Da dove viene e qual è il senso del tuo impegno sui temi ambientali? Perché oggi il tema dello sviluppo umano ed economico è sempre più legato alla sostenibilità ambientale?
Sono approdata al movimento Laudato si’ dopo più di vent’anni di impegno in Focsiv come coordinatrice delle attività in Italia e per me il messaggio dell’enciclica di Francesco è stato fondamentale perché ci invita ad ascoltare e rispondere al grido della terra e al grido dei poveri. Nel mio impegno in Focsiv, anche se mi occupavo delle attività in Italia, ho creduto fortemente nella cooperazione e ella solidarietà. I volontari internazionali rappresentano veramente un ponte di amicizia e di solidarietà; sono un modo per guardare al mondo con quella fraternità che Papa Francesco ci ha ricordato nella Fratelli tutti.
Il volontariato internazionale cristiano è stato un precursore e ha tessuto reti là dove c’erano soltanto aiuti legati ad interessi, che hanno portato a lasciare indietro intere popolazioni. Il mio impegno in Focsiv consisteva proprio nell’educare e sensibilizzare perché sapevamo che senza cambiare i meccanismi e “le strutture di peccato” – citando un espressione usata per la prima volta da Paolo VI nell’enciclica Populorum Progressio – che sono generate dai paesi più ricchi, i nostri paesi, l’impegno sul campo da parte dei volontari e della cooperazione rischiava di non raggiungere i risultati che si desideravano. Ad esempio, se avevamo organismi impegnati nello sviluppare l’agricoltura locale e sostenibile e a difenderla, e poi arrivava il dumping alimentare da parte dei prodotti europei sussidiati e a basso costo tutto ciò rischiava di svilire ogni cosa.
Sono molto grata all’impegno che mi ha caratterizzato per più di vent’anni in Focsiv, dove ho conosciuto persone che hanno dato la vita per la cooperazione e la fraternità universale su cui Papa Francesco ha scritto una nuova enciclica. La rivoluzione della Laudato si’ è anche dire che tutto è connesso. Il mio impegno era proprio tessere questa alleanza per essere più efficaci. La Focsiv è una federazione di secondo livello e io ho sempre cercato di lavorare assieme. Mi porto dietro la necessità di lavorare assieme per liberare il povero che grida e non trova ascolto.
Dal 2017 sei direttrice dei programmi europei del Movimento cattolico mondiale per il clima (Global Catholic Climate Movement – Gccm), una rete di oltre 700 diocesi, parrocchie, associazioni in tutto il mondo – tra cui anche le Acli – che provano a dare una risposta concreta all’appello per la cura del creato, lanciato da Papa Francesco nel 2015 con l’enciclica Laudato sì? Ci puoi raccontare il percorso realizzato in questi anni e gli obiettivi che vi siete dati
Questa alleanza di 800 organizzazioni è nata nel 2015 quando Papa Francesco si è recato nelle Filippine. Sapevamo sarebbe stata pubblicata una enciclica su questi temi e, come avvenuto nel Concilio Vaticano II, quando già nella Chiesa erano vivi e presenti i temi e lo spirito del Concilio, analogamente la giustizia climatica e il grido del creato era già molto presente nella società civile. Il cardinal Tagle, allora arcivescovo di Manila, che ci accompagnava insieme a sacerdoti altri continenti, consegnò a Papa Francesco l’atto costitutivo di questo movimento già ai primi passi.
Ci tengo a sottolineare che il Movimento Laudato si’ è un’alleanza, una grande “biodiversità di carismi” usando un’espressione dell’economista Luigino Bruni. Quello che ci accomuna è l’approccio mistico della Laudato si’. Nel nostro impegno e nei nostri programmi cerchiamo di tenere unita la dimensione spirituale e quella dello stile di vita. Nell’enciclica il Papa paragona la vita spirituale al deserto indicando la necessità di cambiare i deserti interiori per poi cambiare i deserti esteriori. Il papa ci invita ad una conversione ecologica a livello del cuore, nell’ascolto e nella contemplazione del creato, a ritornare al legame vitale essendo parti della rete della vita.
