Assistiamo al più grande movimento di persone sfollate e di rifugiati della storia recente, oltre a flussi migratori complessivamente consistenti. Fenomeni crescenti per i quali la Chiesa si sente chiamata a prestare assistenza in solidarietà in primis con le persone coinvolte, e anche con tutta la comunità internazionale. Tra le realtà ecclesiali, anche la Caritas a livello nazionale, europeo e internazionale, è attiva in tal senso, sia con iniziative di carità concreta, sia educative, sia di advocacy.
Mentre masse enormi di persone sono costrette ad abbandonare le proprie case a causa di continue e gravi lesioni dei diritti umani fondamentali, persecuzioni sempre più violente, guerre, catastrofi naturali frequenti e con ampia magnitudo, cambiamenti climatici, povertà e crescenti diseguaglianze, bisogna anche riconoscere che la migrazione è una risposta umana naturale alle crisi e una testimonianza del desiderio innato di ogni essere umano di essere felice e di godere di una vita migliore.
Desta particolare preoccupazione il fenomeno delle crescenti diseguaglianze socio-economiche tra Paesi e all’interno degli stessi, e di altri aspetti significativi correlati che limitano le possibilità di sviluppo e di progresso di interi popoli, come ad esempio la corruzione che segna così profondamente e pervasivamente le maglie sociali di molte aree, tanto da indurre gruppi crescenti di persone a lasciare le proprie località. Questa realtà, con le sue importanti dimensioni materiali e spirituali, sta provocando un impatto significativo sugli atteggiamenti e le reazioni delle persone in tutto il mondo.
Anche nella crisi attuale, l’esperienza ci insegna che si possono trovare risposte comuni, efficaci ed appropriate, in collaborazione con la comunità internazionale per promuovere e adottare misure efficaci di protezione della dignità, dei diritti e delle libertà di tutti i soggetti di mobilità umana, compresi i migranti forzati, i richiedenti asilo, i rifugiati e gli sfollati interni. Ad esempio, i processi avviati dalle Nazioni Unite per l’elaborazione di due Global Compact – uno sulla migrazione sicura, ordinata e regolare e uno sui rifugiati – hanno rappresentato un’occasione importante per fornire una risposta congiunta in termini di cooperazione internazionale e di responsabilità condivisa.
La Chiesa, anche con il contributo della rete Caritas, per l’occasione ha elaborato venti punti di azione, fondati sulle “buone pratiche” che, in conformità con il magistero di Papa Francesco, si articolano attorno a quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. L’obiettivo finale è quello di costruire una casa comune, inclusiva e sostenibile per tutti. Tra le ultime iniziative messe in campo dalla Chiesa italiana, emblematica, anche la campagna “Liberi di partire, liberi di restare” che oltre a stanziare un fondo significativo per progetti nei paesi di origine, transito e accoglienza in particolare dei minori stranieri e delle fasce più deboli (tra cui i corridoi umanitari), sta sviluppando tutta una serie di iniziative di sensibilizzazione e di formazione su questi aspetti. Il titolo della campagna ne sottolinea la “filosofia”: il valore della libertà che si deve tradurre in azioni concrete.
Europa e Mediterraneo
Per quanto riguarda l’Europa la rotta del Mediterraneo centrale verso l’Italia ha visto un drastico calo, ma le rotte orientali e occidentali sono aumentate parallelamente, così come quella di ingresso via terra. Allargando lo sguardo alle politiche o l’Europa si rifonda su valori condivisi, oppure è destinata a morire. Il Papa ci ha suggerito tre strade da percorrere per rafforzare la casa europea, per promuovere un cambiamento radicale di mentalità: “la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare”.
