Su cosa intendere per ingiustizia sociale, diverse sono, naturalmente, le posizioni, alcune sono più esigenti e altre meno. Un elemento appare tuttavia oggi largamente comune e concerne l’ingiustizia di fare dipendere il destino dei figli da quello dei genitori. Certo, la famiglia influenzerà sempre i propri figli: crescere in una famiglia amorevole che ambisce a coniugare sostegno ai figli e promozione di autonomia e responsabilità avrà effetti diversi rispetto a quelli prodotti da una famiglia autoritaria e di poco sostegno ai figli. Il punto, tuttavia, è quello di evitare, sul piano dell’organizzazione sociale, che la famiglia d’origine e, con essa, le contingenze del tutto casuali della lotteria sociale siano determinanti per le opportunità individuali.
Noi oggi siamo ben lontani da qualsiasi approssimazione dell’uguaglianza di opportunità intergenerazionale. Non solo partiamo da livelli elevati di disuguaglianza intergenerazionale – su questo piano non distanziandoci da molti altri paesi sviluppati, in primis, gli Stati Uniti, nonostante la retorica del sogno americano –, ma sembriamo sperimentare un trend di aumento. Al riguardo, Cannari e D’Alessio (Istruzione, reddito, ricchezza: la persistenza tra generazioni in Italia, 2018) mostrano un aumento nella correlazione fra sia fra titolo di studio dei padri e titolo di studio dei figli sia fra ricchezza dei padri e ricchezza dei figli.
Diverse sono le politiche che potrebbero invertire la situazione. Conta ridurre la povertà dei genitori – le capacità dei figli sono influenzate già durante la gravidanza dalle condizioni di benessere/malessere delle madri e successivamente dalla presenza o meno di precarietà socio-economica nella famiglia. Conta ridurre il degrado ambientale e culturale cui sono esposti tanti territori del nostro paese. Conta investire nell’istruzione a tutti i livelli, fin dai primi anni di vita. Conta, però anche occuparsi di disuguaglianze economiche e, in primis, di disuguaglianze di ricchezza. La ricchezza influenza sia le opportunità stesse d’istruzione sia altre opportunità fondamentali, quali la possibilità di rifiutare condizioni di lavoro inique o inappropriate, di resistere a shocks negativi, di realizzare un progetto imprenditoriale avendo la libertà di assumere rischi, di prendersi cura dell’ambiente e degli altri, di influenzare le pubbliche decisioni. Se così, contrastare le odierne disuguaglianze di ricchezza diventa cruciale ai fini stessi dell’uguaglianza di opportunità.
Il Forum Disuguaglianze Diversità ha messo al centro dei sui lavori proprio le disuguaglianze di ricchezza (cfr. Forum Disuguaglianze Diversità, 15 Proposte per la Giustizia sociale). Rispetto al rapporto fra disuguaglianze di ricchezza e promozione dell’uguaglianza di opportunità intergenerazionale, insieme a Salvatore Morelli, abbiamo provato a declinare/specificare per l’Italia le indicazioni formulate da A. Atkinson nel suo libro Disuguaglianza. Che fare? (Cortina Editore 2015) in merito all’imposta sulle eredità e alla dotazione universale di ricchezza.
Nei termini di Atkinson, “Eredità e donazioni inter vivos devono essere soggette a un’imposta progressiva sugli introiti da capitale nell’arco della vita.” E “deve esistere una dotazione di capitale (eredità minima) assegnata a tutti all’ingresso nell’età adulta”. Il risultato è una proposta basata sulle due gambe di una nuova imposta sui vantaggi ricevuti, in sostituzione dell’attuale imposta sulle successioni e le donazioni, e l’introduzione di un’eredità universale per tutti i neo-diciottenni. Sottolineo il doppio piano dell’azione di promozione dell’uguaglianza di opportunità. La tassazione opera sulla parte alta della distribuzione e l’eredità sulla parte bassa.
