La 48° Settimana sociale, che si è conclusa lo scorso 29 ottobre a Cagliari, è stata un luogo di contaminazione e più che la fine di un percorso, hanno decretato nuove strade da percorrere insieme per mappare, connettere e promuovere le buone pratiche sul tema del lavoro responsabile.
Le esperienze attente alle esigenze delle persone e dell’ambiente sono numerose e sono state più di 400 quelle mappate e intervistate grazie al progetto Cercatori di LavOro, un’idea di Leonardo Becchetti e del Comitato Organizzativo delle Settimane Sociali, che è stato realizzato insieme a NeXt e a Progetto Policoro. Il lavoro di animazione territoriale dei volontari delle diocesi e dei giovani del progetto Policoro è stato il punto di riferimento per ripensare alle Reti presenti nei territori e al ruolo dei giovani nella costruzione del “lavoro che vogliamo” (il claim dei giorni cagliaritani).
Molto si è parlato dei diritti dei giovani lavoratori, che in un contesto sempre più digitale sembrano perdere riferimenti culturali forse troppo datati, a volte sostituiti da false innovazioni non in grado di tutelare e rilanciare le parole associate dal Papa al lavoro del futuro (ma anche a quello che dovrebbe il lavoro presente): libero, creativo, partecipato e solidale.
Le diocesi – veri e propri laboratori di innovazione – hanno evidenziato come la parola “lavoro” rischi di essere svuotata di senso, un po’ come sta succedendo al termine “sostenibilità”. La verità è che troppo spesso si valuta e si dà importanza soltanto agli aspetti quantitativi dell’occupazione. Ovviamente i numeri e le statistiche sono importanti, ma a queste serve affiancare alcuni aspetti più qualitativi e “intangibili” in grado di valorizzare le relazioni e l’impatto sociale nei luoghi di lavoro.
Per questo si è deciso di costruire una Mappa dei volti delle buone pratiche, che non ha la presunzione di essere perfetta ed esaustiva, ma ha permesso di delineare e far conoscere le persone e le storie di esperienze di tutela e promozione dei diritti del lavoratore. Il passo successivo sarà aggregare nuove esperienze e nuovi lavori di rilevamento e approfondire l’impatto delle politiche sociali e di inclusione promosso dalle aziende nel tempo.
Semi di speranza e innovazione sono presenti in tutta Italia e le diocesi svolgono un ruolo importantissimo per far crescere piante forti e ben radicate nel terreno. Le organizzazioni invece dovranno sempre più vigilare realizzando azioni tese a: informare i cittadini sulla perdita dei diritti che alcune pratiche di “sharing economy” sembrano adottare, portandoci a una continua ricerca del prezzo più basso possibile per il cliente a costo del prezzo equo e dignitoso per i lavoratori; supportare le esperienze responsabili, per evitare il rischio di paternalismo, ancora oggi molto presente anche nelle esperienze più virtuose, che nonostante poggi su solide basi, non tiene conto della tutela dei diritti collettivi e dei corpi intermedi da parte dell’imprenditore.
Le Settimane Sociali hanno fatto emergere con chiarezza e forza l’importanza di una ricerca-azione sul bene comune che diventa impossibile in una società fortemente individualista. Bisogna allora mettere in primo piano il valore della persona, che deve essere intesa come un nodo di relazioni. L’individuo è ben poca cosa in risposta all’immagine comunitaria che la persona incarna e parlare di diritti individuali sembra essere, in questo ragionamento, fuori contesto rispetto ai diritti collettivi in cui siamo tutti protagonisti.
La Mappa delle buone pratiche, come ribadito più volte, è solo uno strumento utile per un duplice obiettivo: rafforzare le esperienze positive e crearne di nuove partendo dagli elementi di replicabilità di quest’ultime.
Per rafforzare i modelli virtuosi presentati e discussi a Cagliari, un altro problema è quello dell’aggregazione della domanda consapevole, per valorizzare l’aspetto solidale del lavoro, in una logica non solo di altruismo ma di autointeresse lungimirante.
Per favorire questo duplice passaggio, dalla mancanza di diritti a una loro tutela e dai diritti individuali a quelli collettivi, serve un potente cambiamento del welfare. Questa inversione di tendenza può partire solo dal basso, in particolare sul versante della domanda, ma serve un maggiore coordinamento e aggregazione della domanda stessa.
Il Voto col Portafoglio sembra essere uno degli strumenti più innovativi, nella sua semplice forza, per tutelare i diritti dei lavoratori di oggi e di domani attraverso un gesto premiale di consumo consapevole. Ovviamente l’aspetto premiale risulterebbe depotenziato senza il ruolo attivo della “denuncia” espresso chiaramente anche nella Dottrina Sociale della Chiesa. Ma in questo caso si assisterebbe a una nuova forma di boicottaggio, un boicottaggio 2.0 che parte dagli esempi positivi per contestare le degenerazioni.
Per riattivare la dimensione sociale del lavoro sembra essenziale la costruzione di nuove forme di istituzioni di comunità, all’interno delle quali le diocesi, il terzo settore e i comuni possano riorganizzare un tipo di welfare comunitario.
Se non vogliamo adulti dipendenti e “pigri”, poco abituati a risolvere e proporre, è buona cosa investire su una formazione continua dei giovani e fare in modo che questi entrino in contatto il prima possibile con le esperienze sane di lavoro. Un’educazione che ci introduca a un sano rapporto con la realtà. Il lavoro va reinserito nel processo educativo. Con le scuole e le università del territorio si dovrà lavorare a una grande opera di “alfabetizzazione lavorativa”.
Dobbiamo riflettere ancora molto sulle esigenze delle singole realtà locali espresse a Cagliari e lo faremo in questi mesi, grazie a un lavoro di analisi e approfondimento dei bisogni e delle proposte che più di 1.000 delegati hanno fatto emergere durante i giorni di lavoro comune. Il percorso di formAzione e animazione territoriale è appena iniziato e funzionerà solo se ci ricorderemo in modo costante che con 1 + 1 si ottiene 3 e non 0,5.
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