Quest’estate i membri M5S della Commissione Bilancio hanno lavorato duramente e in modo propositivo alla revisione delle norme che regolano la contabilità pubblica. Abbiamo chiesto più spazio e maggiore dignità di quella poi concessa in favore dei parametri di benessere sostenibile che vanno oltre la “stupida” misurazione in capo al Pil.
Abbiamo chiesto più sovranità e prerogative per il Parlamento rispetto i diktat della Ue sulle nostre politiche di bilancio. Abbiamo chiesto più responsabilità nella programmazione della spesa e una vera eliminazione di regalie clientelari, favori ai soliti amici, oltre a una prevenzione seria di ogni tentazione da “assalto alla diligenza”.
Con la prima legge di Bilancio riformata, in ottobre, il M5S ha assistito invece alle violazioni da parte del governo di norme che pure erano state volute e votate dalla maggioranza appena pochi mesi prima. I tempi di presentazione del Ddl unificato non sono stati rispettati, i saldi hanno iniziato a ballare e sono stati trasmessi in modo pasticciato, le previsioni sono apparse alquanto ottimistiche a tutti gli osservatori terzi. Infine, non sono mancate mance e marchette subito cassate dal presidente della Commissione Francesco Boccia.
Il M5S, come al solito, ha lavorato per un bilancio meno prigioniero degli zero-virgola e più vicino alle esigenze dei cittadini. Proprio pensando alla missione dei sindaci italiani e ascoltando le loro esigenze, abbiamo presentato un pacchetto di proposte che alleggerisce per i Comuni il peso dei mutui contratti con Cassa depositi e prestiti, che dà respiro ai bilanci con l’utilizzo degli avanzi e che apre spazi al turnover dei dipendenti, oltre a ristorare parte dei tagli subiti con le ultime manovre.
Ovviamente non poteva mancare il nostro Reddito di cittadinanza: una vera e propria manovra economica in grado di far ripartire i consumi in un’epoca di persistente deflazione che segnala la difficoltà della ripresa.
Abbiamo badato al pubblico impiego con la richiesta di proroga delle graduatorie in favore di vincitori e idonei di concorso. Ma il M5S ha prestato grande attenzione anche al capitolo previdenza: in nome di una maggiore flessibilità in uscita, agli istituti di credito abbiamo infatti tolto il business dell’Ape, l’anticipo della quiescenza studiato dal governo sulla pelle dei “pensionandi”.
Un nostro emendamento punta a trasformare Carichieti, uno dei quattro intermediari risoluti l’anno scorso e che hanno messo in ginocchio migliaia di risparmiatori, in una banca pubblica che eroga l’Ape a tassi calmierati (con il supporto di una garanzia assicurativa pubblica). Gli interessi delle rate, peraltro, tornano poi in capo a un ente pubblico.
C’è un importante pacchetto di emendamenti a beneficio delle aree del centro Italia colpite dal sisma, con proposte innovative per quelle fasce di popolazione che non sono abbastanza abbienti e fiscalmente “capienti” per poter usufruire del “sismabonus”.
Tra le proposte ci sono pure sgravi fiscali per le microimprese che utilizzano mezzi di trasporto a fini produttivi. Sul fronte dei trasporti, invece, vogliamo garantire la mobilità gratuita ai disoccupati di breve durata e con Isee basso: nel nostro bilancio di cittadinanza, infatti, non togliamo altri diritti costituzionali a chi ha già perso quello fondamentale al lavoro.
Crediamo poi fortemente nell’economia circolare, nel riciclo e nel riuso dei prodotti che preserva le risorse del pianeta, aumenta il potere d’acquisto dei cittadini e abbatte la produzione di rifiuti. Ecco che in nome di un consumo critico e intelligente si propone di ridurre al 10% l’Iva sulle prestazioni di riparazione di un ampio ventaglio di beni, mentre gli immobili che ospitano attività di riparazione e restauro potranno avere una deducibilità del 40% a fini Irpef e Irap dell’Imu e della Tari.
Il M5S guarda sempre al futuro. Per quanto concerne la sharing economy, si punta infatti a far emergere il nero e a riportare legalità nel settore degli affitti brevi, senza però uccidere in culla le nuove attività. Un emendamento prevede la cedolare secca al 10%, la possibilità per piattaforme come Airbnb di fare da sostituto di imposta e il trasferimento dei dati dal ministero dell’Interno all’Agenzia delle Entrate per favorire i controlli.