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Proponiamo un’intervista a Sergio Gatti  Direttore generale di Federcasse.

In che modo le nuove regole sul bail-in cambiano l’attività bancaria in Italia?
Dal 1°gennaio 2016, molteplici sono le novità introdotte per le banche italiane dalla nuova Direttiva europea BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive), che ha cambiato radicalmente l’approccio riguardante la gestione delle crisi bancarie, introducendo princìpi innovativi come la condivisione degli oneri (burden sharing) tra i diversi portatori di interesse in caso di crisi irreversibile, e l’istituto del bail-in (il cosiddetto salvataggio interno) basato sull’assioma che nessuna crisi bancaria dovrà essere sempre più risolta con l’intervento pubblico.Questo principio incide sui costi, sulla modalità di gestione della raccolta bancaria e anche sulla governance. Anche i sistemi di controllo interni devono essere adeguati al nuovo quadro normativo. Ma si prevedono anche precisi obblighi dal punto di vista procedurale, come ad esempio la predisposizione di appositi Piani di risanamento (“recovery plans”) – validati dall’Autoriotà di vigilanza – attraverso i quali definire tutte le procedure di prevenzione e gestione di potenziali crisi.
Sino ad oggi il Credito Cooperativo ha sempre gestito al proprio interno, senza alcun contributo pubblico ed esclusivamente con risorse interne, le situazioni di criticità. E’ una cultura, e allo stesso tempo una scelta strategico-organizzativa, che ha sempre permesso di salvaguardare la clientela (anche i possessori di obbligazioni subordinate) e di salvaguardare il valore primario dell’occupazione (un dato, questo, che di norma non entra nelle valutazioni sulle criticità bancarie).

Per quanto riguarda la “cultura” della prevenzione delle crisi (e della tutela del risparmio), ricordo che le BCC già nel 1978 (molti anni prima che lo strumento diventasse obbligatorio per legge) si erano dotate di un proprio Fondo Centrale di Garanzia per la tutela dei depositi, poi trasformatosi nell’attuale Fondo di Garanzia dei Depositanti. Attualmente, oltre alla tutela ex-legge per tutti i depositi fino a 100 mila euro, le BCC – grazie al proprio Fondo di Garanzia degli Obbligazionisti, in questo caso uno strumento volontario – sono in grado di offrire una tutela aggiuntiva, di pari importo, anche ai possessori di titoli obbligazionari garantiti emessi dalle stesse BCC che a quest’ultimo Fondo aderiscono. Anche con la riforma del sistema BCC, ormai imminente – che disegnerà un modello giuridico e organizzativo nuovo ed originale, capace di unire cultura locale a respiro ed europeo – il Credito Cooperativo confermerà questa esclusiva attenzione alla sicurezza della clientela e adeguerà i propri strumenti in funzione del nuovo contesto legislativo, mantenendone immutate le caratteristiche fondanti.

Da alcuni anni sosteniamo che lo strumento del bail-in va maneggiato con cura. Nella fase della produzione normativa (proposta della Commissione europea, dibattito in Parlamento europeo, processo finale di co-decisione con il Consiglio) abbiamo fortemente chiesto di graduare e selezionare la possibile applicazione del bail-in. Alcuni nostri emendamenti sono stati accolti, ma l’impostazione andava modificata. La retroattività sugli strumenti finanziari acquisiti prima del 1 gennaio 2016, ad esempio, andava evitata. Si potranno ora immaginare dei cambiamenti, come anche sottolineato di recente dal Governatore della Banca d’Italia Visco (Forex, Torino 30 gennaio scorso), ma potranno arrivare solo nel 2018, anno in cui una verifica e una manutenzione degli strumenti della direttiva BRR, è stabilita dalla direttiva stessa. Ciò su cui siamo oggi impegnati è il processo di sempre maggiore informazione verso la clientela sugli strumenti finanziari a loro disposizione. Perché non si abbiano a ripetere casi gravissimi come quelli a danno dei risparmiatori delle quattro banche portate a risoluzione a fine novembre (nessuna delle quali, dobbiamo ricordarlo, era una BCC).

