Sono circa venti anni che l’orizzonte della scienza di base si sta spostando dalla fisica delle alte energie al campo dei sistemi mesoscopici (in pratica tutto ciò che è più grande di un atomo e più piccolo di una galassia, insomma a ben vedere gran parte del mondo che ci circonda).
Il lettore curioso è caldamente consigliato di procurarsi il bellissimo libro scritto da Robert Laughlin (premio Nobel per la fisica del 1998) intitolato Un Universo Diverso per comprendere la portata rivoluzionaria di questo spostamento di interesse.
Per farla breve, è come se la definizione di cosa sia ‘fondamentale’ nella nostra conoscenza del mondo si sia spostato dalla considerazione in auge fino a tutto il ventesimo secolo ‘..alla fin fine tutte le cose sono fatte della stessa materia’ a qualcosa di molto diverso come ‘..alla fin fine tutte le cose sono costituite da elementi che interagiscono fra di loro’ con il corollario (..e di cosa sono fatti gli elementi ci interessa fino a un certo punto).
C’è una situazione, descritta nel libro di Laughlin, che consente di capire il collegamento tra la nuova fisica e la futilità di gran parte dei commenti sulla politica italiana. Immaginiamo una gara di tiro alla fune tra due squadre A e B costituite da giovanotti molto robusti. Le due squadre si equivalgono e da un’ora la partita sta andando avanti in assoluta parità (a meno di piccole oscillazioni di brevissima durata). A un certo punto un concorrente della squadra B, a causa di una piccola asperità del terreno, ha un piccolo sbandamento che provoca una momentanea diminuzione della tensione esercitata sulla corda dalla sua squadra.
A partire da questa piccola ‘imperfezione’ inizia un processo velocissimo (in termine tecnico rottura di simmetria) che porta all’inesorabile vittoria della squadra A. La fisica (e a ben vedere anche il buon senso) ci suggerisce che per capire situazioni come quella appena descritta (che coprono l’intero universo sensibile dalla condensazione del fiato sui vetri dell’auto alle smagliature dei collant) non ha molto senso fissarsi sulla natura dell’avvallamento del terreno (che può essere sostituito da qualsiasi altra perturbazione momentanea) ma su cosa porta un sistema verso una situazione critica, insomma a quel vaso pieno che ogni minima goccia ‘fa traboccare’. Da ciò si sviluppa l’interesse verso lo studio della struttura di correlazione fra le parti di un sistema che, quando raggiunge una certa soglia, porta invariabilmente il sistema essere estremamente fragile.
Ora sostituite il caso del tiro alla fune con una competizione elettorale che si prospetta molto equilibrata (non fa differenza se le squadre sono tre e non due) e stimate la proporzione di commentatori che, invece di cercare di dare ragione della condizione critica del sistema (in cui il gioco sarà per definizione deciso da cause contingenti, cioè dal caso) si premurano di informarci sugli spostamenti di voti provocati da questa o quella dichiarazione del politico di turno (l’avvallamento del terreno). Ripetete l’esperimento prima e dopo le elezioni (o anche prima e dopo una partita di calcio finita zero a ero come la recente Italia – Svezia e meditate sul fatto che da ciò sono state tratte conseguenza sociologiche di vasta portata) e considerate su quanti ‘avvallamenti’ si è soffermata la repubblica del pensiero condiviso.
A questo punto fate un bel respiro e non abbiate paura di pensare che in condizioni di sostanziale parità a decidere il destino politico di una nazione democratica è il caso, non pensate di essere uno sporco reazionario antidemocratico se vi sovviene che questa potrebbe essere una cosa naturale e inevitabile. Non riuscite a non essere spaventati? Allora dimenticate quello che avete letto, tutto sommato è solo fisica e che ne sanno i fisici delle cose di politica?
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