La dimensione dello stile di vita, personale e comunitario, deve essere coerente e dove tradursi in un impegno politico, di advocacy e mobilitazione. Quest’anno abbiamo fatto un discernimento a livello mondiale con tutti i membri in cui è stato deciso di cambiare nome. Prima ci chiamavamo Movimento Cattolico Mondiale per il Clima ma non rappresentata in pieno la dimensione di impegno integrale; così adesso ci chiamiamo Movimento Laudato si’ e Papa Francesco ha accolto questo cambio di nome, nel giorno di Pentecoste, con molto favore. Questo non vuol dire che tutto quello che si fa nel mondo per l’ambiente passa attraverso di noi; cerchiamo, secondo la nostra mission, d’ispirare e mobilitare i cattolici ad impegnarsi su questi temi e a prendersi cura della casa comune e realizzare la giustizia climatica ed ecologica. Credo che questo movimento sia un segno dei tempi anche perché, come abbiamo visto con l’invito alla sinodalità, c’è un pressante desiderio di camminare insieme perché i talenti di tutti sono necessari.
I vostri membri sono tutti di ispirazione cattolica?
Si, i nostri membri sono tutti di ispirazione cattolica ma abbiamo partner alleati che sono laici e per noi questo è fondamentale poiché tutti i nostri programmi sono di partenariato.
Avete assunto anche l’impegno di formare gli animatori della Laudati si’. Puoi dirci qualcosa?
Il cuore dei programmi di Laudato si’ è la formazione degli animatori, persone che sentono in particolare la chiamata a prendersi cura del creato e animare le proprie comunità e la stessa Chiesa su questi temi. Gli animatori Laudato si’ vengono formati in partenariato – e questa è una caratteristica del movimento italiano – con le altre organizzazioni membro, tra cui l’Ufficio affari sociali della Cei. Questo vuol dire che chi viene alla formazione è come un innesto in una pianta. Il movimento Laudato si’ non implica una doppia appartenenza che toglie qualcosa ma anzi non si può essere animatori se non si è già innestati in un’associazione, in una realtà o in una comunità. Poi con incontri mensili continuiamo a tenerli insieme e mobilitati perché siano lievito all’interno delle nostre comunità. Alla Settimana sociale di Taranto noi avevamo 60 animatori ma non si vedevano; erano all’interno delle delegazioni delle rispettive diocesi e associazioni. Questo per noi è il senso dell’essere lievito. Solo in Italia gli animatori sono 3.000.
Fai parte anche del Comitato direttivo ecumenico del “Tempo del Creato”. Ci puoi descrivere le azioni e gli obiettivi?
Già dal 1989 coi nostri fratelli e sorelle ortodossi si celebrava il “Tempo del Creato” che è una delle prime iniziative del movimento – allora Movimento cattolico mondiale per il clima – ed è stata promossa, in particolare dalla nostra direttrice Cristina Leano assieme alle altre confessioni cristiane. In sostanza si tratta della costituzione di una sorta di campagna annuale che tiene uniti tutti i cristiani nell’ascoltare e rispondere insieme al grido del creato. Questo lo facciamo dal primo settembre al 4 ottobre con eventi, preghiere e azioni in tutto il mondo; quest’anno, appena terminata la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, proseguiremo l’impegno nella preparazione del Tempo del Creato”. Sappiamo che non vogliamo creare eventi ma promuovere dei processi. Anche gli animatori Laudato si’ ricevono un “certificato” se si impegnano a realizzare una attività per il “Tempo del Creato”. Credo che questa sia un’iniziativa profetica e ne ho parlato anche alla presentazione degli orientamenti pastorali per gli sfollati climatici in Vaticano perché rappresenta un invito a collaborare per organizzare il cambiamento.
Quali rapporti avete col mondo islamico?
Il simbolo di “Tempo del Creato” è stato quest’anno la tenda di Abramo e come sai Abramo è il padre della fede dei cristiani, dei musulmani e degli ebrei. L’abbiamo voluta proprio come simbolo di dialogo e apertura. Abbiamo da imparare tanto dalla ospitalità abramitica dei fratelli musulmani. Il tempo del creato è una iniziativa ecumenica ma molto aperta al dialogo con le altre religioni e speriamo sempre di più si allarghi la dimensione interreligiosa.
La trazione ecologica, di cui tanto si parla, sembra una questione che interessa solo la politica e l’economia, che riguarda solo chi decide. Come è possibile dare un contributo dal basso affinché questo processo sia governato nella logica proposta dalla Laudato si’?
