Questo contributo cerca di elaborare una proposta di ingegneria di sistema volta ad assicurare meccanismi di trasferimento di competenze tra generazioni. L’obiettivo è quello di delineare alcune linee di lavoro finalizzate a ridurre la forbice tra lavoratori senior e giovani, in attesa questi ultimi di inserirsi in un contesto produttivo. Utilizzando dispositivi normativi esistenti si vuole favorire il trasferimento di know how tra generazioni. Si intendono sperimentare percorsi, modelli e strumenti formativi adhocratici esistenti che, valorizzando il potenziale dei lavoratori anziani quali facilitatori dell’apprendimento dei giovani, facilitino l’inserimento di nuove risorse umane nei contesti produttivi.
Il cambiamento demografico in atto nel nostro Paese richiede la messa in campo di duplici strategie che consentano da una parte, l’estensione (anche al fine di rendere maggiormente sostenibili i sistemi di welfare) e la valorizzazione delle competenze acquisite nell’arco di una vita lavorativa dai lavoratori aged e dall’altra, la messa in campo di politiche formative volte a favorire l’occupabilità di giovani in cerca di occupazione o in uscita dal mondo della scuola.
L’evoluzione demografica richiede, infatti, di attuare una strategia di sostenibilità generazionale che riequilibri i rapporti tra generazioni portando nel mercato del lavoro i più giovani attivando forme di affiancamento aziendale di lavoratori più esperti (senior) alle coorti di lavoratori giovani. Si tratta di utilizzare i dispositivi normativi esistenti ei contratti collettivi di lavoro per sperimentare misure in essere in ambito e in funzione lavoristica e non solo formativa.
Il tema della formazione emerge come strategico e richiede la declinazione delle misure di politica attiva del lavoro con quelle finalizzate alla crescita economica e al benessere sociale. L’invecchiamento della popolazione ha effetti che vanno al di là della sostenibilità dei sistemi pensionistici e che investono direttamente il mercato del lavoro. Il fatto che le persone siano destinate a lavorare più a lungo solleva il problema di come prevenire l’obsolescenza delle competenze, in primo luogo e, in secondo luogo, la differente numerosità delle coorti che vanno in pensione rispetto a quelle che si affacciano sul mercato del lavoro pone il problema della sostituzione sia quantitativa che qualitativa delle competenze in uscita dal mercato del lavoro e in entrata nel mercato stesso (cfr. Unioncamere, Sistema Informativo Excelsior, 2019).
La riflessione che sviluppiamo intende proporre una sperimentazione che faciliti l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro attraverso il potenziamento di politiche formative che riequilibrino i rapporti tra generazioni, accompagnando i giovani in un percorso di qualificazione e di affiancamento aziendale da parte di lavoratori senior.
E’ ormai ampiamente riconosciuto che la formazione professionale sia un canale utile a favorire l’occupabilità (CNOS/FAP 2019) grazie alla formazione di competenze realmente richieste dal mercato del lavoro e non stupisce che le imprese, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, attribuiscano all’esperienza formativa un ruolo così rilevante.
L’esperienza maturata nell’ambito della Iniziativa Garanzia Giovani, la diffusione dei tirocini extracurriculari in ambito aziendale e non solo, la messa a regime del sistema duale della IeFP nelle realtà regionali, può costituire una architettura di sistema che, se ingegnerizzata, consente di dar vita a un sistema di gestione delle politiche attive del lavoro volte ad agevolare principalmente l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani. L‘enfasi è posta sul concetto di occupabilità piuttosto che sugli aspetti formativi tout court o sulla formazione post-curricolare.
Si tratta di migliorare gli strumenti esistenti finalizzandoli al primo accesso al lavoro non precario (stabile) per giovani inoccupati o disoccupati. Troppo spesso questi ultimi sono esposti al rischio di carriere discontinue, con bassi salari che pregiudicano il loro futuro previdenziale. A conferma di ciò l’ISTAT registra un 47% di giovani, compresi nella fascia d’età 15/29 anni, con un rapporto di lavoro caratterizzato da contratti di lavoro intermittenti (Istat 2018). La precarizzazione dei rapporti di lavoro e la persistente disoccupazione giovanile sono stati anche recentemente confermati dalla rilevazione ISTAT sulle forze lavoro dell’ultimo trimestre del 2019 (ISTAT 2020). Vediamo nel dettaglio.
Tirocinio extracurricolare
Si tratta di una misura di politica attiva che non si configura come un rapporto di lavoro. E’ finalizzato oltre che all’acquisizione di competenze professionali anche all’inserimento/reinserimento lavorativo. I tirocini di inserimento lavorativo e di orientamento professionale hanno una durata massima di 12 mesi e rilasciano una attestazione dei risultati conseguiti. E’ prevista obbligatoriamente la corresponsione di una indennità di partecipazione al tirocinio con un importo non inferiore ai 300 euro mensili (cfr. Rapporto ANPAL tirocini extracurricolari 2019).
