Bisogna essere chiari e mostrare il reale valore della scienza, stando bene attenti a separare l’attività tecnica dalla politica. La lotta contro questa degenerazione sembra senza speranza ma proprio per questo è una delle più importanti da ingaggiare

L’intuizione che un campione di persone ignoranti su di un certo tema possa produrre una valutazione media che si avvicini molto alla realtà, si deve a Francis Galton, uno dei padri della statistica moderna.

Supponiamo di essere a una fiera del bestiame (luogo frequentato da Sir Galton, che riporta proprio questo esempio) dove ci sia un bue in vendita. Il bue pesa attorno a 1000 Kg ma, insieme a degli allevatori che hanno una idea abbastanza precisa del peso dell’animale, la fiera è soprattutto affollata (come di fatto avveniva nell’Inghilterra di metà Ottocento) da una massa di curiosi senza alcuna nozione del peso della bestia. Se si chiedesse loro di stimare a occhio il peso del bue, alcuni propenderebbero per un peso di 500 Kg, altri diranno 1500, pochissimi si spingeranno a dire 150 e ancor meno 2000. Se però facciamo una media di queste valutazioni (per la gran maggioranza grossolanamente errate) emergerà il peso esatto della bestia, 1000 Kg, appunto. La media di valutazioni singolarmente errate genera il peso esatto non per miracolo, naturalmente, ma per la simmetria degli errori di valutazione: proprio perché si tratta di errori, non vi è nessun motivo che essi si situino in maggioranza a destra (stime troppo elevate) o a sinistra (stime troppo basse), per cui gli errori si compenseranno e da una moltitudine di errori emergerà la verità.

Vale con gli errori, vale per il peso di un bue, ma non vale sempre, e soprattutto non vale quando in gioco non c’è la stima di un solo parametro ma una decisione complessa come la valutazione del rischio biologico di una sostanza chimica o la profilassi da adottare a fronte di una epidemia. Soprattutto qui non c’è nessuna intelligenza (che, non dimentichiamolo, deriva dal latino ‘intus legere’ che vuol dire più o meno ‘leggere tra le righe’ e quindi cogliere il reale senso di un fenomeno e non fermarsi a una valutazione superficiale) né singola né tanto meno collettiva.

Eppure il mondo occidentale e, in maniera particolarmente virulenta, i progetti di epidemiologia e di salute ambientale sponsorizzati dall’ Unione Europea, fanno un gran parlare di ‘rischio percepito’ o addirittura di ‘people science’ offrendo dei brevi corsi in cui si preparano persone a digiuno di chimica, ecologia, modellistica matematica a fare in prima persona rilevamenti e analisi. Tutto ciò è molto dannoso e rappresenta una indebita colonizzazione da parte della politica dell’investigazione scientifica.

L’idea è che un’attivista con una infarinatura in gran parte ideologica di scienze ambientali (che è forse il campo più complesso e meno compreso delle scienze) possa, insieme a altri volenterosi ma sostanzialmente ignoranti colleghi, far emergere (proprio come nel caso del bue) una valutazione corretta della situazione in esame. Questa è né più né meno che la fine del pensiero scientifico che (come qualsiasi arte) è una attività necessariamente elitaria presupponendo uno studio accurato e una grande disciplina mentale.

La demagogia, resa infinitamente più pericolosa da internet e dalla assoluta mancanza di ogni presa in carica di responsabilità che viene semplicemente diluita tra centinaia di anonimi ‘valutatori’, rende possibile ogni obbrobrio a chi abbia sufficiente potenza mediatica per inculcare qualsiasi presa di posizione in una situazione di totale assenza di pensiero critico.

Bisogna essere chiari e mostrare il reale valore della scienza, stando bene attenti a separare l’attività tecnica dalla politica (questa sì invece necessitante il suffragio universale e non, come purtroppo si sente dire da più parti specialmente nel cosiddetto schieramento progressista, un restringimento del diritto di voto a qualche auto proclamata élite).

La lotta contro questa degenerazione sembra senza speranza ma proprio per questo è una delle più importanti da ingaggiare.

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