Per rispondere vorrei ricordare l’appello di Papa Francesco alla Cop26 – letto dal Cad. Parolin – che ha richiamato l’importanza dell’impegno dei politici e di chi ha responsabilità economiche ad agire subito e con lungimiranza ma ha anche invitato tutte le persone di buona volontà ad esercitare la cittadinanza attiva per la cura della casa comune”. E dopo durante l’Angelus del 31 ottobre, ha dichiarato: “Oggi a Glasgow, in Scozia, comincia il vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, COP26. Preghiamo affinché il grido della Terra e il grido dei poveri venga ascoltato; che questo incontro possa dare risposte efficaci offrendo speranza concreta alle generazioni future”.
A Glasgow abbiamo visto la lentezza dei politici, il loro non essere “ambiziosi” e coerenti ma allo stesso tempo abbiamo osservato nelle piazze di tutto il mondo una grande mobilitazione. La voce dei cattolici è stata forse la più forte: l’invito del Papa ad agire, dal basso e la piattaforma Laudato si’ credo sia il segno di un vero cammino sinodale, che dura da sette anni, di diverse realtà: associazioni, famiglie, università. Un cammino che speriamo porti verso la sostenibilità e la conversione ecologica.
La democrazia che non può essere formale ma deve diventare sostanziale: il nostro movimento deve quindi chiedere con forza ai politici di assumersi le loro responsabilità e noi, dal basso, dobbiamo essere una Chiesa che si converte.
C’è tanto lavoro da fare e questa sarà anche una bella missione per la Chiesa in uscita. Pensiamo a tutte le comunità Laudato si’ promosse da monsignor Pompili assieme a Carlo Petrini. Il loro è un impegno un po’ diverso dal nostro ma lo apprezziamo tantissimo per l’apertura che ha nel mettersi assieme a tutte le persone di buona volontà. Anche noi cerchiamo di animare la conversione ecologica attraverso la preghiera e ispirati dalla nostra fede. Il futuro oggi più che mai è legato al cambiamento dal basso.
Abbiamo già parlato della Cop26. Che bilancio si può trarre? Perché la COP ha fallito ancora una volta? Qualche impegno importante è stato assunto?
Fermo restando che la sfida è coniugare una grande e audace visione rifiutando ogni forma di ipocrisia che nasconde il voler continuare a saccheggiare madre terra– come dice Papa Francesco – è fondamentale mantenere questa radicalità. Siamo però anche coscienti che la transizione ecologica non deve lasciare nessuno indietro ed è sempre necessario guardare al positivo che emerge per poterlo valorizzare e sviluppare. Fatta questa premessa, il cofondatore e direttore esecutivo del Movimento Laudato si’ Tomas Insua (nella foto con il Papa – fonte: www.catholicclimatemovement.global) , appena terminata la Cop26, ha affermato che “i leader mondiali sono ancora una volta molto al di sotto di quanto papa Francesco e molti altri si aspettavano dal vertice Onu di Glasgow. L’accordo finale non si avvicina alla crisi climatica che stiamo vivendo, è scandaloso”, ma ha aggiunto che come si è visto a Glasgow e nel resto del mondo, attraverso marce, attività e incontri “il movimento mondiale per prendersi cura della nostra casa comune è più forte che mai e non si fermerà” e ha sostenuto che “con i partner in tutto il mondo, questo movimento continuerà l’urgente opera di risanamento della creazione di Dio.”
Di questo abbiamo riflettuto anche all’incontro di sabato 11 dicembre 2021 a Padova organizzato dalle Acli del Veneto e con tanti ospiti importanti in cui è emersa una situazione con luci ed ombre. La nostra presidente del Bord, Lorna Gold (nella foto – fonte:www.fouracorns.ie), che era a Glasgow, ha sottolineato che la Cop 26 non è stata un disastro ma neppure un successo; alcuni lo chiamerebbero un compromesso e un risultato equilibrato. Voglio ricordare anche altre testimonianze dell’incontro dove, ad esempio, una suora missionaria colombiana ha detto che tutto quello che ha vissuto per le strade di Glasgow è stato incredibile, con persone che pregavano in silenzio per la crisi climatica: “Sentivamo tanti bla, bla ma dovevamo tacere e mostrare la nostra presenza”. Anche la mia collega direttrice della policy in Sud Africa, che ha coordinato il nostro impegno, ha affermato che l’urgenza della crisi non si è fatta sentire a Glasgow e non c’è stata alcun accenno a raccomandazioni essenziali che dovrebbero essere prese.
