Quando si tratta di discorsi ufficiali e di circostanza, questi possono sembrare, talvolta, poco interessanti, ma in questo caso non è così. David Sassoli è riuscito sempre a proporre nuove visioni, a richiamare le radici del progetto comune europeo, a convincere le istituzioni europee a compiere scelte difficili in tempi difficili.
Da qui l’importanza di questo libro che può aiutare giovani e meno giovani a entrare da una porta principale nel multiforme palazzo delle istituzioni europee con saggezza e audacia.
È un libro di formazione nel senso più alto del termine, che va meditato per cogliere nelle sfumature di un linguaggio che cerca l’armonia tra le variegate e originali culture dei popoli europei, quell’audacia ad osare sempre un piccolo, ma decisivo passo in più.
La prefazione del Presidente Mattarella e l’introduzione di Claudio Sardo, curatore del volume, sono utilissime vie di accesso a questo complesso e ricco compendio di una vita vissuta al servizio prima di una informazione segnata da una etica professionale cristallina e poi del Parlamento europeo, massima espressione diretta e democratica della volontà dei popoli di questo grande continente. Una unione non solo mercantile, ma un grande progetto in itinere di convivenza pacifica sorta dal dolore della Seconda guerra mondiale che ci ha visto combattere gli uni contro gli altri in nome di un nazionalismo cieco e violento.
Riporto solo alcuni stralci del discorso di insediamento dopo la sua elezione a Presidente avvenuta il 3 luglio 2019, che mostra i tratti che caratterizzeranno la sua, purtroppo breve, esperienza da Presidente, a partire dal rivolgersi prima di tutto alle cittadine e ai cittadini dell’Unione Europea. Un invito a leggere tutto il libro per aiutarci a rimanere fedeli a ciò che ci unisce e per realizzare un futuro di speranza con i piedi per terra, consapevoli che insieme si può costruire una società migliore per il bene di tutte e di tutti.
«Cittadine e cittadini dell’Unione europea, signore e signori parlamentari, cari amici, colleghi, rappresentanti delle istituzioni, dei governi, donne e uomini di questa amministrazione, tutti voi capirete la mia emozione in questo momento nell’assumere la presidenza del Parlamento europeo, essendo stato scelto da voi per rappresentare l’istituzione che più di ogni altra ha un legame diretto con i cittadini, che ha il dovere di rappresentarli e difenderli, e di ricordare sempre che la nostra libertà è figlia della giustizia che sapremo conquistare e della solidarietà che sapremo sviluppare […] Dobbiamo recuperare lo spirito di Ventotene e lo slancio pionieristico dei padri fondatori, che seppero mettere da parte le ostilità della guerra, porre fine ai guasti del nazionalismo dandoci un progetto capace di coniugare pace, democrazia, diritti, sviluppo e uguaglianza».
Forte è stato il richiamo ai principi fondativi che permetteranno di affrontare i molti problemi che la storia ha posto davanti ai poli europei, ma non solo:
«Cari colleghi, pensiamo più spesso al mondo che abbiamo, alle libertà di cui godiamo… e allora diciamolo noi, visto che altri a est o a ovest, o a sud fanno fatica a riconoscerlo, che tante cose ci fanno diversi – non migliori, semplicemente diversi – e che noi europei siamo orgogliosi delle nostre diversità.
Ripetiamolo perché sia chiaro a tutti che in Europa nessun governo può uccidere, che il valore della persona e la sua dignità sono il nostro modo per misurare le nostre politiche…
…che da noi nessuno può tappare la bocca agli oppositori, che i nostri governi e le istituzioni europee che li rappresentano sono il frutto della democrazia e di libere elezioni…
…che nessuno può essere condannato per la propria fede religiosa, politica, filosofica…
…che da noi ragazze e ragazzi possono viaggiare, studiare, amare senza costrizioni…
…che nessun europeo può essere umiliato ed emarginato per il proprio orientamento sessuale…
…che nello spazio europeo, con modalità diverse, la protezione sociale è parte della nostra identità, che la difesa della vita di chiunque si trovi in pericolo è un dovere stabilito dai nostri Trattati e dalle Convenzioni internazionali che abbiamo stipulato.
