Siamo partiti da alcuni principi essenziali capaci di orientarci di fronte alle trasformazioni: la dignità degli uomini e delle donne che lavorano e l’importanza di promuovere un lavoro che costruisca una società più equa, solidale e sostenibile.
Il percorso di riflessione delle Acli ha poi seguito diverse tappe: abbiamo iniziato con una riflessione sulle novità che industria 4.0 ha portato nelle fabbriche, per esaminare in seguito lo scenario che l’avvento di un nuovo paradigma culturale ci pone di fronte. Abbiamo allargato il nostro orizzonte verso gli obiettivi della 48a Settimana sociale dei cattolici italiani e preso a cuore il tema dei giovani e il loro difficile percorso di inserimento lavorativo.
Il tentativo era quello di fornire una bussola per orientarsi dentro un sistema che va strutturandosi e che affronta questioni nuove con nuovi linguaggi. Abbiamo poi iniziato a ipotizzare vie per prendere una posizione capace di indirizzare il cambiamento. A partire dal Piano Industria 4.0 che è certamente un’importante azione del Governo, ma deve contemplare un più complessivo ammodernamento del sistema produttivo, anche, e soprattutto, in termini di politiche e servizi per i giovani, per il lavoro e i lavoratori.
Viviamo un periodo di passaggio. Ci saranno mestieri che saranno sostituiti da altri, ci saranno lavori manuali che saranno svolti da macchine connesse in rete. Ci sarà però offerta anche la possibilità di rimodulare i tempi e gli spazi di vita dentro una nuova prospettiva organizzativa, più flessibile e integrale.
Dopo la nostra prima esplorazione ci accorgiamo della necessità di riservare un’attenzione particolare alle persone coinvolte nella gig economy, perché non possono rimanere schiacciate da lavoretti usa e getta gestiti da piattaforme impersonali. Siamo convinti che rimane essenziale dare voce ai giovani sulla loro vera presenza nel mondo del lavoro, spesso descritta in modo retorico e scorretto, come è altrettanto essenziale fornire loro competenze adeguate nell’ambito di un sistema di istruzione e di formazione rinnovato e rafforzato. Riconosciamo l’importanza di individuare hub di produzione che valorizzino le reti territoriali esistenti, le comunità locali, le aziende, il terzo settore e i centri universitari. Nelle reti che si vanno strutturando va dato spazio anche ai territori più vulnerabili, poiché il vero sviluppo di tutto un paese parte dalla cura delle aree più fragili.
Il focus di BeneComune.net vuole dunque introdurre queste riflessioni e orientare i lettori sulle trasformazioni in atto nel mondo del lavoro; intende ragionare in particolare attorno ad alcune domande: quali trasformazioni stanno interessando il mondo del lavoro sulla spinta di processi come industry 4.0 e la Gig economy? Cosa distingue questi due processi? Queste trasformazioni quali conseguenze avranno sui lavoratori, anche in termini occupazionali, e sui lavori? Nasceranno nuovi lavori e nuove figure professionali? Quali settori saranno interessati da queste trasformazioni? Il terzo settore avrà nuove opportunità derivanti da queste trasformazioni? Quali opportunità si potranno generare nel nostro Paese? Le aree più in difficoltà e deindustrializzate potranno avere nuove opportunità? La qualità del lavoro aumenterà? Sarà possibile tutelare i lavoratori? Quali forme di tutela si dovranno mettere in campo? Quale ruolo sarà chiamato a svolgere il sindacato? Ed ancora: il lavoro 4.0 che questioni antropologiche sta aprendo? Che cammino sta realizzando la Chiesa italiana in vista delle Settimane Sociali di Cagliari?
Iniziamo con padre Francesco Occhetta (Giornalista della redazione de “La Civiltà Cattolica” e membro del Comitato Scientifico e Organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani) che osserva come “sul piano antropologico l’uomo è chiamato a rimanere il soggetto della tecnologia, e non un oggetto. Il dispositivo tecnologico è e resta frutto della sua intelligenza. Occorre negare ciò che i fautori del dominio della tecnologia sull’uomo affermano: naturale è uguale ad artificiale”.
Proseguiamo con Leonardo Becchetti (Economista e membro del Comitato Scientifico e Organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani) che sottolinea come “di fronte alle sofferenze in materia di lavoro e di povertà la reazione, pur comprensibile, mira spesso al bersaglio sbagliato. Gli uomini sono cercatori di senso e vanno subito alla caccia di untori, ovvero di una risposta facile rappresentata da un nemico facilmente identificabile che, una volta sconfitto, ripristina la soluzione ideale”. Per questo motivo la scelta delle Settimane Sociali è stata quella di analizzare i problemi per poi raccogliere delle buone pratiche “identificando 400 realtà del paese che stanno rispondendo con successo alla sfida del lavoro”.