L’imposta sui vantaggi ricevuti consiste in un’imposta progressiva sul complesso delle donazioni e delle eredità ricevute nell’arco della vita da parte di chiunque. Aliquote e scaglioni potrebbero essere 0% sotto 500.000 euro; 5% fra 500.000 euro e 1 milione; 25% fra 1 milione e 5 milioni di euro e 50% sulle somme eccedenti. Le esenzioni sarebbero limitate alle donazioni annuali fino a 3.000 euro, alle elargizioni a enti no profit e amministrazioni pubbliche e il trasferimento di dimore storiche e imprese agricole
Due sarebbero i cambiamenti principali rispetto all’oggi: da un lato, aumenterebbe la progressività e, dall’altro lato, diminuirebbe in misura sostanziale il numero delle persone soggette a tassazione, dalle attuali 110.000 a circa 30.000. Il nostro intento non è, infatti, quello di togliere quanto i genitori potrebbero volere trasferire per assicurare ad altri, in primis, ai figli una vita decente. È semplicemente evitare che il trasferimento di grandi fortune trucchi il gioco della vita, permettendo ad alcuni giovani di giocarlo partendo con una carta jolly per altri indisponibile. Ricordo come la disuguaglianza di ricchezza sia cresciuta significativamente anche nel nostro paese.
L’eredità universale rappresenta un trasferimento di 15.000 euro, a favore di tutti i giovani e le giovani nati/e in Italia al compimento dei 18 anni (oggi circa 590.000 persone). Sarebbe automaticamente conferita in un conto di risparmio (senza doverne fare richiesta), possibilmente esente da tassazione e indicizzato all’inflazione. I beneficiari riceverebbero informativa a casa su come procedere per l’attivazione (che dovrà comunque essere sottoscritto). Alla copertura del costo (stimato in circa 8,8 miliardi di euro) concorrerebbe in primo luogo il gettito dell’imposta sui vantaggi ricevuti.
L’eredità universale, come dice il nome, sarebbe disponibile a tutti i giovani e le giovani, a prescindere da qualsiasi prova dei mezzi e sarebbe incondizionata. Le ragioni di fondo a favore di queste caratteristiche poggiano sul valore che attribuiamo alla libertà effettiva dei giovani e delle giovani di potere tutti contare su una base di ricchezza quando si affacciano alla vita adulta e incominciano a definire il proprio piano di vita.
Un intervento selettivo cozzerebbe con il rischio di escludere soggetti che potrebbero beneficiarne, nella sottovalutazione sia del più complessivo peggioramento delle opportunità dei giovani rispetto alle generazioni precedenti sia del fatto che anche i figli e le figlie dei ricchi potrebbero essere penalizzati qualora volessero perseguire scelte di vita di minoranza, non apprezzate dai genitori. Inoltre, la selettività è inevitabilmente divisiva, fra chi può ricevere e chi no. La nostra società è già abbastanza divisa. In ogni caso, se si considerano congiuntamente tassazione e trasferimento, l’effetto distributivo sarebbe favorevole a chi sta peggio. Tutti ricevono l’eredità, ma solo i più ricchi pagano.
Al contempo, un intervento condizionato cozzerebbe con il rischio di paternalismo, mettendo a repentaglio il valore della libertà effettiva. Siamo tuttavia ben consapevoli dei rischi di sprechi, in particolare quando non si sia mai avuta ricchezza. L’erogazione dell’eredità si accompagnerebbe, dunque, all’offerta di servizi che aiutino a prendere decisioni informate, sia coinvolgendo le scuole secondarie, grazie anche all’attivazione di nuovi metodi didattici e informativi finalizzati all’esplorazione attiva delle alternative a disposizione per l’utilizzo dell’eredità universale (ad es. educazione finanziaria), sia predisponendo interventi di accompagnamento e sostegno nel territorio, grazie all’attivazione di gruppi locali nella prospettiva di un vero e proprio welfare di comunità.
La proposta va certamente specificata e nel Rapporto del Forum (cfr. 15 Proposte per la Giustizia Sociale, cit.) offriamo diversi dettagli aggiuntivi e alcuni numeri sull’entità della disuguaglianza di ricchezza e di opportunità in Italia oggi. Ci sembra però una base di partenza che pensiamo debba entrare nella discussione pubblica. In ogni caso, da tre osservazioni, mi sembra, non possiamo prescindere. Nel passaggio all’età adulta, la ricchezza costituisce un elemento centrale ai fini del perseguimento dei diversi piani di vita – naturalmente, non è l’unico, ma neppure può essere ignorato. La crescente disuguaglianza di ricchezza che si registra nel nostro paese divarica sempre più le opportunità dei giovani a seconda della lotteria sociale. Se abbiamo a cuore l’uguaglianza di opportunità non possiamo non impegnarci nella ricerca di rimedi.
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