Quali sono le principali funzioni e responsabilità del Consolato Italiano a San Paolo? Come il Consolato supporta la comunità italiana residente in Brasile?
Ci piace vedere le funzioni del nostro Consolato strutturate su tre colonne principali.
La prima colonna è quella dei servizi consolari, dell’assistenza a tutti i connazionali, che si articola lungo le assi direttrici dei principali servizi, che includono cittadinanza, stato civile, anagrafe (AIRE), passaporti, assistenza ai bisognosi, il settore scolastico e quello notarile, ecc.
Poi c’è la seconda colonna, che è quella dell’assistenza alle imprese, perché il Brasile e in particolare lo Stato di San Paolo con l’omonima capitale è il cuore economico dell’America Latina, e qui sono presenti tantissime realtà imprenditoriali italiane, con cui interagiamo e che hanno bisogno a volte di un nostro aiuto o di lavorare in sinergia con le autorità italiane e con quelle locali.
La terza colonna è la promozione integrata, che include eventi per promuovere le eccellenze italiane in cultura, innovazione, scienze e tecnologie.
Le nostre attività si basano su questi pilastri. Sul piano della forza lavoro e del tempo dedicato, i servizi consolari sono quelli che hanno il maggior peso.
Quali sono le forme di dialogo più significative che si attuano nel vostro lavoro?
La nostra comunità AIRE conta 380.000 cittadini, un numero in crescita grazie al riconoscimento della cittadinanza per ius sanguinis, con circa 40.000 nuovi iscritti. In questa comunità ci sono persone e famiglie che sono in Brasile da molte generazioni, gli espatriati che sono appena arrivati, quelli che hanno l’intenzione di rimanere qui per sempre o chi si trova qui temporaneamente.
Per fare il nostro lavoro dobbiamo dialogare a molti livelli: un primo livello, più generale, è quello di cercare di mettere il maggior numero di informazioni trasparenti e ben funzionanti sul nostro sito web e sui media sociali. Usiamo principalmente Instagram, il social media più diffuso in Brasile, oltre a Facebook, Twitter e YouTube. Non ci limitiamo a diffondere notizie, ma cerchiamo di utilizzare questi strumenti con una comunicazione che non sia soltanto top down, ma che interagisca con il pubblico.
Poi ci sono i portali di riferimento, dove i connazionali possono iscriversi, chiedere servizi, aggiornamenti, comunicare variazioni, che sono prevalentemente due: Fast IT, che è quello che noi utilizziamo prevalentemente per le iscrizioni e le variazioni anagrafiche e Prenot@mi, per prenotare i servizi consolari. Perché parlo dei portali? Con 380.000 connazionali e 200.000 richieste di cittadinanza, non possiamo gestire tutto con una comunicazione diretta, via telefono o mail. Quindi cerchiamo di portare la comunicazione di larga scala, prevalentemente sui portali.
Poi naturalmente abbiamo anche gli indirizzi e-mail dei singoli uffici, un’e-mail dedicata alle urgenze dei passaporti, un numero di telefono per le emergenze consolari, un numero di telefono per gli anziani che hanno poca dimestichezza con gli strumenti digitali.
Un’altra importante occasione di dialogo sono le riunioni con tutti gli enti necessari a rappresentare la collettività: C’è un Comites ben strutturato, ci sono diversi patronati, c’è il Circolo italiano, ci sono anche altre associazioni che rappresentano varie realtà geografiche italiane qui presenti, che sono anche formalmente riconosciute dal Consolato. Questo ci permette di avere un canale di dialogo mediato che è molto opportuno, perché, per esempio, grazie alla promozione di cicli di riunioni durante tutto l’anno cerchiamo di armonizzare l’informazione su norme e prassi per l’erogazione dei servizi Consolari. È chiaro che se il Consolato ha una certa norma da seguire o delle prassi su come si erogano i servizi è importante che gli enti, che peraltro sono riconosciuti come il CGIE, il Comites e i Patronati, sappiano trasferire queste informazioni corrette ai loro associati per evitare di far circolare informazioni errate, che possono indurre il singolo cittadino a perdere una scadenza o a fare una domanda come non va fatta.
