Educare, nella prospettiva cristiana, non è né un semplice regolare, né un solo lasciare spazio. Si tratta di accudire, sostenere, lasciar fare, consegnare ragioni di vita alla libertà dell’altro. La comunità credente deve promuovere un umanesimo della profondità, dell’altitudine, capace di scuotere e coivolgere gli animi. Un umanesimo della figliolanza, della fraternità, della fragilità, della generatività, della speranza, della trascendenza

Nel testo della Traccia per il cammino verso il 5° Convegno ecclesiale viene evidenziata una stretta correlazione tra una rinnovata attenzione all’uomo che possa essere capace di uscire da svariate forme di riduzionismo per mettere al centro la sua dignità, la sua integralità, la sua ‘destinazione’ e l’azione educativa. Vale la pena a questo proposito riprendere un passaggio del documento: “In questo senso l’educazione occupa uno spazio centrale nella nostra riflessione sull’umano e sul nuovo umanesimo.

Il Convegno ci impegna non soltanto nella comprensione attenta delle ricadute di queste trasformazioni sulla nostra identità personale ed ecclesiale (la nozione di vita umana, la configurazione della famiglia e il senso del generare, il rapporto tra le generazioni e il senso della tradizione, il rapporto con l’ambiente e l’utilizzo delle risorse di ogni tipo, il bene comune, l’economia e la finanza, il lavoro e la produzione, la politica e il diritto), ma anche sulle loro connessioni (In Gesù Cristo, il nuovo umanesimo, p. 52).

Vi sono molti contenuti, fa capire la Traccia, su cui lavorare dal punto di vista educativo; per poterli, però, affrontare occorre, nell’orizzonte della pedagogia cristiana, fare i conti, preliminarmente con due obiezioni di fondo che investono proprio il tema dell’umanesimo e quello dell’educazione.

Oggi, come è noto, si parla di ‘umanesimi’, partendo dalla constatazione fattuale che esistono differenti modi di ‘pensare’ e ‘prendersi cura’ dell’uomo. Di fronte a questi dati sembra sia velleitario parlare di umanesimo al singolare, qualificandolo addirittura come ‘il nuovo’. Lontano da una prospettiva di ‘supponenza’ fuori dalla realtà, il Convegno ecclesiale intende tracciare una prospettiva coraggiosa che richiama l’importanza di non abbandonare la ricerca continua del nucleo fondamentale che accomuna tutti gli uomini.

Nella pluralità delle culture umane, per riprendere il Concilio Vaticano II in alcuni passaggi della Gaudium et Spes, occorre cercare di costruire una cultura umana comune che permetta agli uomini di dialogare, di camminare insieme. Per i cristiani questa ricerca ha una radice, una strada, un modello di riferimento che è il volto di Gesù; esso non è racchiudibile nei confini di un determinata periodo o di un determinato contesto culturale, al contrario è compito della Chiesa mostrare, nella gratuità e nella libertà, come esso sia per ogni tempo domanda e forza di rinnovamento e sviluppo della qualità umana della vita personale, delle relazioni, delle istituzioni.

Parlare della necessità dello sguardo e della cura rinnovata nei confronti dell’umano significa riconoscere, correlativamente, che ‘uomini si diventa’ e che questo processo necessita di essere promosso e supportato. Eppure anche il tema dell’educare è sottoposto ad una obiezione di fondo. Non è in fondo l’educazioone un limitare la possibilità di autodeterminazione del soggetto? Non si tratta di un attività umana troppo ‘invasiva’ che rischia di togliere libertà alle persone invece che promuoverla? Sollecitata anche da queste questioni, la cultura educativa contemporanea (ma in realtà si tratta di una dialettica permanente) oscilla tra rigurgiti di iper-regolazione e una sottolineatura molto forte del valore del ‘lasciar fare e lasciar esprimere’.

Educare, nella prospettiva cristiana, non è né un semplice regolare, né un solo lasciare spazio. E’ qualcosa di più complesso e di diverso; si tratta di accudire, sostenere, lasciar fare (e l’elenco potrebbe continuare), consegnare ragioni di vita alla libertà dell’altro. Per promuovere in ogni persona il nucleo più profondo della sua umanità, è importante che egli possa essere sollecitato da una proposta. Quale sguardo sull’uomo è urgente che l’educazione cristiana proponga nell’oggi? Alla luce del Vangelo, la comunità credente intende promuovere un umanesimo non della tranquillità, ma della profondità e dell’altitudine, ossia capace di scuotere e coivolgere gli animi; un umanesimo della figliolanza, della fraternità, della fragilità, della generatività, della speranza, della trascendenza. Come bene dice la Traccia: “La difficoltà a vivere le relazioni è determinata dalla difficoltà a riconoscersi come ‘donati a se stessi’. Una vera relazione s’intesse a partire dal riconoscersi generati, cioè figli, cifra più propria della nostra umanità. D’altronde, al cuore del senso dell’umano rivelato in Gesù Cristo non sta il nostro essere figli?” (p. 30).

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