La dimensione dove possiamo osservare il progresso lineare della tecnologia è quella dell’aspettativa di vita. Con il contributo (ove questo riesce ad essere univocamente positivo) della qualità delle condizioni economiche la vita media continua a crescere. Facendoci passare da i meno di 30 anni dell’unità d’Italia ai circa 80 anni ed oltre per le donne che ci mettono tra i primi tre paesi al mondo per longevità.
I successi della tecnologia finiscono per attribuire agli scienziati e ai tecnocrati una reputazione che finisce per andare oltre le loro stesse possibilità trasformandoli spesso in stregoni o sacerdoti di una nuova religione quando gli stessi non riescono a resistere a quella tentazione scientista che si accompagna all’euforia di ogni nuova scoperta. E che pretende di estendere il successo alla comprensione del senso della vita e del suo mistero sconfinando nei campi della filosofia e della religione.
Il progresso tecnologico pone sfide complesse e affascinanti all’economia e alla società. La prima è quella del lavoro. La rivoluzione della rete e i progressi delle macchine rendono obsoleti quei lavoratori a bassa qualifica e alta sindacalizzazione impiegati nell’ambito delle conoscenze codificate e routinarie. Le macchine e l’esercito di riserva dei lavoratori ad un dollaro al giorno tendono progressivamente a sostituirli. In futuro dunque la parte maggiore e migliore dei lavori si creerà nell’ambito delle conoscenze generative, ovvero in quei campi in cui le competenze si applicano in modo diverso ad ogni nuova situazione. Il compito fondamentale dunque dei mondi della scuola, della formazione, del lavoro e della politica sarà quello di favorire l’approccio delle competenze e del problem solving.
Quando immaginiamo questo spazio dei “creativi” non dobbiamo limitare l’orizzonte agli scienziati o agli inventori. Creativi nel senso di lavoratori che applicano conoscenze creative e non standardizzate sono tutti coloro che lavorano nei servizi alla persona (la cura delle relazioni non è per natura standardizzabile), nei settori dove si crea valore socialmente ed ambientalmente sostenibile, nell’artigianato, nella cura del patrimonio artistico, storico e naturalistico e più in genere in tutti i servizi professionali. In questa gigantesca trasformazione e necessaria riconversione di settori e competenze un sistema robusto di reti di protezione e ammortizzatori sociali diventa fondamentale. Per questo motivo il dibattito sul sussidio universale di disoccupazione (oltre le discriminazioni del passato tra lavoratori di grandi e piccole imprese) e di un reddito di cittadinanza (a cui le Acli assieme ad un’ampia rete di organizzazioni della società civile hanno contribuito con il progetto del Reis) assume importanza decisiva.
Un altro tema affascinante per l’economia civile e per gli scienziati sociali in generale, sempre più consapevoli oggi del fatto che le fondamenta di sistemi socioeconomici funzionanti sono le risorse invisibili del capitale spirituale e sociale, è l’effetto della rete e della nascita dei social su queste fondamentali variabili. Sappiamo bene che il capitale sociale nelle sue diverse dimensioni (fiducia, meritevolezza di fiducia, senso civico, fiducia nelle istituzioni, disponibilità a pagare per i beni pubblici) rappresenta il collante della vita economica. E sappiamo che la qualità dei beni relazionali “civicamente corretti” (ovvero orientati non alla protezione dei termini del legame a scapito di terzi, ma a produrre benefici verso terzi) sono un complemento fondamentale allo sviluppo del capitale sociale.
Ci si domanda dunque oggi se le relazioni digitali siano un sostituto che spiazza le relazioni face to face e la costruzione di capitale sociale, o un loro complemento. Per dare una risposta è necessario capire fino in fondo in che modo la rivoluzione tecnologica della rete ha modificato la gestione delle relazioni attraverso l’invenzione dei social.
Un primo elemento fondamentale è che gli strumenti per la socialità disponibili in rete hanno eliminato in parte le barriere spazio-temporali andando oltre l’esigenza di “prossimità” fisica e di “simultaneità” temporale per poter sviluppare e/o coltivare una relazione (le vecchie lettere spedite per posta realizzavano anch’esse questo secondo obiettivo ma i nuovi strumenti informatici consentono un’interazione così accelerata da non poter essere paragonabili alla vecchia corrispondenza).
I nuovi strumenti della rete hanno reso possibili enormi progressi nel condividere ed elaborare informazioni, nel chiamare a raccolta un gran numero di persone per un obiettivo comune (sia esso la raccolta di soldi o un appello o raccolta di firme) producendo una decisiva accelerazione in quel processo di creazione di un’unica comunità globale (la noosfera) che il teologo e scienziato Tehillard de Chardin già preconizzava ai tempi della prima guerra mondiale.
Le potenzialità e i rischi dei nuovi strumenti sono dunque enormi. E’ per questo motivo che tutti gli uomini di buona volontà non possono pensare di ritirarsi confortevolmente in un loro Aventino disconnesso dalla virtualità ma devono partecipare alla costruzione della nuova comunità globale.