Durante la trattativa, durata due giorni tutti, che cercava di migliorare gli accordi, il Movimento Laudato si’ ha promosso con 60 organizzazioni cattoliche una dichiarazione congiunta che si è immediatamente attivata per far sentire la propria voce. Questo dà l’idea di qual è la missione del movimento: essere pronti, moltiplicare e farsi sentire.
Ci tengo molto a sottolineare come in uno degli incontri a latere della Cop 26, che ha visto il tutto esaurito e che abbiamo organizzato noi, è stato presentato in anteprima il film Laudato si’ con la presenza del regista; dal prossimo anno sarà a disposizione di tutto il nostro movimento e dei partner come strumento per rilanciare il messaggio rivoluzionario di Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’.
La mia speranza – e ne parlavo anche col presidente delle Acli recentemente – è che i circoli Acli ci possano aiutare a fare delle proiezioni pubbliche del docufilm dalle quali possano partire impegni concreti. Questo strumento lo abbiamo voluto proprio perché non si può attendere oltre. Il ritrovarci in questa pandemia ancora con le mascherine credo dica tutto sul fatto che la crisi e l’emergenza non sono domani ma oggi. Non parliamo del mondo che lasceremo ai nostri figli ma di quello che gli stiamo lasciando già adesso. Sappiamo che questa pandemia è frutto della economia del saccheggio e che se non invertiamo la rotta non ne usciremo mai perché tutto è collegato, tutto è connesso.
Parliamo ora dell’impegno della Chiesa italiana. A Taranto i cattolici italiani si sono assunti degli impegni rispetto al tema di uno sviluppo umano, economico e ambientale sostenibile. Hanno mostrato la presenza di molte buone pratiche diffuse. Come tradurre in azione tutto questo? Cosa si può fare per indirizzare le scelte politiche ed economiche del Paese nella direzione indicata da Papa Francesco?
Un’animatrice di Laudato si’ – Miriam Resta – che era con noi nella delegazione ufficiale del movimento a Taranto ha definito la Settimana sociale come un Tabor. È stato veramente un momento di luce in un percorso che non solo ci ha riunito durante la pandemia ma ci ha dato forza e coraggio. Il cammino dopo Taranto proseguirà nella misura in cui ci ricordiamo che non è stato un evento ma un processo, che ha bisogno di un seguito.
Già adesso ci sono le “arene digitali” con Leonardo Becchetti, che le anima con passione, c’è il Patto dei giovani. Nell’incontro mensile degli animatori, appena terminato Taranto, abbiamo presentato l’alleanza dei giovani. Come movimento ci sentiamo di sostenere quanto detto da monsignor Santoro nelle conclusioni dove ha ricordato che nella Laudato si’ papa Francesco ha chiesto di uscire progressivamente dai combustibili fossili; le nostre diocesi e parrocchie devono essere “carbon free” nelle loro scelte di gestione del risparmio. Si tratta di parole molto forti; ho iniziato il mio impegno nel movimento nel gennaio 2017 dopo una grande conferenza alla Lateranense sul disinvestimento dalle fonti fossili.
Samo arrivati alla Cop di Glasgow col più grande annuncio di disinvestimento mondiale mai fatto prima. Per noi il disinvestimento è il colpo di timone che accelera la transizione ecologica e sosterremo il cammino di Taranto aiutando le diocesi e le realtà cattoliche italiane a unirsi all’annuncio di disinvestimento e ad impegnarsi a mettere i loro soldi dove ci sono questi “valori”, queste scelte di fondo.
Il regime di apartheid in Sud Africa è caduto anche grazie al movimento di disinvestimento mondiale. Questo movimento è a tutto tondo: siamo impegnati a promuovere il disinvestimento delle realtà cattoliche e siamo uniti negli annunci con le realtà ecumeniche delle altre religioni ma c’è anche tutto il mondo delle organizzazioni ambientaliste impegnate a far disinvestire i fondi di investimento e i comuni.
Abbiamo avuto il fondatore di 350.org (un’organizzazione ambientalista internazionale) Bill McKibben (nella foto) alla conferenza in Vaticano prima del Covid in cui è stato trattato questo tema che ha detto: “Quando ho riceveto una telefonata che mi annunciava che il vescovo di Assisi aveva disinvestito dalle fonti fossili, mi sono commosso”. Questo è un laico, presidente di una organizzazione mondiale per l’ambiente. Noi della Laudato si’ ci siamo impegnati per il disinvestimento della città di Assisi collaborando col Comune di Assisi e ha disinvestito anche l’istituto Serafico di Assisi, assumendosi un impegno importante e significativo. La presidente di questa struttura, Francesca Di Maolo è anche responsabile regionale per i problemi sociali e del lavoro e ha creduto tantissimo in questo impegno.
