Le città, in quanto organizzazioni sociali costruite funzionalmente alle molteplici necessità dell’uomo, dovrebbero essere lo spazio nel quale i cittadini trovano risposta alla loro domanda di benessere. Oggi le tendenze disgreganti di una società strutturata intorno al consumo (Bauman, 2009) producono città frammentate a livello sociale, architettonico e valoriale (Bartolini, 2010; Mazzette, 2013). Gli spazi cittadini, diventando “oggetti da consumare attraverso l’appropriazione individuale” (Castells, 2004), fanno crescere la presenza di vuoti urbani (Mazzette, 2013) e non rappresentano più luoghi di relazionalità. Per superare questa frammentazione è necessario lavorare su alcuni aspetti: la comunità locale nella sua accezione olivettiana; la vocazione multidimensionale degli spazi; la comune direzione di senso come “collante che può tenere uniti diversi soggetti” sotto “valori condivisi” (Peraro-Vecchiato, 2007); il tempo come relazione. I progetti collettivi, come il co-social-housing o le politiche sociali di comunità, dimostrano la fattibilità e l’utilità di questo cammino.
Su questa premessa nasce un modello di governance urbana multistakeholders, nella quale le istituzioni, le imprese, la società civile ed i cittadini si incontrano quotidianamente per progettare la città, attorno ad un paradigma condiviso e funzionale all’incremento del benessere di tutti. La partecipazione dei cittadini, soggetti non solo portatori di bisogni ma anche di competenze e risorse (NextPolis, 2015), è l’elemento equilibratore fra gli estremi della governance pubblica e privata. La prima può risultare inefficiente e soggetta a pochi controlli, la seconda rischia di attivare un processo di domestication negativa dei luoghi pubblici (Jacobs, 2000), strutturata sulla centralità del consumo.
Numerose sono le idee innovative di città che si sono sviluppate: la good city, la walking city, la città solare, la green town, la city of tomorrow, la città resiliente, la slow city e la senseable city. Il modello più complesso è quello delle smart cities (città intelligenti), definite dal glossario di Smart City Exhibition come “città caratterizzate dall’integrazione tra saperi, strutture e mezzi tecnologicamente avanzati, propri della società della comunicazione e dell’informazione, finalizzati a una crescita sostenibile e al miglioramento della qualità della vita”. L’Unione Europea ha articolato questo concetto utilizzando sei aree di valutazione: smart economy (competitività), smart people (capitale umano e sociale), smart governance (partecipazione), smart mobility (trasporto e ICT), smart environment (risorse naturali) e smart living (qualità della vita, al cui interno trovano spazio la salute, la sicurezza, la qualità dell’abitare, l’educazione, il turismo e la coesione sociale).
Questi modelli, pur elaborando proposte socialmente ed urbanisticamente innovative, replicabili e funzionali al benessere dei cittadini, non riescono a coniugare l’elemento gestionale della governance multistakeholders e un’architettura sistematicamente adeguata al miglioramento del benessere multidimensionale in un unico framework di riferimento per la progettazione urbana, che ponga in dialogo tutti gli attori.
Il Benessere Equo e Sostenibile (BES), sulla base di queste considerazioni, può essere adottato come paradigma strutturale e governativo di un modello di città all’interno del quale ogni spazio ed ogni azione vengono progettati nella prospettiva della funzionalità multidimensionale. Il BES può essere la visione ed il linguaggio nuovi necessari per la ri-organizzazione degli spazi urbani, in quanto capace sia di offrire un modello di sviluppo umano integrale, sia di porre in relazione i differenti stakeholders, costruendo rapporti orientati, in ogni loro fase, all’implementazione del benessere particolare e collettivo, dando di fatto origine alla governance partecipata di cui sopra.
Gli elementi della BES city possono essere così strutturati: la domanda di benessere multidimensionale, costruita dalle istituzioni, dalle imprese e dai cittadini che la esercitano nelle rispettive relazioni con gli altri soggetti; l’offerta di benessere multidimensionale, costituita dalle azioni specifiche di ogni attore civile come risposta alle domande degli altri; l’implementazione della smartness come fattore di convergenza per il miglioramento della qualità della vita nelle città. La BES city è una multisenseable city, poiché le sue finalità sono relative alla risposta alla pluralità di bisogni generati dalla domanda di benessere articolato su più domini.
La BES city, da ultimo, a differenza della smart city, utilizza un approccio integrante: essa ha il focus non sulla tecnologia ma sul benessere multidimensionale, sulla sua equità e sostenibilità (ambientale e sociale); ha la capacità di tessere relazioni fra i differenti soggetti per mezzo di un unico linguaggio immediatamente fruibile, che non genera beni posizionali e competizione, ma bene comune e reciprocità.
Le azioni che le nostre amministrazioni possono mettere in campo per costruire una BES city riguardano: la dimensione valutativa dei progetti urbani; l’adesione e l’implementazione delle best practices già esistenti; lo sviluppo di un processo educativo integrato al benessere multidimensionale e la creazione di luoghi che, favorendo la partecipazione e l’incontro fra istituzioni, imprese e cittadini, permettano l’ideazione di azioni sinergiche e complementari. Concretamente possono essere sviluppate, a livello amministrativo, le seguenti azioni:
– La valutazione dei progetti in gara per tutti gli appalti comunali sulla base dell’impact BES, cioè prendendo in considerazione l’impatto che l’azione genera su ogni dimensione del benessere per tutti i soggetti.
