Se pensiamo che nelle altre nazioni europee, da molti anni all’”avanguardia” di questo movimento migratorio, si stanno riducendo i minori di origine immigrata , possiamo delineare il nuovo volto dell’Italia guardando a chi si affaccia sul mondo del lavoro nei prossimi 5-10 anni, ossia una gioventù mista, tra cui ci saranno ragazzi autoctoni, ragazzi figli di immigrazioni interne e figli di immigrati dall’estero, ragazzi migranti in prima persona, giovani europei in mobilità, ecc.: sarà persino difficile distinguere le diverse provenienze in base al passaporto, perché chi è nato in Italia da genitori stranieri avrà nel frattempo acquisito di diritto la cittadinanza italiana. Secondo Anci e Cittalia, nel 2029 si conteranno in Italia quasi due milioni di minori stranieri che, in parallelo con il calo delle nascite degli autoctoni, arriveranno a rappresentare il 20,7% dei minori residenti, il doppio della quota attuale.
Negli ultimi anni, anche pensando a quanti investimenti pubblici sono stati devoluti ad accogliere, tutelare e formare i figli degli immigrati, nell’opinione pubblica si fa strada un modo di pensare “inclusivo”, favorevole alla concessione rapida della cittadinanza ai giovani nati in Italia da genitori stranieri, dove la cittadinanza non rappresenta un privilegio ma un dovere, da entrambe le parti (lo stato e i nuovi cittadini). Infatti, avere in Italia 1/5 di giovani che non si sentono cittadini (e non hanno diritti formali pari a quelli dei propri coetanei) non solo rappresenta un’ingiustizia, ma può fomentare sentimenti rivendicativi nelle minoranze e, di certo, non aiuta a contrastare pregiudizi e atteggiamenti razzistici che trovano nella apparente “debolezza” dei migranti terreno fertile per manifestarsi.