Sistema duale e apprendistato
L’apprendistato è un percorso formativo regolato da un contratto di lavoro tra un’apprendista e un’impresa. Solo 13 regioni nell’anno formativo 2017/2018 hanno emanato avvisi relativi al sistema duale; ben sei regioni tra cui Abruzzo, Calabria, Marche, Puglia, Sardegna ed Umbria non hanno approvato atti ufficiali relativi al sistema duale. Lo scenario nazionale è piuttosto frammentato. Si va da contesti regionali in cui l’apprendistato sta evolvendo da un’opzione occasionale ad una modalità costitutiva del sistema formativo della IeFP, ad altre in cui i numeri degli apprendisti sono esigui o inesistenti. Da questo punto di vista i problemi sono duplici; da una parte va ampliata, da parte delle regioni, la gamma, la consistenza e la regolarità delle esperienze di apprendistato messe a disposizione dei giovani, dall’altra va sostenuta la capacità delle imprese, soprattutto di quelle di piccole dimensioni, di offrire percorsi lavorativi regolari e ben bilanciati rispetto al percorso formativo svolto dall’impresa o dal centro di formazione accreditato.
Un’attenzione particolare va dedicata alla funzione del tutor aziendale. L’attuale figura appare non definita. Una riflessione specifica andrebbe aperta circa il ruolo dei lavoratori senior da impiegare in qualità di tutor nel percorso formativo dei giovani. Si tratta di coniugare le esigenze delle imprese con quello dei giovani per creare un connubio virtuoso di lavoro, formazione finalizzato alla creazione di nuova occupazione (cfr. Cnos, La nostra via duale, 2° edizione, 2018).
Garanzia Giovani
E’ un programma varato dall’UE volto a sostenere i giovani al di sotto dei 25 anni in percorsi di proseguimento degli studi o di un’offerta di lavoro o di formazione in alternanza o in apprendistato. L’offerta è rivolta agli utenti entro quattro mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione o al termine del ciclo di istruzione obbligatoria.
In Italia il programma è gestito dal Ministero del Lavoro, tramite un PON che vede le regioni impegnate in qualità di gestori delegati all’attuazione sui territori della strategia definita a livello nazionale. Una convenzione regola i rapporti tra Ministero e regioni per l’implementazione delle misure e per la gestione delle risorse.
In Italia il programma ha coinvolto più di 1 milione e 148 mila giovani con interventi che hanno compreso la partecipazione a tirocini extracurricolari (57,8%), l’erogazione di incentivi occupazionali (24,5%) e l’attivazione di percorsi formativi (12,6%).
La dotazione finanziaria è ripartita tra Asse 1 (57,6%) e Asse 1 bis (42,4%); quest’ultimo riguarda le regioni in ritardo di sviluppo o in transizione ed è rivolto a finanziare i contratti di apprendistato di 1°, 2°, 3°livello e l’accesso ai corsi ITS.
Ai fini della sperimentazione che si intende proporre, si individuano due aree di policy: una che potremmo definire Politiche pubbliche di interesse sociale, l’altra Politiche aziendali di interesse delle imprese. A ciascuna di queste aree corrisponde una serie di obiettivi specifici propri di ciascuna area. Alla prima sono riconducibili obiettivi quali: 1) sostenibilità delle politiche di welfare (assistenza + previdenza); 2) sviluppo di politiche finalizzate a creare occupazionee crescita economica; 3) transizione e riequilibrio demografico. Alla seconda (politiche aziendali) sono riconducibili gli obiettivi di: 1) perseguimento di fabbisogno di personale qualificato; 2) capacità di innovazione; 3) sviluppo di produttività.
L’ambito di intervento comune alle due policy e ai relativi obiettivi è rappresentato dalla creazione di un contesto favorevole all’apprendimento intergenerazionale volto ad assicurare azioni/piani aziendali di transizione demografica attraverso il trasferimento di competenze dai lavoratori senior ai giovani in cerca di occupazione al fine di facilitarne/ garantirne l’occupabilità.
Con quali strumenti si interviene per il raggiungimento di questa finalità? I tirocini extracurricolari, l’apprendistato e la Garanzia Giovani costituiscono i dispositivi normativi esistenti che sembrano rispondere meglio a tale esigenza.
Quali strategie realizzare per ottenere risultati condivisibili e convergenti tra i diversi attori implicati nel campo delle politiche attive del lavoro?
Si può pensare ad una serie di iniziative quali:
– sperimentazione di accordi contrattuali ad hoc sul tema dell’age management (sia veda, ad esempio, il tavolo tecnico aperto presso il Cnel con Federmeccanica)
sull’age management);
– realizzazione di protocolli di intesa tra le parti sociali e le istituzioni (Regioni, Cnel…) per l’avvio di sperimentazioni di piani aziendali per l’apprendimento intergenerazionale e il trasferimento di competenze tra senior e giovani utilizzando i dispositivi normativi esistenti presentati in precedenza (tirocini extracurricolari; apprendistato di primo, secondo e terzo livello; garanzia giovani);
– sviluppo della formazione continua per tutte le fasce dei lavoratori e in tutte le fasi della vita professionale di un lavoratore in accordo con gli Enti Bilaterali.
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