intesa come capacità rigeneratrice di circolarità, che esprime la struttura organizzativa di tutti gli eco-bio sistemi. Occorre apprendere dalla natura piuttosto che estrarre da essa. La sfida è quella di trasformare le nuove forme di economia dalle attuali nicchie ad una realtà più diffusa, in modo da contribuire alla prosperità ed insieme alla coesione urbana. La proposta che emerge è quella di una strategia di rigenerazione del paesaggio urbano come strumento della ri- generazione del sistema economico e dello stesso sistema urbano. Si tratta di una strategia che si riallaccia alla tradizione italiana della storia delle città, del localismo, della valorizzazione delle originali identità locali che fanno la differenza. (…)