Il progetto, pensato per accompagnare la fase immediatamente precedente di preparazione e poi lo svolgimento del Convegno, prevede una serie di schede film ragionate e sviluppate su alcuni temi di portata sociale: dalla dignità del lavoro alla centralità della famiglia, dalla speranza nella malattia alla migrazione e alla solidarietà; dalla testimonianza del Vangelo al dialogo interreligioso, dal rispetto per l’ambiente e del creato alla carità nelle periferie dell’esistenza. Per ognuno dei temi proposti si è pensato di indicare un film, accompagnato da una lettura approfondita di taglio ‘educational’. Ogni scheda viene inoltre arricchita da un approfondimento con la segnalazione di altre opere e da una proposta critica.
Si intende pertanto offrire una selezione di titoli cinematografici da (ri)scoprire, settimana dopo settimana, scandendo le tappe di questo importante appuntamento della Chiesa italiana a Firenze. Il progetto è pensato nell’ottica di un supporto per parrocchie, sale della comunità, attività degli animatori della Comunicazione e della Cultura, e allo stesso tempo per docenti e coloro che sono impegnati nei settori educativi. Nella sua storia, poco più che centenaria, il cinema ha cambiato spesso stili e forme espressive, ha messo a frutto invenzioni tecniche e nuove tecnologie. Di sicuro, pur attraverso il cambiare della narrazione, non ha mai rinunciato ad essere testimone del proprio tempo, ad essere cronaca, e poi anche commento, di cambiamenti, mutazioni, stravolgimenti.
Sempre muovendosi tra realtà, finzione, fantasia, tra le due modalità sulle quali il cinema è nato: da un lato l’immaginazione dei fratelli Melies (Il viaggio sulla Luna); dall’altro il documento con l’arrivo del treno in stazione. Sul tema della dignità del lavoro, si parte da Due giorni, una notte, il bel film diretto nel 2014 dai fratelli belgi Jean Pierre e Luc Dardenn. Si possono poi citare: La legge del mercato del francese Stephane Brize, per il quale il protagonista Vincent Lindon ha vinto la palma d’oro come miglior attore al Festival di Cannes 2015. E, per restare negli ultimi anni: La mossa del pinguino di Claudio Amendola, 2014; La parte degli angeli di Ken Loach, 2012; The Company Men di John Wells, 2010; Giorni e nuvole di Silvio Soldini 2007.
Se Ken Loach è il regista che, negli ultimi decenni, ha costruito con più coerenza la propria carriera sul difficile rapporto tra l’uomo e il mondo del lavoro (soprattutto in Europa), denunciando abusi, storture, mancanza di contrappesi e di misure, si può collocare l’inizio nel film Tempi moderni (1936) in cui Charles Chaplin/Charlot alzava il primo grido di dolore sulla disumanizzazione dell’uomo/macchina. In Italia, naturalmente, il cinema che si è occupato di lavoro lo ha fatto ben presto (da dopo il ’68) con i toni aspri e violenti della polemica politica non di rado sfociati in una poco produttiva deriva ideologica. Senza tuttavia dimenticare un approccio più pacato e interiore come quello operato da Ermanno Olmi in almeno due titoli: Il posto (1961); I fidanzati (1963). Anche la famiglia può essere considerato un macrogenere, un contenitore ribollente e magmatico che il cinema ha approcciato nelle forme più differenziate, talvolta seguendo le strade della metafora e del simbolo.
Ha detto Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 23 gennaio 2015: “La famiglia più bella, protagonista e non problema, è quella che sa comunicare, partendo dalla testimonianza, la bellezza e la ricchezza del rapporto tra uomo e donna, e di quello tra genitori e figli”. Tra i film recenti si possono ricordare: Io, Arlecchino di Giorgio Pasotti e Matteo Bini, 2015; Father and Son, un intenso titolo giapponese sullo scambio di neonati in clinica. Ma non vanno dimenticati: In un mondo migliore di Susanne Bier, 2010; Scialla di Francesco Bruni, 2011, Il ragazzo con la bicicletta dei fratelli Dardenne, 2011; American Life di Sam Mendes, 2009.
Da queste poche citazioni si intuisce che il rapporto tra il cinema e i temi principali di portata sociale è ampio, sfaccettato, disomogeneo. E che il cinema ha questa provocatoria capacità di aiutarci a capire meglio il passato e il presente per progettare un futuro di comune condivisione. Dai tempi di Intolerance e delle prime Passioni filmate non cambia l’impegno per mettere la creazione cinematografica al servizio dell’uomo e della donna rinnovare nel nuovo umanesimo.