Noi nell’arco di questo anno, oltre ad aver fatto delle riunioni più generali di scambio di idee e punti di vista, abbiamo fatto delle sessioni tematiche con questi rappresentanti per fornire loro un quadro trasparente sul modo e sulle norme che noi seguiamo per erogare i servizi. Poi la stessa cosa vale anche per il mondo imprenditoriale, per esempio con la Camera di Commercio e l’Agenzia ICE abbiamo fatto dei road show per portare a conoscenza delle imprese – in particolare quelle imprese brasiliane che vogliono fare business con l’Italia, le imprese italiane presenti in certi territori dello Stato brasiliano o di Italo-discendenti, che sono una parte importante del tessuto economico, commerciale e industriale del luogo – i servizi del sistema Italia, perché qui, anche sul mondo delle imprese, c’è un sistema Italia che include la Camera di Commercio, l’Ufficio ICE, l’Agenzia SACE e tra un po’ apriremo anche SIMEST dentro il Consolato.
Quindi c’è una gamma di servizi che il “sistema Italia” mette a disposizione delle imprese italiane o brasiliane, che vogliono commerciare e fare investimenti con l’Italia. I servizi possono essere forme di assicurazioni, forme di finanziamento, progetti di studio di mercato. Organizziamo anche dei business forums, degli incontri sull’economia in generale o mirati proprio ad alcuni settori. Questa è una forma di comunicazione che vede da una parte la cittadinanza italiana e dall’altra il territorio locale.
Le Acli, in particolare con il Patronato, da sempre accompagnano i lavoratori italiani all’estero. Come vede il ruolo della nostra associazione? Può descrivere la collaborazione tra il Consolato e il Patronato Acli nella sua esperienza?
La nostra collaborazione con il Patronato Acli è continua e regolare, conosciamo i vostri rappresentanti, che fanno parte del nostro leaders circle, sono persone che frequentiamo con assiduità. La cosa importante che voglio sottolineare è che ci sono delle collaborazioni molto importanti in questa forma di associazionismo, che è una forma molto opportuna, perché è complementare all’azione dello Stato. Lo Stato (i consolati, le sedi all’estero, ecc.) devono offrire una gamma di servizi per il cittadino, che possono essere servizi consolari, amministrativi e di assistenza.
Noi abbiamo un certo numero di assistiti del Consolato a cui eroghiamo aiuto sotto forma di tessere alimentari o tessere medico-farmaceutiche. Però, alla fine, lo Stato non riesce spesso ad arrivare in maniera capillare a queste persone. Ecco dov’è che si inseriscono i patronati come Acli, perché sono quegli enti che riescono a tradurre quella che è l’offerta dello Stato nella possibilità di godere di questo diritto aiutando i propri associati nel fare le pratiche, che magari, da soli, non potrebbero fare e che il Consolato non può fare per loro, ma abbiamo bisogno che il cittadino in qualche modo raggiunga questo servizio. È qui che la collaborazione è veramente molto importante.
Lavorando nell’assistenza, soprattutto delle persone più anziane, che hanno poca dimestichezza con i sistemi informatici, di chi è più difficoltà a raggiungerci e, quindi, a godere di un diritto, collaboriamo nel monitoraggio delle esigenze dei pensionati e di tutti gli assistiti.
È un lavoro di squadra e io ci credo molto, perché queste – da una parte lo Stato con i suoi vari organi amministrativi ed esecutivi, dall’altra l’associazionismo e poi il mondo privato – sono tutte realtà fondamentali che, però, da sole non riescono a fare tutto e abbastanza, ma più dialoghiamo come squadra, più lavoriamo in maniera costruttiva e complementare e più il risultato finale è positivo per tutti.
Qual è il ruolo del Consolato nella promozione delle relazioni diplomatiche? In quale misura questo contribuisce a generare una cultura di pace?