Quale soluzione auspica per il problema dell’elevata percentuale di crediti in sofferenza del sistema?
Pur dovendo ancora attendere il provvedimento e i dettagli tecnico-procedurali, accogliamo con favore il fatto che si sua giunti ad un accordo tra il ministro Padoan e lacommissaria europea Vestager per la gestione delle sofferenze bancarie degli istituti italiani. Esso prevede la cessione dei crediti deteriorati a società veicolo che emetteranno obbligazioni sulle quali le banche potranno acquistare garanzie pubbliche a “prezzi di mercato”. Resta da capire se la differenza tra valore di mercato e valore di bilancio del credito in sofferenza sarà di per se’ giudicato sostenibile dalle singole banche. Dunque la cosa positiva è che si sia sbloccata una qualche iniziativa di sistema-Italia per alleggerire il peso delle sofferenze bancarie, superando il vaglio della Commissione che applica con accresciuto rigore la disciplina sugli aiuti di Stato.

Avevamo posto il problema tre anni fa. Purtroppo si è arrivati piuttosto lunghi. Altrettanto fondamentale, per alleviare il peso delle sofferenze sui bilanci delle banche, sarà anche l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, del provvedimento per agevolare le risoluzioni dei contratti di procedure concorsuali. La misura, infatti, garantirà tempi più rapidi e modalità di gestione più facili nei contenziosi per il recupero dei crediti. Vedremo se l’insieme di questi provvedimenti (ai quali va aggiunto anche quanto deciso lo scorso agosto dal Governo sempre in materia di tempi delle procedure di recupero dei crediti) potrà sbloccare il problema dell’estrazione dai bilanci delle banche italiane dell’enorme mole di sofferenze, in grandissima parte effetto della lunghissima recessione che ha colpito l’Italia più di altri Paesi.

La percentuale dei crediti in sofferenza sul totale dei prestiti delle BCC è allineato a quello del resto sistema bancario. Un dato che nasce non certo da cattive gestioni, quanto dal perdurare di una crisi durissima che non accenna a diminuire e che continua a penalizzare l’economia reale. Dallo scoppio della crisi, le BCC hanno continuato – quando altre banche chiudevano i cordoni della borsa – a sostenere famiglie ed imprese. Allora, si diceva che le banche “brutte e cattive” non davano credito e quindi non aiutavano ad uscire dalla crisi. Noi lo abbiamo sempre fatto, pagandone certamente un costo, ma che definiamo di “coerenza” con la nostra missione. Adesso appare quanto meno bizzarro che si scoprano solo le sofferenze e non si analizzi il dato con onestà intellettuale.

Quali le caratteristiche vincenti di una banca per poter competere e sopravvivere nel nuovo scenario?
Alle banche l’Europa chiede di rafforzarsi per continuare a reggere l’urto della crisi. Questo ha innescato nel sistema bancario italiano processi di ristrutturazione, di razionalizzazione e di fusione, tutt’ora in corso. Nell’attuale scenario di mercato le banche dovranno necessariamente irrobustirsi, così da essere più efficienti, innovative, capaci di generare reddito e coerenti con gli standard europei. Per le Popolari l’iter è partito da un decreto legge, a gennaio 2015, che obbliga quelle con attivi superiori agli 8 miliardi a trasformarsi da cooperative in Spa.

Le BCC, invece, hanno ottenuto la possibilità di contribuire a scrivere, insieme alle Autorità, la propria riforma. Nei prossimi giorni il Consiglio dei Ministri varerà il decreto di riforma del Credito Cooperativo che concretizzerà il rafforzamento organizzativo e funzionale del sistema BCC, ferma restando l’autonomia delle singole banche, la difesa del principio di mutualità, definendo una loro maggiore integrazione. In sostanza, la riforma del nostro Sistema ruoterà attorno a tre concetti fondamentali: autonomia proporzionata al rischio, integrazione in un unico gruppo (Gruppo Bancario Cooperativo), rafforzamento patrimoniale. In estrema sintesi, ogni BCC, restando autonoma sul territorio è titolare della propria licenza bancaria, aderisce ad una unica capogruppo in forma di spa attraverso un patto di coesione. L’ autonomia della singola BCC sarà inversamente proporzionale alla propria meritevolezza parametrata su indicatori di solidità ed efficienza. La capogruppo, a sua volta, svolgerà funzioni di direzione, indirizzo strategico e controllo gestionale anche per assicurare il rispetto della nuova e complessa normativa europea di settore. Sarà infine in grado di attrarre capitali dall’esterno per investire in prodotti e servizi nuovi e per fare fronte, se necessario, a eventuali processi di rafforzamento patrimoniale della singola Bcc che dovesse trovarsi in difficoltà.

Riteniamo pertanto che questo “nuovo modello” per un sistema di autonomie come quello del Credito Cooperativo possa essere la risposta giusta per rispondere alle sollecitazioni del mercato e dell’Unione Bancaria.


