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Il mio augurio per il futuro delle ACLI è che continuino, con coerenza e fedeltà alla loro storia, a creare occasioni di stimolo e piste di percorsi di civismo e cittadinanza attiva per uomini e donne dei nostri tempi. Contribuendo, in questo modo, ad unire i generativi verso la comune missione nelle tante occasioni che le nostre reti e i percorsi dei festival e degli eventi dell’impegno civile hanno creato in questi anni e ci mettono a disposizione.

La storia delle ACLI è fondata su due pilastri. Un impegno a stare sul mercato fornendo servizi preziosi ai cittadini e una solida tradizione di iniziativa sociale e culturale sui temi del lavoro, della solidarietà e della giustizia sociale nel solco della visione cristiana.

Nel secondo ambito ho avuto il piacere di collaborare per molti anni come direttore di Bene Comune, una rivista online che ha raccolto e connesso tra di loro contributi di protagonisti del nostro paese provenienti da diversi ambiti della vita sociale e professionale. La decisione di far nascere Next, un’associazione di promozione sociale multistakeholders impegnata sui temi della giustizia sociale e del voto col portafoglio, da cui sono nati il Festival Nazionale dell’Economia Civile e la piattaforma di vendita delle eccellenze sociali del nostro paese come Gioosto,  è nata proprio all’interno di questa collaborazione e per molti anni Next ha avuto sede proprio nella sede nazionale delle ACLI.

Questi anni di esperienza quasi da embedded, interno, mi portano a pensare che il ruolo delle ACLI di stimolo sociale e culturale in un momento difficile come quello che stiamo vivendo sia fondamentale ed urgente.

I mali che stiamo vivendo (riscaldamento globale e susseguirsi di eventi climatici estremi, povertà e diseguaglianze) sono in realtà l’effetto di una più profonda povertà di senso del vivere che è figlia di una deprivazione e di un vulnus della nostra cultura. Dei tre principi fondanti della Rivoluzione Francese che affondano nelle radici della nostra storia e cultura cristiana (libertà, eguaglianza, fraternità) i pensieri liberale e socialista che hanno monopolizzato la nostra storia politica hanno sviluppato rispettivamente i primi due lasciando in soffitta il terzo. È la carenza di fraternità, che io chiamo anche intelligenza relazionale, che spiega molto di quello che stiamo vivendo. L’analfabetismo relazionale di ritorno è alla radice della miseria e delle tragedie nelle relazioni interpersonali come in quelle tra gli stati che sanno fare le guerre ma sembrano aver dimenticato la via della diplomazia, dei negoziati e della pace.

Da economista riconosco che il mainstream economico ha grandi responsabilità da questo punto di vista avendo sviluppato il suo pensiero oggi dominante su una visione dei bisogni della persona angusta e ridotta, capace di considerare soltanto l’aspetto materiale di reddito e consumi.

Tutti gli studi di frontiera delle scienze sociali ci dicono invece che siamo molto di più.

Siamo cercatori di senso, bisognosi di riconoscimento e di relazioni, felici se generativi (ovvero capaci d’impatto positivo verso altri esseri umani). La nostra aspirazione all’infinito infine rende assolutamente necessario annoverare la trascendenza tra i nostri bisogni fondamentali.

Se tutto questo è vero è urgente una riforma del pensiero economico. La nascita, crescita e sviluppo dell’economia civile e il manifesto sul rinascimento economico che da essa scaturisce firmato da 350 colleghi italiani sono il nostro impegno cogente di questi ultimissimi anni in tale direzione.

È inoltre necessario partire dai dati positivi della nostra comunità (buone pratiche, reti e calendario di festival sull’economia sociale e civile) per rilanciare con decisione lo spartito della fraternità. Anche su questo fronte le ACLI, in virtù delle loro radici, della loro storia e del loro peso specifico nella società odierna, possono e devono avere un ruolo di propulsione e di leadership fondamentale. I fermenti positivi di questi ultimi tempi vanno valorizzati e messi a sistema. Con la redazione del Piano Bi abbiamo aggregato 15 intellettuali rappresentativi del nostro paese per coniugare il paradigma relazionale in un glossario che contiene le parole più rappresentative dei nostri tempi a partire da quelle della Costituzione. Nelle recenti Settimane Sociali di Trieste le Acli hanno svolto un ruolo importante assieme alle altre associazioni laicali accompagnando e favorendo la nascita della rete di amministratori che, all’interno di diversi partiti, si riconoscono nella cultura e nelle radici cattoliche.

Partendo da questi dati di ricchezza e di fermento della nostra comunità che crescono e resistono in questi tempi difficili dobbiamo avere il coraggio di essere più ambiziosi. La vera posta in gioco, come testimoniano le due iniziative popolari promosse proprio dalle ACLI, è quella della salvezza della democrazia che passa attraverso una sua necessaria riforma. La democrazia è come un albero che affonda le sue radici nel terreno. Se il terreno è ricco di sali minerali l’albero sopravvive ed è rigoglioso. I sali minerali sono la partecipazione, il civismo e la cittadinanza attiva. Per creare un circolo virtuoso dobbiamo pertanto avere l’ambizione di cambiare la forma della democrazia creando un’osmosi tra intellettuali, addetti ai lavori ed amministratori. La democrazia e la trasparenza delle forme di partecipazione e dei partiti è da questo punto di vista fondamentale.

Pertanto, anche nella ricerca di soluzioni pratiche ai problemi concreti che ci affliggono, dobbiamo sempre privilegiare e favorire quelle che, oltre a risolvere lo specifico problema, stimolano collateralmente quei sali minerali di cui abbiamo parlato. Per questo motivo per il nostro mondo sono così importanti le comunità energetiche rinnovabili e solidali e il principio dell’amministrazione condivisa.

La letteratura empirica delle scienze sociali ci dice che la soddisfazione e ricchezza di senso di vita è alimentata dalla partecipazione e dalla generatività. Gli studi sulla felicità oggi ci dicono moltissimo sui fattori che la determinano. “Se sappiamo tutto della felicità perché non siamo felici ?” mi ha chiesto una volta provocatoriamente uno studente. La risposta è che per essere felici ci vogliono i piedi. Tutte le cose, come la partecipazione e la generatività, che possono renderci felici sono faticose e possono essere conquistate solo se ci scuotiamo dal torpore e ci mettiamo in cammino.

Il mio augurio per il futuro delle ACLI è che continuino, fedeli alla loro storia, a creare occasioni di stimolo e piste di percorsi di civismo e cittadinanza attiva per uomini e donne dei nostri tempi. Contribuendo ad unire i generativi verso la comune missione nelle tante occasioni che le nostre reti e i percorsi dei festival e degli eventi dell’impegno civile hanno creato in questi anni e ci mettono a disposizione.

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