Faccio innanzitutto un discorso introduttivo. La diplomazia è l’antitesi della guerra e quindi è chiaro che, per definizione, il diplomatico è un uomo di pace, è quello che lavora fino alla fine in un teatro, magari di grandi tensioni, per cercare di trovare una soluzione, per cercare di far dialogare due parti che non riescono più a trovare un punto in comune ed evitare la degenerazione in guerra. Quando ci si trova in una situazione di conflitto, il diplomatico è quello che cerca di lavorare per uscirne e, una volta finito il conflitto, per ricucire le ferite e trovare delle soluzioni, degli accordi che possano, non soltanto chiudere la fase di conflitto, ma, soprattutto, chiuderla in maniera giusta, affinché si evitino possibili cause future di degenerazione.
Quindi è chiaro che il nostro lavoro, in principio, è proprio un lavoro di pace. Fortunatamente, nonostante vediamo in tante aree del mondo pericolosi conflitti o tensioni che rischiano di degenerare, il mio lavoro qui si svolge in una zona dove non ci sono all’orizzonte rischi di degenerazione in conflitto, perché, comunque, il Brasile è un Paese democratico, ben strutturato, stabile, con delle dinamiche politiche anche colorite alle volte, ma lontano dalle crisi che registriamo in altre zone del mondo. Quindi il mio lavoro qui non è per evitare la guerra: la pace è in qualche modo garantita.
Il mio lavoro serve a migliorare le relazioni con l’Italia, le condizioni e i servizi per gli italiani che sono qui residenti. Devo dire che il lavoro del Consolato e quello di un’ambasciata, sono un po’ diversi da questo punto di vista: il vero lavoro diplomatico appartiene più alla sfera di competenze dell’ambasciata. Io stesso sono stato ambasciatore, però adesso sto svolgendo un’attività, che naturalmente partecipa alle dinamiche diplomatiche italiane in Brasile, ma è più rivolta alla sfera dell’amministrazione di servizi, all’accompagnamento delle imprese e alla promozione delle eccellenze italiane.
Più che occuparci dei negoziati politici, facciamo parte di un’attività diplomatica che gode di ottimi risultati, perché è un periodo che con il Brasile ci sono delle dinamiche molto costruttive; abbiamo ricevuto quest’anno la visita del Presidente della Repubblica e praticamente tutto il governo; c’è la prospettiva di strutturare un partenariato più forte tra Italia e Brasile nei prossimi anni. È un momento molto interessante, che sicuramente porterà vantaggi ai cittadini e alle imprese italiane.
Quali reciproche implicazioni vede tra rapporti sociali e relazioni internazionali nelle principali vicende geopolitiche che stiamo vivendo?
C’è un processo di crescente interazione tra le questioni interne, quelle internazionali, le questioni sociali, le relazioni tra le società e tra i governi. Molti anni fa le relazioni internazionali erano una prerogativa esclusiva dei governi e venivano in qualche modo imposte ai cittadini che talvolta non avevano consapevolezza – se non un’élite – delle dinamiche internazionali. Ora è chiaro che, soprattutto tra Stati amici, vi è un’interazione diretta tra molte realtà, non soltanto a livello governativo, ma anche imprenditoriale, associativo, di partiti politici, di movimenti culturali; per cui questo influenza le relazioni internazionali e i governi non possono ignorare quello che i loro cittadini già fanno con gli altri paesi.
Un esempio lapalissiano è quello del grandissimo numero di cittadini italiani in Brasile. Qualunque attività governativa, qualunque diplomazia tra l’Italia e Brasile, non può in nessun modo bypassare e ignorare l’enorme presenza di oriundi italiani in Brasile, anche perché i discendenti degli italiani e gli italiani hanno fortemente plasmato la cultura, la società e l’economia brasiliana, dalle famiglie importanti che hanno indubbiamente costruito moltissimo, ai tantissimi che nel loro piccolo hanno portato cultura, impresa, innovazione.
