I due documenti sono già disponibili sul sito dell’UNESCO. I test genetici offerti direttamente al consumatore, la medicina di precisione, le biobanche, i test prenatali non invasivi e le tecniche sempre più sofisticate di ingegneria genetica e editing del genoma sfidano alcuni dei principi fondamentali che si sono consolidati nella teoria e nella pratica dei diritti umani – a partire dal rispetto per l’autonomia e la privacy, dalla giustizia e dalla solidarietà – e impongono un aggiornamento della nostra comprensione della salute e della malattia, delle coordinate del contesto culturale, sociale ed economico della ricerca scientifica, della nostra responsabilità per le generazioni future. L’imperativo della condivisione, senza discriminazioni e contro la rassegnazione all’idea di standard multipli di rispetto dell’umano a seconda dei luoghi, delle circostanze e soprattutto delle asimmetrie di ricchezza e povertà, viene declinato guardando ai tre grandi temi proposti nell’articolo 15 della Dichiarazione universale sulla bioetica e i diritti dell’uomo del 2005: le modalità di partecipazione alla ricerca scientifica; l’accesso ad una assistenza sanitaria di qualità; la promozione delle condizioni che potranno finalmente consentire di ampliare il numero dei soggetti e dei popoli che sono protagonisti attivi dell’impresa del progresso scientifico, perché non è con la beneficenza “dall’alto verso il basso” che si risolvono i problemi della libertà e della giustizia.
L’obiettivo di un “nuovo umanesimo” è stato più volte rilanciato in questi anni dalla Direttrice Generale dell’UNESCO Irina Bokova. I due rapporti del Comitato, al di là delle soluzioni proposte sulle questioni più specifiche che vengono affrontate, offrono a questa riflessione il contributo di una premessa, di una priorità e di un metodo.
La premessa è quella della necessità di pensare sempre la potenza della libertà, nelle sue molteplici espressioni, insieme al suo limite. Questa indicazione si applica ad entrambi i vettori che più di altri hanno contribuito e contribuiscono alla globalizzazione. Si applica alla scienza: la stessa definizione del genoma umano come “patrimonio dell’umanità”, che apre la Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti dell’uomo del 1997, sottende il dovere di proteggerlo e trasmetterlo alle generazioni future, con l’inevitabile conseguenza di considerare con particolare cautela la sua manipolazione. Si applica al mercato: in caso di conflitto, la tutela della vita degli esseri umani e della loro salute, sul presupposto di una dignità uguale per tutti, viene prima della legittima ricerca del profitto e ogni sforzo deve essere fatto per rendere la seconda compatibile con la prima.
La priorità è appunto quella della giustizia: il progresso della scienza non può essere per pochi o servire addirittura ad allargare la distanza fra la ricchezza e il benessere di pochi e la sofferenza, l’esistenza al margine dei molti che rimangono dimenticati nella tante periferie del mondo. L’umanesimo della bioetica globale, da questo punto di vista, è davvero semplice come quello della Laudato si’ di Papa Francesco, che chiede di riconoscere nell’iniquità del sistema economico e politico uno dei sintomi più gravi di un’antropologia malata ed egoista.
Il metodo è quello dell’inclusione: “devono essere incoraggiate le procedure – questa è la raccomandazione contenuta nel Rapporto sul genoma umano per governare conflitti non superabili come quello sullo statuto dell’embrione – che siano eticamente ‘non controverse’, cioè il più rispettose possibile delle diverse sensibilità e tradizioni culturali”. Il Rapporto sul principio della condivisione dei benefici si conclude sottolineando che “la solidarietà attraverso la partecipazione e non la beneficenza è il legame di condivisione che dobbiamo sviluppare”. Jacques Maritain, che fu chiamato a presiedere la seconda Conferenza Generale dell’UNESCO a Città del Messico nel 1947 e poi a scrivere l’Introduzione del volume nel quale vennero raccolti i contributi di alcune delle principali personalità dell’epoca alla riflessione sull’idea dei diritti umani, propose di interpretarli come il punto di convergenza di un consenso pratico sulle priorità da rispettare, lasciando a ciascuno la libertà della ricerca speculativa sulle ragioni e magari anche la convinzione della verità delle proprie. Il nuovo umanesimo del ventunesimo secolo ha ancora bisogno di questa umiltà.