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La Bibbia ci insegna che i corrotti non agiscono per il bene comune e che il cuore dell’uomo è il luogo dove nasce la corruzione. L’orizzonte del corrotto è immanente, non ha più fiducia in Dio trascendente che lo sottrae alla propria autosufficienza. La chiesa ha sempre combattuto la corruzione nella dottrina morale proposta agli uomini, ma spesso ne è rimasta coinvolta. La corruzione della dimensione religiosa risulta particolarmente grave perchè piega il bene più grande, la relazione con Dio, a pura giustificazione della propria cattiva condotta

Il verbo corrompere nell’Antico Testamento indica un oggetto, una relazione o una persona che non è più utilizzabile per lo scopo previsto.
I corrotti fanno cose abominevoli e non agiscono per il bene comune (Sal 13,1), adorare gli idoli corrompe la vita (Sap 14,12), i disordini sessuali sono indice della corruzione del cuore (Sap 14,26), alla corruzione si accompagnano omicidi, furti, inganni, slealtà, tumulti e spergiuri (Sap 14,25).
La corruzione dei giudici è riprovata, perché accettare regali per sovvertire il giudizio fa venire meno la certezza del diritto (cfr. 1Sam 8,3, Mi 7,3, Dt 25,1)

Nel Nuovo Testamento la corruzione riguarda principalmente il peccato che porta alla morte e mette in evidenza la fragilità umana (cfr. At 13,34-36).
Paolo parla delle cattive compagnie che corrompono i buoni costumi (1Cor 9,25). La concupiscenza – il desiderio non governato rettamente – è la causa della corruzione (2Pt 2,12).

Queste esemplificazioni ci mostrano che è il cuore dell’uomo il luogo dove nasce la corruzione, come ci invita a riconoscere Gesù stesso: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende inpuro l’uomo. Dal di dentro, infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo» (Mc 7,20-23).

La corruzione è figlia di un desiderio di vita pervertito, in quanto non accetta la vita come un dono di Dio, ma il corrotto si pensa capace di darsi la vita con ogni mezzo, lecito o meno. L’orizzonte del corrotto è totalmente immanente, non ha più fiducia in Dio trascendente che lo sottrae alla propria autosufficienza.

Il corrotto si fa forte del proprio agire astuto e menzognero, per sopraffare gli altri, esercitando un potere che rischia di diventare assoluto. Il corrotto aderisce a un tesoro che lo seduce, lo tranquillizza e lo inganna, come quel ricco che, riposto l’abbondante raccolto nei granai, si dice: «riposati, mangia, bevi e divertiti» (Lc 12,19) e che si trova spiazzato dalla morte improvvisa da cui pensava di difendersi con i beni accumulati, che risultano ingannevoli e buoni solo per gli eredi.

La corruzione rimane nascosta solo per poco tempo, poi diventa visibile e comincia a “puzzare” per la morte che porta con sé. Inoltre il corrotto ricopre di “buone maniere” le cattive abitudini dell’agire corrotto. Egli fa di tutto per nascondere la sua corruzione e mostrare un volto buono alla società in cui vive: si vuole far voler bene per nascondere la incapacità di vivere relazioni vere.

Infine il corrotto diventa sfacciato e cerca di associare altre persone nella corruzione, vuole fare proseliti, così che nessuno possa giudicarlo e svelare la sua corruzione, erigendosi lui a giudice dei “veri” valori da perseguire.

La corruzione diventa così cultura condivisa ed esempio da imitare.

La chiesa ha sempre combattuto la corruzione nella dottrina morale che propone agli uomini, ma spesso ne è rimasta coinvolta. La corruzione della dimensione religiosa è la più perversa di tutte, perché piega il bene più grande, la relazione con Dio, a pura giustificazione della propria cattiva condotta.

Papa Bergoglio, già a Buenos Aires, ha riflettuto sul tema della corruzione (Guarire dalla corruzione, Emi 2013). Queste riflessioni si ritrovano anche nella esortazione apostolica Evangelii Gaudium. Egli mostra come la nuova idolatria del denaro (nn. 55-56) e la inequità che genera violenza (nn. 59-60) siano fortemente intrecciate con la corruzione. Tra le sfide della convivenza nelle grandi metropoli, figura la corruzione (n. 75). Papa Francesco condensa poi l’analisi della corruzione spirituale al n. 97, dove mostra che la via di guarigione dalla corruzione ecclesiale è una chiesa-comunità in uscita da sé, che si rende presente nelle relazioni degli uomini, le accoglie e le vive con l’amore di Gesù.

E’ il piacere spirituale di essere popolo: «Il donarsi di Gesù sulla croce non è altro che il culmine di questo stile che ha contrassegnato tutta la sua esistenza. Affascinati da tale modello, vogliamo inserirci a fondo nella società, condividiamo la vita con tutti, ascoltiamo le loro preoccupazioni, collaboriamo materialmente e spiritualmente nelle loro necessità, ci rallegriamo con coloro che sono nella gioia, piangiamo con quelli che piangono e ci impegniamo nella costruzione di un mondo nuovo, gomito a gomito con gli altri. Ma non come un obbligo, non come un peso che ci esaurisce, ma come una scelta personale che ci riempie di gioia e ci conferisce identità» (EG 269).

In questo 70° anno di fondazione delle Acli questo piacere spirituale di essere popolo ci può aiutare a rifondare le Acli convinti che «solo il Vangelo fa nuove le Acli», convertendoci dalla corruzione che abita anche fra di noi.

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