Quali riforme di regolamentazione sarebbero a suo avviso necessarie per avere un sistema bancario-finanziario al servizio dell’economia reale?

Non si tratta tanto di mettere in campo altre riforme. E’ necessario che la politica nazionale, ormai abituata a delegare alla tecnocrazia europea l’elaborazione delle regole bancarie, torni a recuperare l’abitudine a dibattere i temi a monte, in fase di elaborazione normativa. E non dopo (quando ormai è tardi), quando c’è solo spazio per interpretarli ed applicarli. Con Bruxelles e Francoforte, ad esempio, è opportuno negoziare in modo continuo per evitare che nell’interpretazione di normative europee si adottino pesi diversi per diversi paesi. Oppure per evitare che esse penalizzino allo stesso modo istituti di credito con dimensioni, finalità, complessità e rischiosità diverse. In merito, proprio con l’avvio dell’Unione bancaria e l’introduzione della nuova Vigilanza Unica Europea, Federcasse ha voluto che venisse tutelata e valorizzata quella che definiamo la “biodiversità bancaria”, ossia il valore del ruolo sociale, economico e di tenuta del tessuto partecipativo e democratico delle banche locali. E’ sempre più necessario che accanto alle grandi banche commerciali definite “sistemiche” possano coesistere banche di comunità. Le stesse che non hanno causato la crisi, ma che hanno lavorato al massimo per contrastarne gli effetti e per garantire ossigeno all’economia reale. E che, dunque, non meritano di essere ingiustamente penalizzate da regole sempre più stringenti (pensate per le banche spa di grande e grandissima dimensione) senza alcuna reale e sistematica applicazione del principio di proporzionalità.

Quali regole ottimali per ridurre i rischi per i correntisti/risparmiatori di future crisi bancarie nell’era del bail-in?
Con l’introduzione del bail-in, più che regole ottimali per tutelare i risparmiatori italiani nella crisi della propria banca, è necessario promuovere una cultura finanziaria in grado di far comprendere alla clientela, ad esempio, i parametri oggettivi per valutare l’affidabilità di una banca e la sua solidità, oppure il reale contenuto di rischio dei titoli che emette. In questo contesto gli istituti bancari, che svolgono una funzione sociale molto importante, devono essere tra i protagonisti di questa evoluzione culturale. Che si traduce in educazione finanziaria. Ciò richiede tempo, soprattutto, in un Paese come l’Italia, nel quale il risparmio è molto diffuso e il livello medio di alfabetizzazione economico-finanziaria piuttosto bassa. E che chiama in causa anche altri soggetti, come gli istituti scolastici e gli enti locali.

Come promuovere l’educazione finanziaria tra i risparmiatori?
Il Credito Cooperativo, che inserisce il tema dell’educazione finanziaria tra i suoi obiettivi statutari, ha messo in campo negli anni molteplici iniziative per accrescere la cultura in tale ambito, partendo spesso e soprattutto dai giovani. In termini di contenuti, si tratta di iniziative e progetti in collaborazione con le scuole e le università italiane, e anche con le Regioni, che mirano all’educazione al risparmio e all’uso responsabile del denaro. Ricordo solo alcuni esempi come “Risparmiolandia” della Federazione Trentina della Cooperazione, che affronta in modo originale il tema della banca e del risparmio mediante il gioco nei bambini delle scuole elementari. Prevede un tradizionale libretto di risparmio, ma anche la valorizzazione dei concetti collegati alla cooperazione, all’amicizia e al non sprecare le risorse. Come anche l’iniziativa.

“Nella banca che vorrei” della BCC San Giorgio Quinto Valle Agno (Vicenza), che prevede 16 incontri all’interno delle scuole superiori del territorio su temi della finanza, monetica, educazione al risparmio e previdenza. E, nei riguardi degli stranieri in Italia, la BCC della Maremma (GR), in collaborazione con la Prefettura, ha organizzato degli incontri di alfabetizzazione finanziaria per i migranti richiedenti asilo politico in attesa di ricevere protezione internazionale. E ancora, nello specifico, sulle novità introdotte dalla Direttiva BRRD, sono state promosse molteplici iniziative di formazione. In particolare, Federcasse ha organizzato, già nello scorso ottobre (prima, quindi, dell’entrata in vigore del bail-in) un seminario dal titolo “Prevenire le crisi bancarie nell’era della vigilanza unica e della BRRD”, rivolto ai rappresentanti delle BCC, Casse Rurali, Federazioni Locali ed enti del sistema. E molti altri seminari ed incontri, a livello territoriale, sono in corso, dedicati ai soci e ai clienti delle BCC.

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