– L’adesione ai progetti UrBes e Bes delle province, che vedono la collaborazione dell’Istat con le istituzioni locali per agevolare il dialogo fra amministrazione e società civile: la promozione della social accountability articolata sui domini del BES nazionale (ad eccezione del Benessere Soggettivo, per il quale non sono disponibili misure disaggregate a livello comunale e provinciale) può “consentire ai cittadini di valutare i risultati dell’azione di governo e, al tempo stesso, di partecipare con maggiore consapevolezza ai processi decisionali locali” (Istat 2015).
– L’istituzione di laboratori cittadini di creazione di valore aperti a tutti i soggetti urbani – almeno nelle piazze e nei parchi principali –, che permettano il confronto sulle aree che necessitano di riqualificazione e la conseguente possibilità di proporre dei progetti strutturati su base BES.
– L’inserimento all’interno dei programmi scolastici di un modulo di educazione al BES.
– L’accompagnamento dell’integrazione fra i differenti livelli legislativi degli strumenti di pianificazione energetica e sostenibile con una loro riconversione (almeno dal livello nazionale) che tenga in considerazione l’impact BES.
– La “trasformazione BES” dei programmi europei ed italiani elaborati per implementare le smart cities.
Le ragioni che ci spingono a promuovere il BES come paradigma di riqualificazione urbana sono due: il BES ha vocazione di linguaggio comune per articolare e mettere in dialogo le azioni delle amministrazioni, delle imprese e dei cittadini, risolvendo i problemi legati alla comprensibilità delle leggi e alla fiducia tra i differenti attori; l’idea del BES può essere letta in continuità con alcuni principi e valori fondamentali della Costituzione e anche con intuizioni ormai consolidate nelle riflessioni filosofico-politiche sulla giustizia (si pensi per esempio al capability approach).
Il BES consente di incrociare il linguaggio statistico con quello dei diritti e può essere lo strumento idoneo per monitorare la stessa attuazione della Costituzione, traducendo in progetti la sua natura programmatica e fornendo la società “di parametri di azione” integrati e sempre attuali (Cassese, 2009). Ampliando il lavoro di Burchi et al. (2014), che individuano sette aree del benessere all’interno della Costituzione (lavoro decente; partecipazione politica; civile; economica; educazione; salute; cultura, arte e scienza), possiamo riclassificare i diritti e le libertà sanciti dalla Carta all’interno dei dodici domini del BES, associando ai secondi gli articoli concernenti i primi: Salute (artt. 32, 38, 117m, 117.3); Istruzione e Formazione (artt. 33, 34, 35, 117n, 117.3); Lavoro e Conciliazione dei Tempi di Vita (artt. 1, 4, 29, 30, 31, 35, 36, 37, 38, 46, 117m, 117o, 117.3); Benessere Economico (artt. 38, 41, 47, 117e, 117o, 117.3); Relazioni Sociali (artt. 2, 17, 18, 39, 45); Politica e Istituzioni, (artt. 46, 48, 49, 50, 51, 117g, 117l, 117.3); Sicurezza (artt. 13, 14, 16, 117d, 117h); Benessere Soggettivo (artt. 2, 4); Patrimonio e Paesaggio Culturale (artt. 9, 117s); Ambiente (artt. 44, 117s, 117.3); Ricerca e Innovazione (artt. 9, 117.3); Qualità dei Servizi (artt. 43, 117.3).
Si potrebbe pensare di introdurre un nuovo dominio chiamato “Giustizia e Legalità”, contenente tematiche che vengono trattate nella nostra Costituzione – corruzione, evasione fiscale, criminalità organizzata, tutela della privacy, certezza della pena e presunzione di innocenza, par condicio, censura ecc. – e che hanno un impatto significativo sul nostro benessere, ma che non trovano un riscontro esaustivo tra gli indicatori del BES. Sarebbe inoltre opportuno completare i domini esistenti con indicatori che rilevano aspetti costituzionali al momento tralasciati (per esempio i corpi intermedi in Politica ed Istituzioni).
Dagli articoli 2 e 3 della Costituzione emerge l’assenza di una gerarchia fra i diritti. Non è vero che le libertà negative concretizzate nei diritti civili e politici (la prima generazione) non richiedono delle precondizioni economiche e sociali (libertà positive o diritti di seconda generazione). Difatti “tutte le libertà sono positive, cioè sono libertà di fare o di essere qualcosa; e tutte richiedono l’inibizione delle interferenze da parte di altri” (Nussbaum, 2012), cioè richiedono l’azione del Governo. Nella BES city questa garanzia viene data dall’azione di istituzioni, imprese e cittadini (la Repubblica). Inoltre la multidimensionalità del BES permette di visualizzare la complementarietà dei diritti costituzionali, che, come le capabilities, non devono essere visti “come atomi isolati ma come un pacchetto di opportunità che interagiscono e si alimentano” l’un l’altro (Nussbaum, 2012).
Il fondamento costituzionale del BES si riscontra anche nel suo processo formativo: è il primo framework di misurazione del benessere che ha visto la partecipazione della società civile nel suo momento definitorio, coerentemente con l’impianto “partecipativo” della nostra Costituzione (Onida, 2004).
La BES city, in conclusione, permette di camminare verso l’effettività dei diritti costituzionali, che rendono capaci gli uomini di essere cittadini e dunque di strutturare la società circostante in termini di città, intesa come luogo di risposta, di attuazione e di sviluppo integrale dell’uomo. La BES city può essere “città costituzionale”, intesa come spazio di attuazione delle dimensioni della cittadinanza.