In vista del Congresso nazionale e sulla scorta della storia delle Acli (80 anni) in relazione alla vita della Repubblica italiana, abbiamo aperto con questo numero di BeneComune un dialogo, lasciandoci ispirare dalla relazione del Presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia, dello scorso mese di maggio, dove vengono indicate alcune sfide che la società e le Acli hanno di fronte nel presente e nel futuro.
Riporto alcuni passaggi significativi:
“Il problema che sta davanti a noi oggi è quello di generare una nuova cultura politica: la grande capacità del cattolicesimo politico del passato, […] è stata quella di saper coniugare la riflessione sui passaggi storici in atto con la ricerca del bene possibile nelle condizioni date. La cultura politica non è la rappresentazione pura e semplice delle istanze e dei bisogni pur legittimi, ma è la capacità di saperli sintetizzare ed elaborare all’interno di un progetto credibile e realizzabile. All’interno di tale cultura vanno collocate le istanze radicali che ci derivano dal Vangelo e dall’insegnamento della Chiesa, che noi poniamo con umiltà e inquietudine. La prima è il disarmo, inteso come problema delle singole coscienze e della politica. […] La seconda è il dialogo. Il dialogo tra persone, tra credenti, tra credenti e non credenti, con i nemici, il dialogo non come atteggiamento buonista, ma come tessitura di percorsi, perfino come arma diplomatica di conflitto non violento. […] La terza, ma non ultima è la democrazia secondo Costituzione. Non semplicemente la democrazia, perché la democrazia non è mai immune dai totalitarismi e dall’iniquità, ma la democrazia scritta e tutta da difendere ed attuare della nostra Costituzione, basandola sui pilastri della libertà della persona, della democraticità e socialità dello Stato e dell’autonomia delle formazioni sociali; tutti tre insieme, evitando che l’uno abbia il sopravvento sull’altro. Queste scelte di fondo possono animare una politica nuova. Senza coltivare l’umanesimo della radicalità del Vangelo tutto può svanire in contenitori e ambizioni di corto raggio. In pari tempo, senza la costruzione, attraverso pazienti percorsi formativi, di una nuova cultura politica, tale umanesimo rischia di rimanere nel cielo indefinito delle istanze bene intenzionate senza mescolarsi con la pesantezza della dialettica politica nella quotidianità delle scelte[…]. [Quella delle Acli è] una storia articolata, ricca di uomini e donne che hanno dato testimonianza fedele alla Costituzione, alla Chiesa e denunciato le condizioni di lavoro dei più oltre che immaginato un lavoro più solidale, dignitoso, giusto, partecipativo. Possiamo affermare che dal 1° Maggio 2024, questa storia adesso appartiene a tutti, perché è passato il messaggio per cui le vicende delle Acli riguardano la vita della nostra Repubblica, riguardano la fede di tante persone, sono punto di riferimento sulle condizioni di lavoro dei cittadini di questo Paese. Ogni parola, gesto, azione che facciamo deve essere interpretata con questa cartina di tornasole che mette in rilievo un’attività non solo dei soci, per i soci e con i soci ma una storia che riguarda il destino di tutti. […] Le ACLI nascono, in un certo senso, nell’ambiguità. Nella loro storia ottuagenaria sono riuscite a crescere perché tutti ne leggevano solo un frammento di vitalità: chi di tipo politico, chi di tipo pastorale, chi sindacale, chi sociale e di azione civile. […] Oggi tutto ci spinge ad essere passivi ma la vera sfida è nella partecipazione, nella capacità di connettere esperienze e storie, nella passione delle relazioni che implicano discussioni, rimboccarsi le maniche, cogliere il tempo dell’aspettare e dell’agire (Tratto dalla Relazione del Presidente Emiliano Manfredonia al Consiglio nazionale, Roma 10 e 11 maggio 2024).
Abbiamo così chiesto a persone che hanno vari punti di vista qualificati sulla società di condividere con noi uno sguardo, che aiuti a metterci in dialogo e a cogliere “frammenti di vitalità”.
Compiamo 80 anni, ci conoscete? Serviamo ancora? Sul presente e il futuro che stiamo vivendo come cittadini, cristiani, movimenti, associazioni, Terzo Settore, società, Paese, popoli, umanità vi chiediamo di darci la vostra valutazione, secondo il vostro punto di vista e le vostre competenze a partire da come ci vedete, pensate e da eventuali esperienze condivise.
Questi sono gli interrogativi che ci hanno messo in discussione e hanno animato l’agorà di BeneComune, ai quali hanno dato il loro prezioso contributo:
Leonardo Becchetti, in un articolo, intitolato Le Acli, esperienza generativa di civismo e cittadinanza attiva, che ci invita a continuare, con coerenza e fedeltà alla nostra storia, a creare occasioni di stimolo e piste di percorsi di civismo e cittadinanza attiva per uomini e donne dei nostri tempi;
Francesca Rispoli e Luigi Ciotti, che insieme hanno redatto lo scritto Acli e Libera: Ottant’anni di lotta comune per la giustizia sociale e la dignità del lavoro, dove ci ricordano che Libera ed Acli, insieme, possono continuare a costruire un Paese più giusto, in cui l’attuazione concreta dei valori e principi costituzionali sia un baluardo contro le mafie e un’opportunità di crescita per tutti;
Maria Luisa Sergio, che ci accompagna anche nelle celebrazioni dell’80° venerdì 29 novembre presso il Teatro della Conciliazione, nell’articolo Oltre la “fine del lavoro”: Acli e bene comune nella società che cambia spiega come fin dagli esordi, l’attenzione verso le fasce più deboli della popolazione, il volontariato, le pratiche di formazione professionale e le forme di cooperazione allo sviluppo sono stati gli elementi costitutivi dell’esperienza aclista, che pone la persona umana come fondamento e fine ultimo di ogni azione civile e politica;
Massimo Fusarelli, con l’articolo Da Francesco d’Assisi alle Acli: Il fermento di una nuova cultura politica, che ci invita a guardare a come Frate Francesco d’Assisi ha generato una nuova cultura politica per il suo tempo e per quelli successivi e alle Acli come fermento di una forma fraterna, che promuove spazi di partecipazione, di educazione alla pace e al dialogo, di disarmo verbale e mentale per aprirsi alla possibilità di relazioni nuove;
Cristina Simonelli, nell’intervista curata da Tommaso D’Angelo, che mostra, a partire dalla discussione sulla cultura civile ed ecclesiale del nostro Paese, come “essere nella città di tutte e tutti” significhi saper stare in un dialogo alla pari;
Massimo Campedelli, con l’articolo Il welfare di Francesco: una proposta spirituale e politica, che descrive un tempo quanto mai opportuno per le Acli e altri che trovano in esse un riferimento;
Luisa Corazza, nell’articolo Il ruolo delle Acli nella prospettiva territoriale: una visione dalle aree interne, che descrive come le Acli rivestono un ruolo significativo nelle aree interne con la loro presenza attraverso i circoli, con la promozione di attività culturali e di ricerca sul tema, con l’impegno per una visione diversa del mondo e del rapporto tra istituzioni e partecipazione sociale;
Raffaele Mantegazza, che ha condiviso con noi la riflessione Le mie tre fedeltà. I tratti comuni delle mie esperienze dentro le Acli, in cui Acli significa giovani, dialogo, pace, antimilitarismo, servizio, accoglienza.
Li ringraziamo per aver contribuito a questa riflessione e condiviso con le Acli il coraggio nell’affrontare alcune sfide che ci vedono impegnati in un cammino condiviso di pace per generare una nuova cultura politica.
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