Il nostro modello di economia sociale di mercato va rilanciato. Le nostre regole economiche devono saper coniugare crescita, protezione sociale e rispetto dell’ambiente. Dobbiamo dotarci di strumenti adeguati per contrastare la povertà, dare prospettive ai nostri giovani, rilanciare investimenti sostenibili, rafforzare il processo di convergenza tra le nostre regioni e i nostri territori.
La rivoluzione digitale sta cambiando in profondità i nostri stili di vita, il nostro modo di produrre e di consumare. Abbiamo bisogno di regole che sappiano coniugare progresso tecnologico, sviluppo delle imprese e tutela dei lavoratori e delle persone.
Il cambiamento climatico ci espone a rischi enormi ormai evidenti a tutti. Servono investimenti per tecnologie pulite per rispondere ai milioni di giovani che sono scesi in piazza, e alcuni sono venuti anche in quest’aula, per ricordarci che non esiste un altro pianeta.
Dobbiamo lavorare per una sempre più forte parità di genere e un sempre maggior ruolo delle donne ai vertici della politica, dell’economia, del sociale».
«L’Unione europea non è un incidente della storia. Io sono figlio di un uomo che a vent’anni ha combattuto contro altri europei, e di una mamma che, anche lei ventenne, ha lasciato la propria casa e ha trovato rifugio presso altre famiglie.
Io so che questa è la storia anche di tante vostre famiglie… e so anche che, se mettessimo in comune le nostre storie e ce le raccontassimo davanti a un bicchiere di birra o di vino, non diremmo mai che siamo figli o nipoti di un incidente della storia.
Ma diremmo che la nostra storia è scritta sul dolore, sul sangue dei giovani britannici sterminati sulle spiagge della Normandia, sul desiderio di libertà di Sophie e Hans Scholl, sull’ansia di giustizia degli eroi del ghetto di Varsavia, sulle Primavere represse con i carri armati nei nostri Paesi dell’Est, sul desiderio di fraternità che ritroviamo ogniqualvolta la coscienza morale impone di non rinunciare alla propria umanità e l’obbedienza non può considerarsi virtù.
Non siamo un incidente della storia, ma i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l’antidoto a quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia. Se siamo europei è anche perché siamo innamorati dei nostri Paesi. Ma il nazionalismo che diventa ideologia e idolatria produce virus che stimolano istinti di superiorità e producono conflitti distruttivi.
Colleghe e colleghi, abbiamo bisogno di visione e per questo serve la politica».
«Ventotto Paesi fanno grande l’Unione europea. E si tratta di ventotto Stati, dal più grande al più piccolo, che custodiscono tesori unici al mondo. Tutti vengono da lontano e posseggono cultura, lingua, arte, paesaggio, poesia inimitabili e inconfondibili. Sono il nostro grande patrimonio e tutti meritano rispetto».
«Care colleghe e cari colleghi, l’Europa ha ancora molto da dire se noi, e voi, sapremo dirlo insieme. Se sapremo mettere le ragioni della lotta politica al servizio dei nostri cittadini, se il Parlamento ascolterà i loro desideri e le loro paure e le loro necessità.
Sono sicuro che tutti voi saprete dare il necessario contributo per un’Europa migliore che può nascere con noi, con voi, se sapremo metterci cuore e ambizione.
Grazie e buon lavoro».
David Sassoli, La saggezza e l’audacia. Discorsi per l’Italia e l’Europa. Prefazione di Sergio Mattarella, (a cura di) Sardo C., Feltrinelli, Milano 2023, pp. 336, euro 19,00.
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