Se, partendo proprio dalla crisi dell’Europa, riusciamo a generare alleanze, a coagulare energie, ad aggregare soggetti diversi su proposte che sostengano i valori comuni della reciprocità e della fraternità, dell’equità e della democrazia, allora saremo anche in grado di ristabilire alcuni primati che, oggi, appaiono invertiti rispetto al loro ordine: il Vangelo sulla legge; l’uomo sulle regole dei codici; il servizio sul potere. Dall’Unione europea ci aspettiamo dunque un passo di creatività: pensare un’altra forma di unione, per ritrovare la forza che ha avuto nelle sue radici. È arrivato il momento che l’Europa esca da sé stessa, dal suo recinto fatto di muri e trincee che dividono l’uomo dall’uomo, e combatta la buona battaglia per ritrovare la sua identità, i suoi valori più alti e più profondi, insieme, guardando la realtà, senza trincerarsi dietro la paura. Troppe volte il tema delle migrazioni viene banalizzato, strumentalizzato da una comunicazione massificata. Una comunicazione consapevolmente dimentica delle singole storie che spariscono, senza essere raccontate, inglobate nel mainstream quotidiano.
Italia
Venendo all’Italia, dall’ultimo Rapporto Caritas-Migrantes “Non si tratta solo di Migranti” emerge un quadro chiaro. Diminuiscono gli ingressi per motivi di lavoro, mentre aumentano quelli per asilo e protezione umanitaria. Infatti in dieci anni il panorama degli stranieri che si rivolgono ai centri Caritas si è notevolmente modificato. Diminuisce la componente straniera più stabile e di vecchio corso, a fronte di un aumento dell’immigrazione connessa alla guerra e alle emergenze politiche e ambientali. Le comunità straniere più consistenti sono ancora quella romena e quella albanese, seguite da quella marocchina. La popolazione straniera sul territorio italiano risiede prevalentemente nelle regioni più sviluppate del Nord e in quelle del Centro, mentre nel Mezzogiorno e nelle Isole appare decisamente più contenuta, sebbene in crescita.
Alla luce di tutto questo bisogna dunque affrontare la questione migratoria nella sua complessità, esaminando tutti gli aspetti della questione e cercando di fare insieme, a partire dall’Unione europea, i passi possibili, come impegnarsi per porre fine alle situazioni di guerra, di povertà, di degrado ambientale che sono spesso all’origine di massicce emigrazioni; potenziare le modalità di ingresso regolamentate e sicure, aumentare significativamente le quote di reinsediamento e rafforzare altre misure complementari, garantire a chi ha diritto allo status di rifugiato la necessaria accoglienza; favorire i ricongiungimenti familiari; accompagnare processi di integrazione. Occorre inoltre continuare a lavorare per garantire una formazione e un’informazione corretta, anche per combattere la piaga delle fake news, di cui si alimenta il cosiddetto hate speech, il discorso dell’odio.
Non a caso “Condividiamo il viaggio”, “Share the journey” è il titolo della campagna di Caritas Internationalis, sui temi dello sviluppo e delle migrazioni perché cresca la consapevolezza delle storie di chi fugge, si sperimenti un percorso di accoglienza, tutela, promozione e integrazione dei migranti che arrivano tra noi, e non si dimentichi il diritto di ogni persona a vivere nella propria terra.
Il ruolo del diritto
Se oggi l’idea di un diritto universale, ovvero valido per tutti gli uomini indipendentemente dalle istituzioni sociali e culturali di appartenenza, è dato per acquisito, considerato “un nuovo diritto naturale dell’umanità” o perfino “un nuovo ethos mondiale”, nei fatti però non è così. La visione dei diritti umani si infrange contro politiche e prassi che poco hanno a che fare con la tutela dei diritti soggettivi delle persone. L’esternalizzazione delle frontiere, l’innalzamento di muri, la chiusura dei confini all’interno dell’Europa e di altre regioni sono la testimonianza di un umanesimo mancato. Come dire che l’universalità dei diritti umani sia ormai subordinata agli interessi particolari degli stati.
Un fenomeno quindi complesso che non riesce per motivi culturali, economici e a volte politici a mettere al centro le persone. Libertà di partire, libertà di restare, dunque, come prospettiva. Per tutti.
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