In sostanza dopo Taranto, l’obiettivo ambizioso è quello che in tutte le realtà si seguirà l’esempio di Assisi?
Si, e speriamo che le 70 diocesi che stanno lavorando insieme, anche quelle della terra dei fuochi, possano dare l’esempio e realizzare una dichiarazione congiunta. Anche loro stanno facendo un percorso sinodale. Proseguiremo il cammino di Taranto se continueremo ad avere nel cuore il grido della terra e dei poveri. Abbiamo celebrato la messa a Taranto nel giorno mondiale delle missioni e sappiamo che siamo chiamati a rispondere concretamente a quel grido, non solo a parole. Questo lo faremo continuando a salvaguardare i nostri spazi, i luoghi e l’ambiente lasciandoci toccare il cuore e aprendoci alla contemplazione. Questo impegno non viene solo dalla catastrofe imminente. Per noi cristiani viene innanzitutto dal voler salvaguardare il dono immenso della creazione. Dopo Taranto non vedo un percorso che non sia legato con il cammino sinodale, perché da tutte le Taranto del mondo si esce solo insieme. Chi ancora pensa di organizzare iniziative ed eventi senza cercare l’apertura e il dialogo va nella direzione sbagliata. Abbiamo bisogno di “impatto”, di cambiare rotta ora e non domani.
Concludiamo con un pensiero a tuo fratello padre Paolo Dall’Oglio, rapito in Siria nel 2013, di cui da allora non si hanno più notizie. Quale messaggio ci consegna la sua testimonianza? In che modo hanno inciso le scelte di tuo fratello con il tuo impegno sui temi dello sviluppo? Che ruolo hanno e possono avere le religioni?
Qualche anno fa abbiamo celebrato il primo incontro ecumenico sul creato ad Assisi con i rappresentanti di tutte le confessioni cristiane al santuario della spogliazione. Quel giorno era anche l’anniversario dell’ordinazione di Paolo in Siria, dove con la mia famiglia siamo andati. Credo che il messaggio di Paolo sia quello della spoliazione di san Francesco, che ha messo la sua vita nelle mani del Padre, ma anche di una grande radicalità; un dono totale. La spoliazione di Francesco è fondamentale per avere sempre davanti un modello di dono totale in ogni cosa che facciamo, tutti i giorni. In Paolo sento una grande testimonianza di questo. Nel ricordo della sua ordinazione ha scritto in arabo: “lo zelo per la Tua casa mi divora”; questa è la passione e la radicalità che dobbiamo mettere. Paolo aveva un rispetto enorme per quello che vivevamo qua. Era sconvolto per il fatto di venire dalla Siria dove viveva situazioni drammatiche e entrare in una famiglia borghese in cui i problemi erano tutt’altri ma aveva un grande rispetto per questo e non ho mai sentito mio fratello sminuire l’importanza di ciò che vivevamo qui. Anzi. Mio padre diceva che la realtà in cui mi trovo è la voce di Dio che mi chiama.
Il fatto di essere incarnati nella nostra realtà e quello che facciamo ogni giorno, deve avere il senso di mettere la nostra vita nelle mani del Padre perché sia fatta la sua volontà. Questa radicalità la dobbiamo avere mentre cerchiamo di diffondiamo piccole dosi di amore quotidiano in quello che facciamo. Se non abbiamo cambiato rotta fini ad ora è perché abbiamo peccato in questo.
L’altro messaggio di Paolo è quello presente nella sua ultima intervista in arabo prima di scomparire – lui si era dato molto impegnato per unire la resistenza siriana e credo che non siamo arrivati a dei risultati, perché opera il diavolo, il separatore – dove ha affermato: “quello che non faremo ora ci vorrà molto tempo per farlo dopo”. Questa frase mi ha colpito. Il sinodo sulla sinodalità è stato definito da qualcuno come il momento più importante dopo il Concilio Vaticano II. Quello che non faremo ora per incamminarci su nuovi percorsi di ecologia integrale, di comunione e di ascolto dopo ci vorrà molto tempo per farlo.
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