Francesco Seghezzi (Direttore Fondazione Adapt, uno dei massimi esperti italiani di Industry 4.0), dopo aver osservato che rispetto all’innovazione tecnologica “non siamo di fronte ad un fenomeno caratterizzato unicamente dalla distruzione, quanto soprattutto dalla trasformazione”, sottolinea come “la sfida resta quella relativa a quale mondo e quale società vogliamo costruire. Troppo spesso ci dimentichiamo che la tecnologia non è un destino ma uno strumento ed una opportunità, scaricando così su un progresso cieco ed eterodiretto le responsabilità che sono di tutti, oggi più che mai”.
Ciro Cafiero (Avvocato ed esperto di diritto del lavoro) mette in evidenza come “la rivoluzione tecnologica offre straordinarie opportunità come il rilancio dell’occupazione nei territori senza industria ma, per trarne benefici, bisogna avere la capacità di governala fuori dagli schemi novecenteschi”.
Maurizio Sorcioni (Responsabile dello Staff di Statistica, Studi e Ricerche di ANPAL Servizi) sottoliena che “solo garantendo investimenti adeguati sulla formazione professionale post diploma, sui servizi di intermediazione e sulle diverse forme di alternanza formazione lavoro sarà possibile creare le condizioni di contesto necessarie e garantire il successo di Industria 4.0, uno dei programmi più ambiziosi che il nostro paese abbia messo in campo nell’ambito politiche industriali“.
Per Marco Bentivogli (Segretario generale FIM-CISL) “la rivoluzione digitale tocca il rapporto tra tecnologia, uomo e società. Se la fabbrica del XX secolo conservava al lavoro una dimensione collettiva e faceva in una stretta correlazione tra spazio e tempo il terreno su cui organizzarlo, oggi questo legame va via via affievolendosi”. In questa prospettiva deve cambiare anche il ruolo delle parti sociali.
Maurizio Busacca (Sociologo e imprenditore sociale) propone “un’altra angolazione dello sguardo, che è frutto della scelta precisa di intendere il fenomeno industria 4.0 come un processo sociale e non come mera promozione di innovazione tecnologica al servizio della produzione. Come processo sociale coinvolge sia i meccanismi di formazione della conoscenza e dell’innovazione sia i meccanismi di organizzazione del lavoro, temi chiave del costrutto innovazione sociale e dell’impresa sociale”.
Santino Scirè (Membro di presidenza nazionale Acli, con delega al lavoro) sottolinea come “Il lavoro negato ai giovani stia diventando una delle principali fonti di ingiustizia sociale della nostra epoca. E’ quindi urgente operare su due livelli: da un lato favorire la nascita di lavoro e la transizione dei giovani, dall’altro valorizzazione le loro capacità e talenti anche per mezzo di tutele adeguate“.
Angela Schito (Dipartimento Lavoro delle Acli nazionali) osserva come “lo sviluppo della tecnologia e le sue applicazioni (dall’industria alla medicina) dovrebbero presupporre un dibattito più allargato, una condivisione ampia di idee, di valori, che tengano conto dell’uomo innanzitutto, non solo dei profitti. Le istituzioni, le forze politiche e la società civile, a vari livelli, dovrebbero occuparsi del tema non solo “a valle”, dipanando la matassa delle responsabilità civili e penali dei robot per introdurre nuove tassazioni o contributi previdenziali, ma diventando interlocutori attivi di un processo, l’accelerazione tecnologica, che, per quanto inarrestabile e veloce, deve avere una governance più allargata”.
Per Matteo Bracciali (Segretario Giovani delle Acli) “è indispensabile, in questa fase storica, la decontribuzione per chi assume giovani con contratti seri, e “un grande investimento formativo professionale fattuale, orientativo e generazionale, aldilà delle riforme universitarie utili solo ad abbassare la qualità per alzare il numero dei laureati. E’ necessario tagliare il costo del lavoro e recuperare risorse dai patrimoni, perché in questo Paese c’è un problema di redistribuzione della ricchezza“.
Marco Moroni (Centro Studi Acli Marche) sottolinea come “la politica deve guidare (cioè indicare la direzione) e governare i processi economici e tecnologici. Come di fronte a tutti i problemi, se si vuole evitare un futuro in cui masse enormi di disoccupati saranno a pronte a scagliarsi contro chi concentra il potere nelle proprie mani, occorre trovare una soluzione socialmente sostenibile. Nei prossimi decenni l’umanità avrà la possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita approfittando delle opportunità offerte dal progresso tecnologico. Serve una classe politica che, controllata e pressata da cittadini attivi e consapevoli, faccia scelte coraggiose: creare una società più giusta e più solidale, nella quale i vantaggi ottenuti dalle nuove macchine siano distribuiti fra tutti”
Concludiamo con un’ampia intervista a Michele Faioli (Esperto di diritto del lavoro e neo-nominato Consigliere del CNEL) che tra l’altro sottolinea come “per i giovani millennials sia necessario un Jobs Compact europeo ossia uno schema comune per la disoccupazione e uno per la promozione della mobilità geografica dei giovani”. Faioli propone anche una valutazione del Jobs Act che “ha promosso politiche attive che hanno una regia nazionale, ha effettuato una profonda rimodulazione del collegamento tra politiche attive e sostegno al reddito in caso di disoccupazione, ha spostato il focus dalle flessibilità in entrata/in uscita alla flessibilità interna”.
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