Questo è un soft Power rilevante ed è anche un soft Power che impone ai governi, oltre alla strada più istituzionale dei rapporti intergovernativi, di fare molta Public diplomacy. Siamo tenuti sempre di più a interagire, anche noi diplomatici, direttamente con il territorio, non soltanto attraverso i rapporti governativi o gli atti formali, ma anche attraverso interviste, pubblicazioni, social media, …
Perché la nostra azione influenza ed è molto influenzata dalla percezione che il territorio – e come territorio parlo sia dei brasiliani che degli Italo-brasiliani – ha dell’impegno e della politica estera italiana, delle attività e delle iniziative di promozione del nostro Paese. Tra l’Italia e il Brasile c’è una dinamica molto positiva, che procede dal fatto che le due società sono amiche e sono anche reciprocamente integrate, grazie alla presenza dei tanti italiani in Brasile, ma anche di un numero non indifferente di brasiliani in Italia, al fatto che le nostre culture hanno sempre collaborato; si pensi a quanta musica esiste, in cui si sente proprio una fusione delle tradizioni cantautoriali italiane con la Bossa nova per fare un esempio; questo è un elemento che aiuta, sostiene e promuove anche l’azione governativa e di cui l’azione governativa non soltanto deve tener conto, ma ha piacere a considerarla.
Se invece vogliamo fare un ragionamento più ampio a livello trasversale, alcune dinamiche possono influenzare positivamente o negativamente: ci possono essere altre situazioni in cui alcuni collegamenti tra società, tra movimenti, vanno in una direzione e la sicurezza o l’interesse governativo va in una direzione diversa. In questo caso può diventare più difficile spiegare perché si deve fare una politica estera piuttosto che un’altra.
Quali sono le aspettative del Consolato riguardo agli esiti del G20 che ha presieduto il Brasile?
Il G20 per il Brasile è stata un’eccellente vetrina e anche una grande ripresa sul piano internazionale, che per vari motivi era rimasto un po’ in sordina. Lo valuto soprattutto dal punto di vista bilaterale con l’Italia: il Brasile ha permesso di creare innanzitutto un forte e opportuno coordinamento tra le due Presidenze, quella del G7 e quella del G20, che sono due esercizi che hanno alcuni punti in comune e necessità di coordinarsi molto; poi ha permesso, dopo molti anni in cui non c’erano state visite importanti, insieme anche ad altre dinamiche come, ad esempio, i 150 anni dell’immigrazione italiana, di realizzare non soltanto la partecipazione delle nostre autorità alle principali iniziative, ma anche delle molto articolate e importanti visite bilaterali, con il Presidente della Repubblica, il presidente della Camera, il Presidente del Consiglio, quasi tutti i ministri, molti viceministri, sottosegretari, e diverse delegazioni parlamentari. Anche la diplomazia parlamentare è molto importante con una dinamica parallela e diversa, ma estremamente rilevante e complementare rispetto alla diplomazia governativa.
Usciamo dal G20 con un rapporto bilaterale rafforzato, con la coscienza di avere innanzitutto due paesi che hanno grandi valori in comune e un’economia complementare, in cui ciascuno ha bisogno di quello che possiede l’altro e viceversa, con spazi molto importanti per crescere nelle relazioni e negli scambi bilaterali.
Questa è una cosa di cui siamo molto consapevoli sia da una parte che dall’altra dell’Atlantico, tanto che si prefigurano con grande probabilità ulteriori visite istituzionali reciproche anche il prossimo anno, per capitalizzare quello che si è discusso e cercare di strutturare con maggior forza una partnership strategica che abbia al centro, da una parte i rapporti sociali, tenuto conto del grande numero di italiani che vivono in Brasile, dall’altra parte il mondo dell’impresa italiana che è estremamente interessato a sviluppare ulteriormente il proprio lavoro qui in Brasile, ma anche dell’impresa brasiliana che guarda all’Italia per fare investimenti, accordi industriali e vendere i prodotti di cui abbiamo bisogno.
Per citare un esempio, noi abbiamo un’industria del caffè che è iconica dal punto di vista culturale nel mondo enogastronomico, ma è anche un’industria molto importante; però noi il caffè lo processiamo, non lo coltiviamo, dobbiamo comprarlo e il nostro principale fornitore di caffè è il Brasile, dove poi lo rivendiamo una volta affinato e processato. Quindi siamo un po’ come gemelli siamesi che anche con piacere e divertimento dobbiamo stare insieme per capire come sviluppare meglio i nostri rapporti.